Cosa dissero gli ebrei di Pio XII

Incontro nelle comunità San Paolo e Vicopò a Parma, organizzato e promosso da Don Francesco Rossolini

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, domenica, 18 novembre 2012 (ZENIT.org) – Don Francesco Rossolini, unico parroco delle due comunità di San Paolo e Vicopò a Parma: seimila parrocchiani; adorazione eucaristica ogni giorno dalle 11,00 alle 20,00; feste con 100 volontari; 60 catechisti ed anche la Tv Giovanni Paolo II.

Giovedì 15 novembre, don Francesco ha organizzato un incontro per discutere degli ebrei salvati da Pio XII e dalla Chiesa cattolica.

Ad animare la serata ha invitato Antonio Gaspari, il coordinatore editoriale di ZENIT, che sul tema ha pubblicato centinaia di articoli, due libri in Italia (Nascosti in Convento – Incredibili storia di ebrei salvati dalla deportazione, Ancora 1999; Gli ebrei salvati da Pio XII, Logos, Roma, 2001), uno in Spagna (Judios, Pio XII y la Leyenda Negra, Planeta Testimonio, Barcellona, 1998), e un filmato prodotto da Rai Storia.

Riportiamo una sintesi dell’intervento di Antonio Gaspari.

“Nel corso di una intensa ricerca, durata circa un decennio, ho potuto constatare, parlando con centinaia di persone sopravvissute all’olocausto, quanto la moderna pubblicistica sia pregiudizialmente influenzata da un punto di vista ideologico e come questo muro ideologico non si incrini nemmeno di fronte alle verità più evidenti.

Una considerazione da fare riguarda il condizionamento della cultura dominante, la quale manifesta un approccio estremamente riduzionista nei confronti della ricerca storica. Nel caso della vicenda di Pio XII per esempio, si tiene in pochissimo conto la qualità e la quantità delle testimonianze di fonte ebraica. Eppure si tratta di testimonianze libere, dirette, spontanee, manifestate in tempi non sospetti.

Un’analisi serena di queste testimonianze potrebbe aiutare a capire molto più profondamente quale fu la strategia della Santa Sede per salvare i perseguitati. In questo modo le ricorrenti polemiche sui “presunti silenzi” di Pio XII potrebbero essere definitivamente chiarite.

Se si vanno a verificare le fonti storiche, anche l’accusa secondo cui Pacelli nutrisse simpatie verso il regime tedesco risulta falsa e oltraggiosa. Pio XII fu infatti, fin dall’inizio, uno dei maggiori oppositori del nazismo.

Il 2 marzo del 1939 Eugenio Pacelli fu eletto Pontefice, il 3 di marzo il polemico Berliner Morgenpost, organo del movimento nazista, scrisse che «l’elezione del cardinale Pacelli non  è accettata con favore dalla Germania perché egli si è sempre opposto al nazismo».

Anche il settimanale ufficiale dell’Internazionale Comunista La Correspondance Internationale dedicò un articolo al nuovo Pontefice sottolineando che «l’eletto era persona non grata ai nazifascismi». Secondo il giornale dell’Internazionale comunista, «chiamando a succedere a colui che aveva opposto un’energica resistenza alle concezioni totalitarie fasciste che tendono ad eliminare la chiesa cattolica, il più diretto collaboratore di Pio XI, i cardinali avevano compiuto un gesto dimostrativo ponendo a Capo della Chiesa un rappresentante del movimento cattolico di resistenza».

Tutti i giornali ebraici presenti nelle nazioni libere salutarono con entusiasmo l’elezione di Pio XII, pubblicando ampi stralci degli interventi del cardinale Pacelli e sottolineando il ruolo decisivo nella stesura dell’enciclica che denunciava il nazismo Mitt Brennender Sorge.

Il 6 marzo del 1939 il giornale ebraico The Palestine Post di Gerusalemme scrisse un editoriale intitolato “Una leadership per la Pace” sottolineando che il nuovo Pontefice «ha avuto un ruolo di primo piano nella recente opposizione Pontifica alle perniciose teorie razziali e certi aspetti del totalitarismo».

Il 10 di marzo il Jewish Chronicle di Londra elogiò l’elezione del Pontefice Pio XII riportando ampi stralci del discorso contro il nazismo fatto da Pacelli nel 1935 a Lourdes. Lo stesso giornale ebraico di Londra ricordò come il giornale nazista Voelkischer Beobachter il 22 gennaio del 1939 aveva pubblicato una foto del cardinale Pacelli e di alti dignitari della Chiesa Cattolica, indicandoli come gli «agitatori in Vaticano contro il fascismo ed il nazionalsocialismo».

Il Jewish Chronicle riportò anche i messaggi di congratulazioni rivolti a Pio XII da parte delle associazioni ebraiche: Anglo-Jewish Community, dal Synagogue Council of America; dal Canadian Jewish Congress e dal Polish Rabbinical Council. Il presidente del rabbinical Council of America definì l’elezione di Pacelli come “la più gradita”.

Il 10 marzo 1939, il Canadian Jewish Cronicle, giornale della comunità ebraica canadese, lodò il collegio dei cardinale per aver resistito alle pressioni dei nazisti che volevano impedire l’elezione di Pacelli.

Il 16 marzo del 1939, lo Zionist Review di Londra scrisse che la nomina del cardinale Maglione a Segretario di Stato, «confermava che il Papa voleva condurre una politica antinazista e antifascista».

Per aver un idea di quanto fosse nota l’opposizione vaticana al nazismo, basta leggere cosa scrisse Albert Einstein su Time Magazine del 23 dicembre 1940: «Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione [nazista ndr] in Germania, guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità. Ma le università vennero zittite. Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in  ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà. Ma anche loro, come le università vennero ridotti al silenzio, soffocati nell’arco di poche settimane. Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità.

Io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa prima, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l’ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo confessare che ciò che io una volta disprezzavo, ora lodo incondizionatamente». 

Immane poi fu il lavoro che la Santa Sede svolse per salvare e proteggere gli ebrei dalla persecuzione.

Secondo lo storico Emilio Pinchas Lapide, già Console generale di Israele a Milano: «La Santa Sede, i nunzi e la Chiesa cattolica hanno salvato da morte certa tra i 700.000 e gli 850.000 ebrei» (Three Popes and the Jews).

Un’opera condotta in sordina, senza proclami, che ha salvato centinaia di migliaia di vite umane e che è stata viva testimonianza di carità cristiana. Migliaia di storie incredibili, per lo più anonime, che solo negli ultimi anni stanno venendo alla luce.

Luciano Tas, autorevole rappresentante della comunità ebraica romana ha scritto: «Se la percentuale di ebrei deportati non è in Italia così alta come in altri paesi, ciò è senza dubbio dovuto all’aiuto attivo portato loro dalla popolazione italiana e dalle singole istituzioni cattoliche (…) Centinaia di conventi, dopo l’ordine in tal senso impartito dal Vaticano, accolsero gli ebrei, migliaia di preti li aiutarono, altri prelati organizzarono una rete clandestina per la distribuzione di documenti falsi» (Storia degli ebrei italiani).

Nella sola città di Roma, la Comunità ebraica ha attestato che la Chiesa ha salvato 4.447 ebrei dalla persecuzione nazista. In una iscrizione che si trova nel Museo Storico della Liberazione di Roma, c’è scritto: «Il Congresso dei delegati delle comunità israelitiche italiane, tenutosi a Roma per la prima volta dopo la liberazione, sente imperioso il dovere di rivolgere reverente omaggio alla Santità Vostra, ed esprimere il più profondo senso di gratitudine che anima gli ebrei tutti, per le prove di umana fratellanza loro fornite dalla Chiesa durante gli anni delle persecuzioni e quando la loro vita fu posta in pericolo dalla barbarie nazifascis
ta».

In quei momenti di estremo pericolo, in cui la vita umana contava così poco, sacerdoti,  religiosi, parroci, cattolici impegnati e normali cittadini si prodigarono per salvare la vita a quelle persone da cui erano pur divisi dalla religione e dalla legge.

In questo lavoro la Chiesa contò diverse vittime. In tutta Europa i religiosi deportati nei lager furono più di 5.500. Secondo il Martirologio del Clero italiano furono 729 i sacerdoti, seminaristi e fratelli laici che persero la vita nel periodo tra il 1940 e il 1946. Solo nel Lazio furono 24 i sacerdoti che pagarono con la vita il loro impegno di carità: 13 parroci, 5 cappellani militari, 6 di altri uffici, 5 seminaristi.

Delle 729 vittime non meno di 170 preti furono assassinati nelle rappresaglie durante l’occupazione per aver aiutato antifascisti ed ebrei. Molti furono picchiati, torturati a morte, fucilati, impiccati o sgozzati dai nazifascisti.

Nonostante i rischi, l’opera di assistenza della Chiesa fu vasta ed efficace. Il cardinale Pietro Boetto, Arcivescovo di Genova, da solo ne salvò almeno 800. Il vescovo di Assisi 300. Quando al cardinale Pietro Palazzini fu consegnata la medaglia dei “Giusti tra le Nazioni” per aver salvato gli ebrei nel Seminario Romano, egli affermò: «Il merito è interamente di Pio XII che ordinò di fare ogni cosa nelle nostre possibilità per salvare gli ebrei dalla persecuzione».

L’opera di assistenza di Papa Pacelli era così nota che nel 1955 quando l’Italia celebrò il decimo anniversario della Liberazione, l’Unione delle Comunità Israelitiche proclamò il 17 aprile “Giorno della gratitudine” per l’assistenza fornita dal Papa durante il periodo della guerra.

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ZENIT Staff

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