Saint Francis in Meditation

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Da Francesco che prega a san Francesco pregato

Per la prima volta è pubblicata la raccolta di fonti liturgiche francescane, ossia il volume “Franciscus liturgicus. Editio fontium saeculi XIII”

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Nella vicenda di Francesco d’Assisi un posto particolare ebbe la preghiera, tanto che si giunse a dire che non era più un uomo che pregava ma diventato preghiera. Dopo la sua canonizzazione – ossia riconoscimento canonico della sua santità operata dallo Spirito Santo – vennero composti diversi testi liturgici per pregare il nuovo santo. E così si passò “da Francesco che prega a san Francesco pregato”. Per comprendere tale aspetto importante è ora pubblicata per la prima volta la raccolta di fonti liturgiche francescane, ossia il volume Franciscus liturgicus. Editio fontium saeculi XIII, a cura di Filippo Sedda con la collaborazione di Jacques Dalarun (Editrici Francescane, Padova 2015). Si tratta di tutti i testi che hanno caratterizzato l’esperienza orante dei cristiani rivolta a san Francesco. Dell’introduzione al libro – una vera e propria storia del primo secolo del francescanesimo visto dalla prospettiva liturgica – viene di seguito pubblicata in anteprima una parte.
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Liturgia è un termine che deriva dal greco λειτουργία, com­posto di λήιτον «il luogo degli affari pubblici» (derivato di λαός, «popolo») e ἔργον «opera». Nell’antica Grecia stava originaria­mente ad indicare l’obbligo che lo stato imponeva ai cittadini più facoltosi per celebrare iniziative di utilità pubblica. Parlare dunque di ‘Francesco liturgico’ significa presentare il Santo come l’oggetto di una liturgia, come colui che deve es­sere celebrato dal popolo dei suoi figli e figlie e di tutti i fedeli: Francesco diviene appunto oggetto pubblico di culto, un santo, riconosciuto canonicamente attraverso la canonizzazione.
La liturgia, in quanto celebrazione, non è però una semplice operazione verbale, ma risulta essere una complessa polifonia di parole, gesti, suoni, silenzi, immagini, vuoti, luci e ombre, che, armoniosamente combinati, restituiscono la performance liturgica. L’evento Francesco d’Assisi è stato fatto oggetto di approcci di­versi, ma alcuni sono stati, se non del tutto, quantomeno margi­nalizzati; tra questi vi è l’aspetto liturgico di san Francesco, ossia quello del Francesco celebrato. […] Nel mare magnum delle edizioni sanfrancescaneca, che hanno costellato in modo del tutto peculiare il xx secolo, sebbene già negli ultimi decenni del secolo precedente si possano annoverare lavori di grande spessore, il focus è stato sempre posto sulla figura del Santo, della sua vita, della sua storicità, intesa in chiave po­sitivistica. Nell’ambito di questo approccio storiografico la fonte privilegiata è stata sempre rappresentata dalla scrittura agiografi­. A questa tipologia di fonte si sono aggiunti gli scritti di frate Francesco, progressivamente integrata dalle fonti cronachistiche del Duecento, dai diplomi papali, dai sermoni, ma sempre con un intento di ricostruzione storica o al massimo con una prospet­tiva ermeneutica mirante a restituire la verissima intentio di frate Francesco oppure mirante a restituire la spiritualità del Poverello di Assisi, secondo un’espressione in voga nei circoli più vicini all’intelligentia religiosa.
In questa congerie testuale sono certamente emersi anche stu­di sulle fonti liturgiche riguardanti il Santo assisano o studi sulla fruizione musicale del testimone liturgico come quelli dedicati, all’inizio del ‘900, alla ricostruzione critica della notazione origi­naria che accompagnava il testo dell’ufficio del Santo composto da frate Giuliano da Spira. Quest’ultimo, tuttavia, fu preso in considerazione come un testo decontestualizzato dalla perfor­mance liturgica, ossia fuori dalla celebrazione, in cui la parola vergata (littera) veniva recitata, cantata, pregata, accompagnata da gesti che la significavano completandone e proiettandone il senso in una simbologia (figura) più ampia. Invece, ogni fonte liturgica nasce in un preciso Sitz im Leben sincrono, ma diverso da quello agiografico come da quello storico-cronachistico e da quello teologico, per quanto a ciascuno di essi la fonte liturgica attinga e a sua volta rimandi. Si alimenta in tal modo un circolo ermeneutico che rischia di restare claudicante senza la giusta in­telligenza della dimensione liturgica.

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Pietro Messa

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