Dal costato di Gesù esce acqua, segno della salvezza

Il sacrificio di Cristo fa rifiorire l’esistenza perduta di ogni uomo

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Riportiamo di seguito l’omelia del cardinale Caffarra, arcivescovo di Bologna, in occasione della celebrazione della Passione del Signore, tenutasi oggi pomeriggio presso la cattedrale di San Petronio.

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Cari fratelli e sorelle, la narrazione della passione di Gesù fattaci dall’evangelista Giovanni dà un’importanza straordinaria al fatto accaduto subito dopo la morte del Signore. Su esso fermiamo un momento la nostra attenzione.

Il fatto è narrato, come abbiamo appena sentito, in modo molto semplice. «Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito né uscì sangue e acqua».

L’apertura fisica del fianco di Gesù nasconde un grande mistero. E l’evangelista ci invita colle parole del profeta a “volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto”.        Quale mistero? Cercherò di balbettare qualcosa.

L’umanità di Gesù, cioè il suo corpo crocefisso, è la fonte della nostra salvezza. È dall’interno della sua Persona – dal suo cuore preciserà la tradizione della Chiesa – che scorreranno fiumi di acqua viva. Lo aveva detto Gesù durante una solenne celebrazione giudaica. «Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno» [Gv 7, 37-38]. La promessa è mantenuta: dalla ferita del fianco uscirono sangue ed acqua.

L’acqua è il segno della salvezza. Il costato di Gesù è la sorgente di un torrente che rallegra i nostri deserti e li può trasformare in giardini: i deserti delle nostre solitudini; della nostra incapacità di amare; dei nostri egoismi. Ma l’acqua esce assieme al sangue. La salvezza che Gesù ci dona, il perdono di ogni nostra miseria, è legata – come abbiamo sentito nella prima lettura – alla morte espiatrice di Cristo. È questa la fonte da cui si forma il fiume delle forze salvifiche a cui chi guarda con fede il crocefisso, partecipa.

Fra poco faremo una grande preghiera universale. La possiamo fare perché il fiume di acqua viva che sgorga dal costato di Cristo, penetra ovunque; raggiunge ogni persona umana; fa rifiorire l’esistenza perduta di ogni uomo.

Cari fratelli e sorelle, la Tradizione della Chiesa ha visto che quell’acqua e quel sangue usciti dalla ferita del costato, fanno riferimento ai due sacramenti fondamentali mediante i quali il Crocefisso ci salva: il Battesimo e l’Eucaristia.

Dunque, cari amici, accogliamo l’invito del profeta. Guardiamo al fianco trafitto; adoriamo il Cuore ferito di Gesù. La salvezza che Egli ci dona attraverso i Sacramenti ha origine dal corpo sacrificato e trafitto dell’Agnello sacrificato. «Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redimisti mundum».

Vorrei ora dirvi, molto più brevemente, un altro pensiero nato dall’ascolto della seconda lettura.

«Accostiamoci» ci è stato detto «con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia ad essere aiutati al momento opportuno».

Il costato aperto di Gesù ci consente ormai di guardare dentro al cuore umano della sua divina persona. Non c’è più ostacolo ad accostarci. Ora la nostra fiducia nella misericordia del Signore deve essere piena. La serva di Dio Sr. Maria Costanza Zauli diceva: “mi sono arrampicata sulla montagna dei miei peccati per arrivare a bere alla sorgen

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ZENIT Staff

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