"Con quale autorizzazione decidere di attaccare un Paese?"

Il Patriarca Latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, lancia un appello alla prudenza per la stabilità di tutta la regione siriana contro l’imminente attacco militare occidentale

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“Prudenza” e “stabilità” in tutta la regione. Sono queste le due parole chiave di mons. Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme, per difendersi dall’imminente attacco militare in Siria annunciato da Stati Uniti, Regno Unito e Francia. E mentre “il tono si fa sempre più acceso di fronte alla prospettiva di un intervento occidentale in Siria” – si legge in un comunicato diffuso dal Patriarcato – mons. Twal “eleva la sua preghiera allo Spirito Santo affinché illumini i cuori di coloro che hanno tra le mani il destino delle popolazioni”.

L’attacco contro il regime siriano, accusato di aver utilizzato armi chimiche nella sua guerra contro i ribelli, sembra ormai sicuro. Damasco è pronta alla difesa e gli alleati russi e iraniani del regime di Bashar al-Assad hanno messo in guardia contro il rischio di una destabilizzazione della regione intera, in caso di un attacco straniero. 

Il Patriarca pertanto si rivolge ai leaders politici e ricorda loro “di non dimenticare l’aspetto umano nelle loro decisioni”. La preoccupazione più grande è quella di una scalata di violenza nella regione e dei rischi che essa comporterebbe, considerando anche che “gli Israeliani stanno facendo ressa nei centri di distribuzione di maschere a gas e gli abitanti del Medio Oriente incominciano a raccogliere viveri e riserve”. 

Allarmato, mons. Fouad Twal esprime nella nota i propri dubbi: “Perché dichiarare una guerra quando gli esperti dell’ONU non hanno ancora consegnato le conclusioni definitive sulla natura chimica dell’attacco e sull’identità formale dei suoi mandatari?” domanda. “Si assiste qui ad una logica che ricorda la preparazione della guerra in Irak nel 2003” osserva il Patriarca, il quale afferma che “non si deve ripetere quella ‘commedia delle armi di distruzione di massa in Irak’, quando in realtà non ce ne erano”.

“Oggi questo paese è ancora in una situazione molto critica” sottolinea il presule; quindi “come decidere di attaccare una nazione, un Paese? Con quale autorizzazione?”. Certo – osserva Twal – “il Presidente americano ha il potere di lanciare solo degli attacchi aerei contro la Siria”, ma “che ne è della Lega araba e del Consiglio di sicurezza dell’ONU?”. “I nostri amici dell’Occidente e degli Stati Uniti – prosegue – non sono stati attaccati dalla Siria. Chi li ha nominati polizia della democrazia in Medio Oriente?”.

Il Patriarca Latino invita poi a riflettere sulle conseguenze di una tale guerra per la Siria e per i Paesi vicini: “C’è bisogno di aumentare il numero dei morti oltre i 100 000?” si interroga, “è necessario ascoltare tutte queste anime che vivono in Siria e che gridano il loro dolore che dura da più di due anni e mezzo. Hanno pensato alle mamme, ai bambini, agli innocenti?”.

Poi incalza: “I paesi che attaccano la Siria hanno preso in considerazione il fatto che i loro cittadini in tutto il mondo, che le loro ambasciate e consolati possono essere bersaglio di attacchi ed attentati in rappresaglia?”.

Infine un’ultima riflessione: “Si sono misurate le conseguenze per la regione del Medio Oriente?” si chiede Twal. “Secondo gli osservatori – aggiunge – l’attacco dovrà essere molto mirato e concentrarsi su alcuni siti strategici al fine di impedire un nuova utilizzazione delle armi chimiche”. L’esperienza insegna che “un attacco mirato avrà delle conseguenze collaterali”: “Ci saranno, in particolare, delle reazioni forti che potrebbero incendiare la regione” avverte il presule.

L’invito del Patriarca è dunque “la pace e la sicurezza a tutta questa regione del mondo che ha già troppo sofferto”. “Come cristiani di Terra Santa – conclude – ricordiamo nelle nostre preghiere i siriani di cui vediamo tutte le sofferenze quando vengono a rifugiarsi nella nostra diocesi in Giordania”.

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ZENIT Staff

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