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Costalli: dal Papa per cambiare l’economia (che uccide)

A una settimana dall’udienza speciale che il Papa Francesco ha concesso al Movimento cristiano lavoratori, parla Carlo Costalli, presidente dell’organizzazione ecclesiale

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«Questa economia uccide in mezzo al Mediterraneo, uccide nelle giornate troppo lunghe dei giovani disoccupati, uccide nei bimbi non nati e negli anziani abbandonati nella solitudine. Ma l’economia siamo noi, con i nostri comportamenti di consumo e le nostre politiche di sviluppo: al Papa porteremo dunque l’impegno a cambiare noi stessi, per mutare le cose». A una settimana dall’udienza speciale che il Santo Padre ha concesso al Movimento cristiano lavoratori, Carlo Costalli, storico presidente dell’organizzazione ecclesiale, sintetizza così lo spirito con cui guiderà centinaia di attivisti allo storico incontro con il Papa della Laudato Sì. Un incontro che cade in un momento particolare per i cattolici italiani, con le divisioni provocate dalla legge (contestatissima) sulle unioni civili e una riforma costituzionale che piace sempre meno, temi su cui il Mcl è intervenuto più volte e che riecheggeranno anche a metà marzo, quando il Movimento riunirà a Roma trecento amministratori locali.Perché quest’udienza speciale?Per noi rappresenta un riconoscimento importante dell’impegno profuso come Movimento ecclesiale nella testimonianza evangelica organizzata al servizio dei poveri e degli emarginati, un riconoscimento ancor più significativo perché avviene all’inizio dell’anno giubilare della Misericordia. Ci apprestiamo all’udienza avendo ben chiaro che, come ci insegna il Papa, per testimoniare la “Buona notizia” bisogna passare dall’essere cristiani che fanno “test di dottrina”, all’essere cristiani capaci di vicinanza a quanti sono “perduti, abbandonati, feriti, devastati, avviliti e privati della loro dignità”. Da tempo abbiamo deciso di intraprendere questo percorso, cercando di somigliare sempre più alla Chiesa “in uscita” che Francesco, con tanto amore, ci sta indicando.Mai, in epoca recente, il magistero petrino è stato tanto ammirato e anche tanto criticato: anche nella Chiesa, anche nei movimenti cattolici. C’è questo mugugno anche tra i militanti del Mcl?
Sabato 16 gennaio la sala Nervi dimostrerà che non c’è proprio nessun mugugno, e questo è un dato di entusiasmo che non pervade solo il nostro Movimento. Se invece ci riferiamo alla difficoltà – propria dell’uomo e delle sue attività, dalla politica all’economia – di applicare il magistero nella vita quotidiana, allora questa difficoltà emerge ed emergerà sempre: il messaggio di Francesco è rivoluzionario ed esigente, è “ostico” esattamente il Vangelo, se vissuto pienamente, ma per comprenderlo e per viverlo occorre avere una mentalità evangelica: quanti riducono invece la fede a ideologia, che siano progressisti o conservatori, faticano ad afferrare questo messaggio perché non rientra nei propri schemi precostituiti.
Nessuna nostalgia per le “crociate” sulle questioni non negoziabili?
Non viviamo di nostalgie ma di sfide: il Papa ci ha fatto capire che questo non è più il tempo in cui le lamentazioni, le condanne, il richiamo nostalgico al passato, le contrapposizioni culturali e ideologiche, che hanno costituito un “collante” per quanti già si dichiaravano propri seguaci (peraltro sempre meno numerosi), riescono ancora a raggiungere il cuore dei tanti “feriti” della società contemporanea. Il nostro obiettivo non è la politica, ma l’evangelizzazione e l’amore per il prossimo. Non stiamo fermi, ed infatti il Mcl non va all’udienza speciale come si va ad una scampagnata: la preparazione è stata serissima.
Come vi siete preparati?
Da qualche anno è in atto un percorso sulla dottrina sociale di Papa Francesco: in questo spirito molte sono state le iniziative organizzate per la presentazione del volume dei giornalisti Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, “Papa Francesco. Questa economia uccide”: occasioni di dibattito e di riflessione, in cui il MCL – ad ogni livello, da quello nazionale fino all’ultimo dei circoli e delle unità di base – si è confrontato con il pensiero del Pontefice per approfondire temi che tanto stanno a cuore al Movimento. Ma non è un percorso “dottrinale”: stiamo lavorando perché i militanti acquisiscano una nuova mentalità e la traducano in atteggiamenti di vita. Perché questa economia uccide in mezzo al Mediterraneo, uccide nelle giornate troppo lunghe dei giovani disoccupati, uccide nei bimbi non nati e negli anziani abbandonati nella solitudine… Ma l’economia siamo noi, con i nostri comportamenti di consumo e le nostre politiche di sviluppo: al Papa porteremo dunque l’impegno a cambiare noi stessi, intraprendendo la strada concreta che ci indica il Papa, la strada della solidarietà.
E’ realmente possibile incidere in questo senso nel mondo del lavoro, dove opera tradizionalmente il Mcl e dove le politiche degli ultimi anni vanno in senso diametralmente opposto?
Effettivamente è proprio in campo economico che la crisi antropologica è esplosa con maggiore virulenza, negando la centralità del lavoro e del suo primato e con l’instaurazione, sempre più evidente, del primato del profitto e del denaro. In questo senso abbiamo richiamato anche il governo Renzi a una maggiore coerenza. Purtroppo, viviamo ancora immersi in un mercato dipendente dal consumo, che genera una società dello scarto, dalle povertà dilaganti e dalla evidente ingiustizia sociale. Mi rendo ben conto, se questa è la domanda, della difficoltà di cambiare le cose, non solo in quanto le nostre richieste e quelle del sindacato restano troppo sovente lettera morta, ma perché un reale cambiamento deve passare attraverso il rovesciamento dei falsi idoli e dei falsi valori che tuttora impongono la finanza globale e quel tipo di mercato. Un rovesciamento che Papa Francesco sintetizza magnificamente in una brevissima ed efficacissima frase, ormai famosa: “Il denaro deve servire e non comandare”. Il nostro compito è instillare questa mentalità nei cittadini e nelle politiche sociali. Quanto al primo obiettivo, abbiamo lavorato molto per la solidarietà e la cooperazione tra i popoli – a Sarajevo, in Moldavia, in Romania, in Eritrea, ma anche in Africa con la campagna “Dal seme al cibo”, organizzata con il Cefa – abbiamo partecipato alla costruzione delle abitazioni per le giovani coppie in Terra Santa e dell’Università Cattolica di Madaba, aperta a tutti senza alcuna distinzione di razza o fede religiosa. Il nostro impegno si è orientato in favore della promozione del dialogo sociale, affinché trovi spazio nella quotidianità di tutti, a partire da noi stessi. Ricordando sempre che, come ha ricordato il Pontefice al V Convegno Ecclesiale di Firenze, “il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti”, perché “dialogare” è “cercare il bene comune per tutti”.
Concludiamo con la politica. Crede in un risveglio dei cattolici italiani, nella capacità di tradurre in leggi le intuizioni di Francesco?
Il magistero di questo grande Papa provoca un risveglio anche politico e anche nel mondo cattolico organizzato, certo. Non pensiamo però di travasarlo in un programma di partito! Si tratta, semmai, di andare incontro ad “un nuovo umanesimo”, fondato sui “tratti dell’umanesimo cristiano”, indicato dal Santo Padre a Firenze, dove ci ha detto che “il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare”. Ed ha aggiunto un significativo appello ai giovani: “Superate l’apatia. Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia, di mettervi al lavoro per una Italia migliore. Per favore, non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico”. Non è molto diverso dal discorso di Cagliari nel quale Benedetto XVI affermò che serviva “una nuova generazione di politici cattolici”: tutti ricordano solo quel passaggio ma esso va contestualizzato in un discorso che puntava a ridefinire le strategie pastorali per sottrarre i giovani al nichilismo e procedere a una vera evangelizzazione del mondo. Otto anni fa, Benedetto XVI invitava infatti i cristiani a diventare “capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”. Non semplicemente, come travisarono i giornali, a fondare un nuovo partito. Con lo stesso spirito, oggi Francesco ci invita a realizzare “una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”. E con questo spirito viviamo il nostro impegno sociale e politico.
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Paolo Accomo

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