Considerare seriamente le differenze tra i sessi

Alcuni studi avvalorano il contenuto di un documento del Vaticano

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ROMA, sabato, 18 settembre 2004 (ZENIT.org).- La recente lettera della Congregazione per la dottrina della fede sulla diversità dei ruoli dell’uomo e della donna, è stata oggetto di critiche da parte di molti gruppi femministi che hanno denunciato ciò che considerano una visione anacronistica della Chiesa sui sessi.

Uno dei concetti che la lettera del Vaticano valuta negativamente è l’idea che “Per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale” (N. 2). La Chiesa, osserva la lettera, preferisce proporre una “collaborazione attiva [tra i sessi], proprio nel riconoscimento della stessa differenza, tra uomo e donna (N. 4).

Argomenti di sostegno alla tesi che afferma l’esistenza di differenze sostanziali tra gli uomini e le donne sono contenuti nel libro di recente pubblicazione scritto da Steven Rhoads e intitolato “Taking Sex Differences Seriously” (Considerare seriamente le differenze tra i sessi).

L’idea che siano la famiglia e la cultura a determinare il carattere maschile e quello femminile è un luogo comune dei nostri giorni, osserva Rhoads. La diffusione di questa concezione è stata favorita dalla crescente eguaglianza delle donne nell’ambito dell’istruzione di alto livello e del lavoro, e dalla diffusione, da parte dei gruppi femministi, dell’idea che i ruoli del genere umano (“gender”) sono costruiti socialmente. La tesi della costruzione sociale è comune a molte scuole di pensiero femminista, spiega Rhoads.

Il pensiero femminista non può negare le distinte funzioni riproduttive tra l’uomo e la donna, nota Rhoads. Eppure, si sostiene che queste differenze siano scarse e relativamente poco importanti, mentre le differenze acquisite sarebbero numerose e di maggiore importanza. Affermano inoltre le femministe che se i ruoli del genere umano sono acquisiti, questi potranno anche essere “decostruiti”, creando così una società più giusta.

Diversi sin dal primo giorno

Rhoads sostiene invece che “l’uomo e la donna hanno comunque nature diverse, e in generale diversi gusti, talenti e interessi”. A riprova di questa affermazione egli cita studi provenienti da diverse fonti, che dimostrano che le differenze comportamentali e psicologiche tra uomini e donne sono in effetti reali e non dovute a condizionamenti sociali.

Alcune ricerche sulle differenze sessuali hanno individuato l’ambiente ormonale del grembo materno come fattore che spiegherebbe le differenze tra il comportamento maschile e quello femminile. E alcuni neuroscienziati hanno constatato che gli uomini hanno un numero inferiore di connessioni tra gli emisferi sinistro e destro del cervello, e che il cervello dell’uomo è in generale più compartimentato rispetto a quello della donna.

Le divergenze maschili e femminili sono evidenti già ad uno stadio molto precoce, osserva Rhoads. Anche i neonati di un giorno mostrano differenze comportamentali, in quanto le femmine rispondono più vivamente al suono del pianto. Le neonate di tre giorni mantengono un contatto visivo con un adulto silenzioso per il doppio del tempo rispetto ai bimbi maschi. Mentre le bambine di 4 mesi sono in grado di distinguere, nelle fotografie, le persone conosciute, dalle altre, cosa che i maschietti generalmente non sanno fare. I bambini, d’altro canto, ai 5 mesi sono più interessati delle bambine alle forme geometriche tridimensionali e alle luci lampeggianti.

All’età di un anno sono in grado di distinguere facilmente tra maschi e femmine, mostrando di preferire di giocare con quelli del proprio sesso. Gli esami dimostrano che questo è vero anche se viene introdotto un bambino nuovo, vestito con abiti dell’altro sesso: le bambine sono in grado di identificare rapidamente le altre femminucce anche se vestite con vestiti maschili.

Ai due anni di età, i maschi sono fisicamente più attivi e molto più interessati ai mezzi di trasporto, afferma la ricerca. Alla scuola materna, i bambini sono più interessati ai giocattoli, mentre le femminucce mostrano maggiore curiosità nel conoscere nuovi coetanei.

Rhoads osserva inoltre che la maternità e la possibilità di vedere lo sviluppo dei propri figli ha indotto alcune femministe aderenti alla teoria genere umano a cambiare idea. Egli riporta l’esperienza di una docente progressista dell’Università di Berkeley che ha tentato di crescere suo figlio in un ambiente libero da violenza e da armi da fuoco. Ebbene, sin da un’età precoce il figlio dimostrava di essere affascinato dalle armi giocattolo.

Altre studiose femministe sono state deluse dal vedere le proprie figlie insistere per portare la gonna, nonostante i tentativi per persuaderle a fare il contrario. In generale, anche i tentativi di crescere i bambini in un ambiente unisex, portati avanti dagli gli israeliani dei kibbutz e da alcune comunità degli Stati Uniti sono stati segnati dal fallimento.

Il fattore ormonale

Le differenze tra maschi e femmine sono presenti attraverso tutto l’arco del periodo scolastico. Rhoads spiega che un’ampia parte della ricerca mostra che dalla seconda elementare fino all’ultimo anno delle superiori, i bambini hanno un atteggiamento più incline alla competizione, mentre le femmine alla collaborazione.

Questo si vede chiaramente negli sport scolastici scelti dai ragazzi e dalle ragazze, in cui i primi preferiscono i giochi di competizione in cui sono chiaramente evidenti i vincitori e gli sconfitti, mentre le ragazze optano per attività con una competitività meno evidente e diretta. Questo è vero anche nei bambini in età pre-puberale, in cui le femmine hanno la stessa forza fisica dei maschi.

Le differenze comportamentali non sono meno evidenti nella vita adulta, spiega Rhoads. In ogni società, sia del passato che del presente, gli uomini si sono dimostrati più aggressivi delle donne. Negli Stati Uniti ad esempio, le femmine rappresentano solo il 10 per cento delle persone arrestate per omicidio. I maschi compongono invece la stragrande maggioranza di coloro che partecipano agli sport che richiedono alti livelli di esercizio fisico o che comportano situazioni di pericolo. Gli uomini sono poi soggetti alla morte per incidente in misura tre volte superiore rispetto alle donne.

Alcune femministe, osserva, tentano di spiegare queste differenze con la socializzazione, insistendo che le donne possono essere aggressive tanto quanto gli uomini. Ma questa argomentazione, sostiene Rhoads, non considera il fattore ormonale – che vede un più alto livello di testosterone negli uomini – né il fatto comprovato delle differenze strutturali del cervello dell’uomo. E, a livello fisico, esami hanno dimostrato che quando gli uomini e le donne ricevono lo stesso tipo di allenamento, la forza maschile aumenta molto di più di quella femminile.

Inoltre, se l’aggressività fosse dovuta all’ambiente sociale, con il calo degli ultimi anni nelle differenze tra i sessi, le donne avrebbero dovuto iniziare ad avvicinarsi ai livelli di aggressività degli uomini. Ma Rhoads, citando statistiche sul crimine, sostiene che non vi è stato alcun riavvicinamento significativo nei livelli di aggressività tra uomini e donne.

Gli elementi familiari

Altri elementi a sostegno delle differenze tra i sessi provengono dall’importanza del crescere i figli in un contesto familiare che vede la presenza di entrambi i genitori, spiega Rhoads. Il brusco aumento degli ultimi anni nel numero di famiglie prive della figura paterna, ha portato ad una serie di problemi. Le figlie, e ancor di più i figli, sono a rischio quando la figura paterna è assente. I problemi che sorgono variano da un aumento del comportamento criminoso, all’abuso di sostanze stupefacenti, a problemi psicologici.

Per le donne, sposarsi e avere figli, rimane un qualcosa
di vitale importanza, sostiene Rhoads. Egli cita testimonianze di alcune donne che hanno raggiunto il successo nella vita professionale, ma che esprimono la loro amarezza per non avere avuto figli. Al contrario, l’assenza di figli non ha avuto lo stesso effetto negativo su uomini di successo.

Prendersi cura dei figli piccoli, specialmente in concomitanza con un lavoro esterno, è un compito molto esigente e faticoso per le donne. Eppure Rhoads cita una serie di studi che mostrano come la maternità e il crescere i figli rappresenti una grande fonte di felicità per le donne. Invece, gli uomini sono molto meno interessati alla cura dei figli. I tentativi effettuati in Svezia per indurre gli uomini a fare uso del congedo parentale ha riscosso un successo assai contenuto.

”Distinti fin dall’inizio della creazione e restando tali nel cuore stesso dell’eternità, l’uomo e la donna, inseriti nel mistero pasquale del Cristo, non avvertono quindi più la loro differenza come motivo di discordia da superare con la negazione o con il livellamento” osserva la lettera del Vaticano (N. 12). Questa differenza, sottolinea la Congregazione per la dottrina della fede, rappresenta invece “una possibilità di collaborazione che bisogna coltivare con il rispetto reciproco della distinzione”.

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ZENIT Staff

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