Contro l’aborto, il diritto all’obiezione di coscienza

ROMA, domenica, 15 novembre 2009 (ZENIT.org).- Per la rubrica di Bioetica pubblichiamo la risposta alla domanda di un lettore da parte di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita italiano.

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Negli ospedali ci sono sempre più pressioni da parte delle direzioni sanitarie nei confronti dei medici che sono obiettori di coscienza e che si rifiutano di collaborare nelle pratiche mediche per effettuare l’Interruzione volontaria di gravidanza. Non saranno gli obiettori di coscienza i primi a rischiare penose restrizioni? F.G.

Poiché ormai è comune l’opinione che vi è stata un’insufficiente gestione della legge 194 e che essa deve essere “integralmente applicata”, coloro che la difendono più energicamente, tendono ad accusare come causa delle insufficienza la resistenza che vi è stata nel paese e intendono la “integrale applicazione” non come rafforzamento della prevenzione post-concezionale, ma in senso opposto, come una più grande facilitazione della Interruzione Volontaria di Gravidanza.

In questa logica perversa vengono rivolte accuse agli obiettori. Il loro grande numero provocherebbe ritardi pesanti nella esecuzione degli interventi e spingerebbe di nuovo le donne verso la clandestinità.

Questa tesi è palesemente falsa. Per confutarla basta leggere la relazione del Ministro per la Salute del 2007 per il 2005 che fornisce i seguenti dati nazionali:

GINECOLOGI ANESTESISTI PARAMEDICI                         

58,7% 57,7% 36,6%

Sembra assai difficile che il 41,3% dei ginecologi, il 42,3% degli anestesisti, il 63,4% degli infermieri, in sostanza poco meno della metà del personale addetto ai servizi si ostetricia e ginecologia, non sia in grado di effettuare le IVG richieste quasi che esse assorbissero più o meno la metà del lavoro ginecologico.

Ma l’aspetto più singolare emerge dal confronto tra i dati di alcune regioni italiane. Ecco in ordine percentuale crescente le obiezioni dei ginecologi:

REGIONI GINECOLOGI ANESTESISTI PARAMEDICI

SARDEGNA 34,80% 43,90% 45,80%

CALABRIA 39,90% 42,90% 42,00%

SICILIA 44,10% 43,20% 41,10%

CAMPANIA 44,10% 40,40% 45,00%

LIGURIA 51,50% 53,60% 26,10%

EMILIA ROMAGNA 54,40% 29,30% 16,80%

PUGLIA 56,80% 63,00% 68,00%

TOSCANA 55,80% 33,40% 49,50%

UMBRIA 67,20% 58,30% 35,50%

LOMBARDIA 68,60% 44,40% 31,20%

VENETO 76,10% 44,70% 54,70%

LAZIO 77,70% 67,60% 61,80%

Da questi dati emerge che proprio dove è maggiore il numero dei non obiettori (Sicilia, Sardegna, Campania, Calabria) minore è il numero delle IVG, mentre ad un più elevato numero di obiezioni corrisponde una più numerosa esecuzione di IVG (Emilia Romagna, Puglia, Toscana, Umbria). In altre regioni (Lombardia, Veneto, Lazio) le obiezioni sono più numerose della media nazionale ma le IVG si mantengono come numero nella media nazionale.

Dunque l’obiezione non c’entra.

Il vero è che l’abortismo avversa l’obiezione perché essa costituisce una autorevole testimonianza sulla identità umana del concepito da parte di professionisti “che se ne intendono”. Perciò da sempre si è cercato di costringere i medici a lasciarsi coinvolgere nell’aborto. Immediatamente dopo l’approvazione della legge 194 furono affisse sui muri di alcune città le liste degli obiettori. Si disse per consentire alle donne di scegliere il medico di loro fiducia, in realtà per esporre gli obiettori a pubblica esecrazione. Poi sono cominciati i concorsi riservati a medici non obiettori. Inoltre si tenta di obbligare l’obiettore ad indicare al cliente che gli chiede di operare con la IVG un altro sanitario a cui la donna possa rivolgersi. Infine nei vari presidi sanitari e nelle scuole di specializzazione e per infermieri si cerca in vari modi di restringere nel massimo grado le attività coperte dall’obiezione di coscienza.

Gli obiettori devono essere assolutamente difesi. Costringere taluno a togliere la vita ad un altro come avviene con l’aborto, quanto meno nella convinzione dell’obiettore è quanto di più perverso possa immaginarsi. E’ singolare che una tale inimicizia verso un obiettore sanitario sia manifestata da molti che si batterono energicamente per l’obiezione in materia militare, quando in Italia le Forze Armate possono partecipare solo a missioni di pace e l’uso delle armi costituiva una possibilità remotissima. Analogo stupore si avverte anche quando si pensi che l’obiezione è prevista, nel consenso unanime, anche riguardo alla sperimentazione animale (l.12/10/1993 n. 413).

D’altronde l’obiezione di coscienza trova una solenne garanzia, oltre che nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo (art. 18), nel patto internazionale sui diritti civili e politici (art.18), nella convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali (art. 9), anche nella nostra Costituzione. La Corte Costituzionale infatti, nella sentenza 476/1991 ha affermato “non può darsi una piena garanzia dei diritti inviolabili e delle libertà fondamentali senza che sia stabilita una correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata dell’uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale – culturale e il fondamento di valore etico giuridico”.

Perciò non è pensabile nonostante tutto una restrizione dell’obiezione di coscienza. Semmai, de iure condendo, si deve segnalare una ingiustizia presente nell’art.9 della legge 194, che fa scattare gli effetti di un obiezione tardiva un mese dopo il momento della sua proposta, che stabilisce la decadenza dall’obiezione nel caso di una partecipazione alle procedure propedeutiche all’intervento e all’intervento stesso, che regola l’obiezione con la rigidità di liste che non consentono la scelta caso per caso, lasciando una certa libertà a chi non vuole concorrere all’aborto in via preventiva e generale.

Sta di fatto che molti medici dopo aver effettuato per anni l’IVG propongono l’obiezione e dichiarano che questa loro scelta non ha motivi di opportunismo, ma è causata dalla insopportabilità delle soppressioni di piccolissimi esseri umani e dalla constatazione della futilità di molte richieste di aborto. Sono testimonianze che non depongono a favore della legge 194, o, almeno, del modo in cui essa è stata attuata.

Un problema di grande attualità riguarda la prescrizione della pillola del giorno dopo da parte dei medici e della somministrazione da parte dei farmacisti. In questa sede basti ricordare che per i medici si è pronunciato favorevolmente il Comitato nazionale di Bioetica e che i farmacisti rientrano sicuramente nella categoria del personale sanitario cui fa riferimento l’art. 9 della legge 194 ai sensi dell’art.99 del R.D. n.1265 del 27/07/1934 e dunque possono proporre l’obiezione in considerazione dell’effetto eventualmente abortivo della pillola del giorno dopo. Ad ogni modo una legge di interpretazione autentica sarebbe opportuna per tranquillizzare questa categoria di operatori sanitari.

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ZENIT Staff

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