Convegno nazionale sulla fecondazione assistita: per continuare a riflettere sui diritti dell’embrione umano

ROMA, domenica, 11 luglio 2004 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo per la rubrica di Bioetica l’intervento della dottoressa Claudia Navarini, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum..

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La legge italiana 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita (PMA) ha compiuto quattro mesi e, in attesa delle linee-guida applicative del Ministero della Salute, il dibattito continua. Per fare il punto della situazione e continuare a riflettere sul tema, la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma e la I Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” hanno organizzato il 2 e 3 luglio 2004 – a Roma, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum – un Convegno Nazionale su “La fecondazione assistita: profili medici, etici e giuridici”.

Nei due giorni di intenso lavoro, si sono avvicendate voci autorevoli che hanno illustrato i molteplici aspetti connessi al delicato tema. La dimensione etica è stata illustrata in specifico dal prof. Gonzalo Miranda, L.C., decano della Facoltà di Filosofia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, che ha tratteggiato i principi-guida per un giudizio etico sulla procreazione assistita. Di impostazione prevalentemente etico-filosofica è stato anche l’intervento del Ministro per le Politiche Comunitarie Rocco Bottiglione.

Sono poi emersi analiticamente i dati medici e scientifici, soprattutto con le relazioni del prof. Nicola Garcea e del dott. Lucio Romano; è stato presentato il contributo della giurisprudenza e del diritto, anche internazionale, nella valutazione delle tecniche e della legislazione vigente (prof. Raffaele Iuso, prof.ssa avv. Paola Frati, prof. avv. Luca Marini); la prof.ssa Cinzia Caporale ha indicato il ruolo dei mass media nell’opinione pubblica sulla fecondazione artificiale.

Si è parlato – o riparlato – di questioni cruciali come lo statuto ontologico e giuridico dell’embrione, lo zigote e l’inizio della vita, le ultime frontiere delle tecnologie riproduttive, i diritti del concepito. E, naturalmente, si è parlato della legge 40. Proprio su questo punto, così indicativo del clima culturale in campo bioetico, conviene soffermare l’attenzione, dal momento che il convegno ha costituito, fra l’altro, un importante momento di confronto fra le diverse posizioni assunte dal mondo etico-scientifico e socio-politico in merito alla normativa in vigore in Italia dal 10 marzo 2004.

Il prof. Alberto Gambino, docente di Diritto Privato all’Università di Napoli “Pathenope” e docente di Filosofia del Diritto all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha enunciato quattro diritti fondamentali che conseguono direttamente dalla scelta della legge 40 di tutelare l’individuo non nato: il diritto ad avere due genitori maggiorenni, conviventi, di sesso diverso (art. 12, 1° e 2° comma); il diritto alla propria identità genetica (divieti di manipolazione e di selezione eugenetica, di ricerca se non per fini terapeutici dell’embrione stesso, art. 13, 1°, 2° e 3° comma); il diritto alla propria integrità fisica (divieto di sperimentazione, clonazione, commercio, soppressione e riduzione embrionaria artt. 13, 1° e 3° comma; 14, 1° e 4° comma); il diritto allo sviluppo corporeo (divieto di crioconservazione, art. 14, 1° comma).

Il prof. Mario Palmaro, docente dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha precisato come dal punto di vista cattolico e morale naturale la legge 40 resti – anche con le limitazioni presenti – una legge in sé ingiusta, dal momento che consente una pratica come la Fivet, sia pure omologa, “che comporta sistematicamente l’eliminazione di numerosi embrioni umani”. In realtà, osserva il relatore, “[n]on c’è un modo pienamente umano e giuridicamente giusto di produrre esseri umani in provetta”, ossia che scongiuri del tutto la riduzione del concepito “a oggetto da usare come mezzo per ottenere una gravidanza”, con tutte le conseguenze aberranti e progressive che su tale piano inclinato si andranno vieppiù verificando: selezione eugenetica, aborto selettivo, assenza di tutela giuridica per gli embrioni in vitro.

Fra le posizioni critiche in senso permissivo, va segnalata quella del professor Giuseppe Benagiano, docente di Medicina della riproduzione all’università di Roma “La Sapienza”, che nella sua relazione ha affermato l’inapplicabilità e l’incompletezza della legge 40. “Si tratta”, osserva Benagiano, “ di un testo in assoluta e totale contraddizione con la legislazione già esistente”. Il riferimento è alla legge 194/1978 sull’interruzione di gravidanza, che secondo il relatore sancisce di fatto – anche se non di principio – l’aborto libero in tutto il primo trimestre di gravidanza. “L’Italia ha quindi oggi una legge che protegge ogni singolo embrione allo stadio più precoce, quello pre-impianto, ed un’altra legge che contemporaneamente permette, senza restrizioni, la ‘soppressione’ di ogni embrione già impiantato!”.

Inoltre, continua il professore, nella preoccupazione di tutelare la vita di tutti gli embrioni prodotti in vitro, non si è considerata la normale perdita di embrioni precoci (Benagiano usa il termine “ovuli fecondati”) che avviene di consueto anche nei concepimenti naturali: se tale perdita avviene anche in natura, “come si può chiedere a chi pratica la PMA di applicare questa tecnologia senza ‘perdere’ neppure un embrione?”.

Infine, il relatore deplora che la legge non consideri altre questioni spinose come la definizione di zigote, che a suo avviso andrebbe tenuta distinta da quella di embrione, o come il diritto alla privacy, che la legge non tutelerebbe, o come i disagi per le donne e per la prassi medica che deriverebbero dal divieto di crioconservazione e dall’obbligo di produrre solo tre embrioni.

In conclusione, Benagiano propone qualche “semplice accorgimento”, alcune “piccole modifiche alla legge” – come l’aumento a cinque degli ovuli fecondabili, o il congelamento degli “zigoti pronucleati” – attraverso cui sarebbe possibile “aumentare in maniera adeguata il numero dei nati con un rischio minimo di ottenere embrioni in eccesso”.

Puntuale la replica dell’on. prof. Carlo Casini, Magistrato Consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione e docente alla Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum: “dicono che le piccole modifiche tecniche servirebbero a rendere attuabile ed efficiente la legge. [In realtà], si risolvono […] nella eliminazione di ogni tentativo di tutela del diritto alla vita del concepito, nella legittimazione di sistematiche aggressioni premeditate, nel ritorno alla logica del far west legalizzato”.

La vera questione, commenta infatti Casini, è ”riconoscere o negare l’esistenza di un essere umano”. Se non si riconosce – se non si vuole riconoscere – tale esistenza nell’embrione, allora è inevitabile che vengano attivate una serie di misure e di suggerimenti che puntano la loro attenzione sui vantaggi delle tecnologie riproduttive per il personale medico e per le coppie, trascurando i doveri verso il protagonista principale, lo scopo della fecondazione, cioè l’embrione (cfr. C. Casini, La legge sulla fecondazione artificiale, un passo vanti nella giusta direzione, Cantagalli, Siena 2004).

Casini smaschera le modalità con cui tale mentalità è all’opera per scardinare l’impianto della normativa, che garantisce in più punti i diritti del concepito. Una via è quella già citata della manipolazione del linguaggio, con cui “si cerca sostegno nella produzione di nuove parole”, come pre-zigote, embrione prenucleato, ootite , sperando così di sfuggire ai limiti imposti dalla legge, e di avere carta bianca nel manipolare la vita umana nelle primissime fasi. Un’altra via, continua Casini, è quella giudiziaria, già percorsa in questi pochi mesi da due sentenze: “il rilievo dato dalla stampa a queste due decisioni […] giustifica la facile pre
visione che i giudici si occuperanno in futuro piuttosto frequentemente della legge. Anzi, è quanto mai probabile che alcuni casi vengano costruiti ad arte nel tentativo di ottenere pronunce che modifichino la legge o, addirittura, aprendo la strada della Corte Costituzionale, con la speranza di ottenere un annullamento totale o parziale”.

In realtà, osserva il relatore, vi sono ampi riferimenti giuridici precedenti che supportano “l’ottica fondamentale della L. 40/2004 […] riguardo alla tutela del concepito non ancora nato”. La stessa deprecabile legge 194/78 sull’aborto, continua Casini, non sancisce per sé l’aborto libero, ma intende risolvere – in maniera purtroppo sfavorevole all’embrione – un “conflitto di interessi” fra salute della madre e vita del figlio, il cui valore umano va per coerenza presupposto. Nelle proposte di modifica alla legge 40, invece, si rivendica il diritto ad eliminare in anticipo e senza alcuno “stato di necessità” embrioni la cui creazione è stata certamente voluta, in quanto oggetto di consenso informato (art. 6).

L’eventuale selezione degli embrioni prima dell’impianto, ad esempio, non deriverebbe da un conflitto di interessi, cioè dall’esigenza di bilanciare diritti contrapposti, ma da una violenta imposizione del più forte sul più debole. Facendo riferimento alla sentenza del Tribunale di Catania del 3 maggio 2004 (cfr. C. Navarini, Il supermarket dell’eugenetica , 6 giugno 2004), Casini osserva infatti che “non esiste un diritto al figlio […]. Esiste invece un diritto del figlio”.

Le coppie che fanno ricorso alla PMA si sono già impegnate in sede di consenso ad accogliere quei figli che vanno a produrre. Commenta Casini: “i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli: lo dice l’art. 30 della Costituzione. Con la formazione dell’embrione vi è già un procreato. L’autodeterminazione della coppia, della donna in particolare, si è consumata con la decisione presa dopo aver soppesato tutti i pro e i contro, la situazione concreta, le proprie aspirazioni, le proprie energie, le proprie risorse”.

È chiaro in definitiva, conclude l’on. Casini, che “il diritto alla vita e il principio di eguaglianza affrontano qui l’ultima e risolutiva sfida, ed è una sfida che coinvolge anche lo stesso concetto di diritto”.

[I lettori sono invitati a porre domande sui differenti temi di bioetica scrivendo all’indirizzo: bioetica@zenit.org. La dottoressa Navarini risponderà personalmente in forma pubblica e privata ai temi che verranno sollevati. Si prega di indicare il nome, le iniziali del cognome e la città di provenienza]

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ZENIT Staff

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