Contro la droga, rispondere alla domanda sul senso della vita

La delegazione vaticana alla sessione dell’apposita Commissione ONU

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di Roberta Sciamplicotti

VIENNA, mercoledì, 18 marzo 2009 (ZENIT.org).- Per lottare efficacemente contro la droga, è necessario innanzitutto mettere al centro di ogni strategia e preoccupazione la dignità del tossicodipendente e affrontare la questione del senso della vita.

Lo ha affermato monsignor José Luis Redrado Marchite, Segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, intervenendo il 12 marzo alla 52ma sessione della Commissione ONU contro le Droghe, in svolgimento a Vienna (Austria) dall’11 al 20 marzo.

Il presule ha guidato una delegazione composta anche da monsignor Michael Banach, osservatore della Santa Sede presso l’ufficio ONU a Vienna, monsignor Jean-Marie Musivi Mpendawatu, officiale del suddetto dicastero, e monsignor Mirosław Wachowski, segretario della Missione.

Durante il Segmento di Alto Livello, monsignor Redrado Marchite ha confessato che la delegazione vaticana auspica che, “com’è accaduto in passato, si riaffermino una politica e una strategia d’azione che pongano al centro dei nostri rispettivi programmi la salute, la dignità e la vita del tossicodipendente e impieghino tutti i mezzi e tutte le risorse disponibili per combattere la forza di questo grave fenomeno”.

Della droga, ha lamentato, “si parla meno”, ma essa “continua a provocare devastazioni, disastri e vittime, soprattutto tra i giovani, in proporzioni spaventose e inaccettabili”.

“Pensare di vivere in una società libera dalla droga richiede da parte degli Stati la forte volontà politica di estirpare definitivamente questo fenomeno che alcuni ritengono una realtà che fa già parte del nostro vivere quotidiano e per il quale si potrebbero solo limitare i danni”, ha osservato.

Ricordando l’“attività capillare” delle organizzazioni e delle istituzioni della Chiesa cattolica che lavorano nel settore, il presule ha commentato che questa esperienza dimostra che “aver sostituito la droga con la droga ha aggravato ancor di più la situazione nel corso degli anni, rendendo cronica la dipendenza e senza rispondere alla questione del senso della vita che a nostro avviso rappresenta il centro del problema”.

La Chiesa, ha dichiarato, “non smette di fornire il suo apporto nell’ambito della prevenzione, in particolare attraverso l’azione incisiva della sua pastorale sanitaria, educativa, sociale e familiare, così come in quello del recupero e della riabilitazione dei tossicodipendenti”.

A questo proposito, “stimola e sostiene tutti gli sforzi della comunità internazionale e degli uomini di buona volontà nella lotta contro il fenomeno della droga negli ambiti della repressione e del crimine, della cooperazione internazionale e di una politica che ponga al centro della sua strategia di recupero il rispetto della vita e della dignità della persona del tossicodipendente, il coinvolgimento della famiglia come cellula educativa primaria e l’apporto positivo e multiforme delle forze, delle istituzioni e della associazioni impegnate nella società per accompagnare i tossicodipendenti e che si ispirano ai nobili principi e valori dell’amore e della solidarietà”.

Monsignor Redrado Marchite ha ricordato che all’inizio del 2006 la Santa Sede ha guidato uno studio in 121 Nazioni appartenenti a 5 aree continentali (Africa, America, Asia, Europa e Oceania) su programmi e attività concrete in strutture sanitarie cattoliche che lottano contro l’abuso di droghe.

Dalla ricerca è emerso che il 33,3% dei centri sanitari cattolici ha un programma sulla prevenzione dell’abuso di sostanze psicotrope, il cui obiettivo, sottolinea il presule, è “individuare e accompagnare i tossicodipendenti; educare sulla prevenzione dell’abuso di sostanze stupefacenti; formare e aggiornare il personale socio-sanitario sulle cure, l’accoglienza e l’accompagnamento del tossicodipendente e della sua famiglia; sensibilizzare la comunità sul problema dell’abuso di droga e combattere la discriminazione”.

Lo studio ha sottolineato successi in Spagna, Francia, Irlanda e Portogallo, grazie soprattutto a “un’intensa attività di prevenzione e di assistenza mediante campagne di sensibilizzazione, seminari, corsi e congressi specifici sul tema, la disintossicazione fisica e la riabilitazione del giovane nell’ambito familiare e sociale, garantendo a tutti l’intervento medico, così come l’aiuto psicologico, e la promozione tra gli adolescenti di uno stile e un comportamento di vita che sia una garanzia favorevole per la loro salute”.

In questo contesto, il presule esorta la Commissione ONU contro le Droghe a tener conto nelle sue delibere delle indicazioni della Santa Sede, “visto che sono considerazioni non solo pertinenti, ma anche di buonsenso”, “e soprattutto conformi alla dignità dell’essere umano”.

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ZENIT Staff

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