"Cristo non delude mai. Deludente potrà essere solo un'idea sbagliata di Lui"

Lectio divina del card. Mauro Piacenza in occasione dell’Incontro dei Seminaristi, Novizi e Novizie per l’Anno della Fede

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Sia lodato Gesù Cristo!

è per me un dono immenso della Provvidenza potervi incontrare oggi e così contemplare il miracolo – vi assicuro, impressionante e commovente! – della vostra presenza: una presenza viva e gioiosa, che dice, che “grida” al mondo che Dio c’è, che Dio opera e chiama, e che il cuore dell’uomo, il nostro cuore, è fatto per Lui soltanto.

Grazie per il vostro “Sì” a Cristo e per il vostro amore al Papa e alla Chiesa, amore che vi muove fino a qui, a Roma, Sede dell’Apostolo Pietro, per accogliere, sempre e di nuovo dallo Spirito, il dono della fede cattolica, perché questa fede ci infiammi, fiorisca sulle nostre labbra e ci consumi nell’unità!

Oggi ho la gioia di condividere con voi alcune riflessioni sul racconto evangelico dei Discepoli di Emmaus, per introdurci, così, nella grazia di questo giorno e prepararci all’incontro con il Santo Padre.

L’Evangelista esordisce, fornendo le coordinate spazio-temporali del “fatto”, che si appresta a narrare: “Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme”. L’esperienza cristiana, l’Avvenimento cristiano è sempre così: accade e si rinnova in precise coordinate spazio-temporali, poiché Dio si china su di noi, ci abbraccia e ci raccoglie, sempre a partire da dove noi ci troviamo.

Egli fa questo anzitutto facendosi uomo, per amore nostro – et Verbum Caro factum est (Gv 1,14) -, e poi, come ha fatto, chinandosi sulla nostra personale esistenza e aprendo, così, il nostro cuore alla luce del Suo Volto. Facciamo memoria, carissimi, di quel giorno, di quell’ora, nei quali tutto è cominciato, quando il Signore ci ha toccati nell’intimo, ha illuminato le tenebre e nel nostro cuore è sorta una luce intramontabile, la luce di quella speranza viva e presente, di quella speranza che è Cristo stesso, speranza alla quale il Santo Padre continuamente ci richiama e che nessuno potrà mai sottrarci.

Ma vorrei soffermarmi ancora, con voi, su questa parola: “La sera di quello stesso giorno”. Sappiamo che “quello stesso giorno” è il giorno primo e ottavo, il giorno definitivo, il giorno della Risurrezione. Da quando, quel mattino, la pietra è rotolata via, mostrando il sepolcro ormai vuoto, tutta la storia si svolge nella luce del nuovo giorno, tutta la storia è abbracciata e compenetrata dalla Presenza di Cristo Risorto. Sì! Gesù è Risorto dai morti, Gesù è vivo, Gesù è Presente, nel mondo e nella storia, e incessantemente Egli “accade” e “riaccade”, attirando la nostra esistenza nel Suo Presente, nel Futuro che, in Lui, si rende Presente! “Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro” (Lc 24,15).

La questione capitale, pertanto, non è se Egli, in effetti, presti o meno attenzione alla storia, se intervenga, cioè, in questa nostra storia, per salvarla, poiché questo, cari Amici, è sicuro: Egli interviene, Egli è fedele, e voi, tutti e ciascuno di voi, ne siete la testimonianza più eloquente! La questione capitale, piuttosto, sarà come noi ci facciamo trovare da Lui: “Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Sì, il Risorto “in persona” compie il primo passo, si avvicina e cammina con noi, ma i nostri occhi possono essere “incapaci” di riconoscerlo, appesantiti dalle preoccupazioni, forse, o dalla delusione, arrivando addirittura ad affermare, dinanzi a Lui: “Solo Tu sei forestiero a Gerusalemme!”.

Ma in verità, Carissimi Amici, Cristo non delude mai. Deludente potrà essere soltanto un’“idea sbagliata” di Cristo, un’immagine distorta di Lui, formulata secondo criteri dall’orizzonte ridotto, frutto di errori e di umani compromessi, così da nascere già “vecchia” ed incapace di salvare: “Noi speravamo – affermano i discepoli rattristati – che Egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”. Ma il divino Viandante non si stanca di ascoltare, rispondere ed allargare gli stretti confini del loro sguardo, per aprirli al grande orizzonte di Dio: “Stolti e lenti di cuore a credere!”. Parrebbe un inizio – per così dire – “traumatico” e, talvolta, il Signore opera proprio così, scuotendoci dal torpore! Ma è una scossa salutare, è l’inizio della rinascita, dell’ardore del cuore e della preghiera più autentica.

Dilatato da Lui, il cuore dei discepoli, il nostro cuore si percepisce finalmente vivo, vibrante e inquieto, di quell’inquietudine che è il fuoco del Suo Amore, l’unica nostra pace!  Si ritrova finalmente dinanzi all’Amato, dalla cui Bellezza, forse appena intuita, ma luminosa e certa, era stato conquistato e che, adesso, splende dinanzi a noi, con maggior forza.

E anche quando Egli sembrerà “andare più lontano”, sarà solo per riaccendere in noi la fiamma della preghiera, perché possiamo implorarlo con tutto il cuore: “Resta con noi, perché si fa sera”. Col cuore tutto raccolto in quest’atto di implorazione, potremo allora accogliere, sempre più, il dono più grande ch’Egli abbia fatto all’umanità: la Sua Presenza Eucaristica, Presenza che, per misericordia, viene a visitarci dall’alto “come Sole che sorge”, tra le mani dei sacerdoti, e alla quale la vita religiosa è tutta consacrata, per esserne, nel mondo, luminosa testimonianza!

E ora, raccolti nel Cenacolo, con Maria e con Pietro, stringiamoci attorno al Signore Risorto e, con un cuor solo e un’anima sola, imploriamo ancora: “Resta con noi Signore”. Amen!

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ZENIT Staff

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