Dal Medioevo una guida per l'«homo viator» (Terza parte)

Commento alla lettera pastorale di Benedetto XVI su Santa Ildegarda di Bingen

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di Massimo Introvigne

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 23 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Ildegarda non conosce il linguaggio politicamente corretto moderno e parla dell’«uomo», ma ovviamente sa che la persona umana si dà nella sua forma concreta maschile o femminile. «Ildegarda riconosce che in questa struttura ontologica della condizione umana si radica una relazione di reciprocità e una sostanziale uguaglianza tra uomo e donna. Nell’umanità, però, abita anche il mistero del peccato ed esso si manifesta per la prima volta nella storia proprio in questo rapporto tra Adamo ed Eva. A differenza di altri autori medievali, che vedevano la causa della caduta nella debolezza di Eva, Ildegarda la coglie soprattutto nella smodata passione di Adamo verso di lei».

L’uomo dunque pecca, ma l’amore di Dio non lo abbandona e si manifesta ora come misericordia. «Perfino la punizione che Dio infligge all’uomo e alla donna fa emergere l’amore misericordioso del Creatore. In tal senso, la più precisa descrizione della creatura umana è quella di un essere in cammino, “homo viator”.  In questo pellegrinaggio verso la patria, l’uomo è chiamato ad una lotta per poter scegliere costantemente il bene ed evitare il male», ascoltando la voce del Padre, conformandosi a Cristo e lasciandosi ispirare dallo Spirito Santo, così ancora una volta realizzando in sé l’immagine trinitaria di Dio.

La salvezza e la redenzione dell’uomo, però, «non si compiono solo mediante uno sforzo della volontà, bensì attraverso i doni della grazia che Dio concede nella Chiesa». Si ha qui un altro spunto di Ildegarda prezioso per l’Anno della fede: la fede non si vive da soli, in balia delle proprie derive soggettivistiche, ma si vive nella Chiesa. Per Ildegarda la Chiesa è la «costruzione delle anime viventi», «può essere giustamente considerata come vergine, sposa e madre e, dunque, è strettamente assimilata alla figura storica e mistica della Madre di Dio». La Chiesa, attraverso i sacramenti, comunica la salvezza «perché Dio in essa manifesta il suo amore intratrinitario, che si è rivelato in Cristo». Mistero di Cristo e mistero di Maria, insegna Ildegarda, s’incontrano nel mistero della Chiesa. Gesù «dal grembo trinitario viene incontro all’uomo e dal grembo di Maria va incontro a Dio: come Figlio di Dio è l’amore incarnato, come Figlio di Maria è il rappresentante dell’umanità davanti al trono di Dio».

Il vertice della teologia di Ildegarda sta nella stupefacente affermazione secondo cui «l’uomo può giungere perfino a sperimentare Dio. Il rapporto con lui, infatti, non si consuma nella sola sfera della razionalità, ma coinvolge in modo totale la persona. Tutti i sensi esterni e interni dell’uomo sono interessati nell’esperienza di Dio». Qui vale la pena di ascoltare Ildegarda direttamente, e nell’originale latino della sua «Explanatio Symboli Sancti Athanasii»: «Homo autem ad imaginem et similitudinem Dei factus est, ut quinque sensibus corporis sui operetur; per quos etiam divisus non est, sed per eos est sapiens et sciens et intellegens opera sua adimplere. […] Sed et per hoc, quod homo sapiens, sciens et intellegens est, creaturas conosci; itaque per creaturas et per magna opera sua, quae etiam quinque sensibus suis vix comprehendit, Deum cognoscit, quem nisi in fide videre non valet» [L’uomo infatti è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, affinché agisca tramite i cinque sensi del suo corpo; grazie ad essi non è separato ed è in grado di conoscere, capire e compiere quello che deve fare (…) e proprio per questo, per il fatto che l’uomo è intelligente, conosce le creature, e così attraverso le creature e le grandi opere, che a stento riesce a capire con i suoi cinque sensi, conosce Dio, quel Dio che non può essere visto se non con gli occhi della fede].

Ildegarda sa però che, già alla sua epoca, questa esperienza è in pericolo, precisamente perché l’orgoglio umano presume erroneamente di poterla trovare individualmente, fuori della Chiesa. La santa denuncia «come l’individualismo nella dottrina e nella prassi da parte tanto dei laici quanto dei ministri ordinati sia un’espressione di superbia e costituisca il principale ostacolo alla missione evangelizzatrice della Chiesa verso i non cristiani».

Ildegarda è badessa di due monasteri benedettini. «Una delle vette» del suo magistero «è la sua comprensione della vita consacrata [che] è una vera “metafisica teologica”, perché fermamente radicata nella virtù teologale della fede, che è la fonte e la costante motivazione per impegnarsi a fondo nell’obbedienza, nella povertà e nella castità». Questa «eminente dottrina di Ildegarda», così appropriata all’Anno della fede, «riecheggia l’insegnamento degli apostoli, la letteratura patristica e gli autori contemporanei, mentre trova nella Regola di san Benedetto da Norcia un costante punto di riferimento».

Più in generale, «la liturgia monastica e l’interiorizzazione della Sacra Scrittura costituiscono le linee-guida del suo pensiero, che, concentrandosi nel mistero dell’Incarnazione, si esprime in una profonda unità stilistica e contenutistica che percorre intimamente tutti i suoi scritti». Nel loro insieme, essi costituiscono «una guida per l'”homo viator”»,  «straordinariamente attuale» per noi. Studiando gli scritti del nuovo dottore della Chiesa, oggi possiamo guardare «alla capacità carismatica e speculativa di Ildegarda, che si presenta come un vivace incentivo alla ricerca teologica; alla sua riflessione sul mistero di Cristo, considerato nella sua bellezza; al dialogo della Chiesa e della teologia con la cultura, la scienza e l’arte contemporanea; all’ideale di vita consacrata, come possibilità di umana realizzazione; alla valorizzazione della liturgia, come celebrazione della vita; all’idea di riforma della Chiesa, non come sterile cambiamento delle strutture, ma come conversione del cuore; alla sua sensibilità per la natura, le cui leggi sono da tutelare non da violare».

Per questo, conclude Benedetto XVI, «l’attribuzione del titolo di Dottore della Chiesa universale a Ildegarda di Bingen ha un grande significato per il mondo di oggi e una straordinaria importanza per le donne. In Ildegarda risultano espressi i più nobili valori della femminilità: perciò anche la presenza della donna nella Chiesa e nella società viene illuminata dalla sua figura, sia nell’ottica della ricerca scientifica sia in quella dell’azione pastorale. La sua capacità di parlare a coloro che sono lontani dalla fede e dalla Chiesa rendono Ildegarda una testimone credibile della nuova evangelizzazione».

[La seconda parte è stata pubblicata lunedì 22 ottobre]

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ZENIT Staff

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