Come risolvere l’infertilità senza procreazione medicalmente assistita

Intervista alla dott.ssa Mariavita Ciccarone, Medico Ginecologo del CESPIC

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ROMA, martedì, 9 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Si terrà a Roma, il 12 ottobre prossimo, presso l’Auditorium “Padre A. Sala” dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI; Via Monti di Creta 104, ore 9.00) il Convegno dal titolo “Fertilità: visione cattolica”.

Organizzato dell’IDI–IRCCS e dall’ Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (APRA) l’incontro intende affrontare la crisi della fertilità in Italia evitando le illusione sollevate dalle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).

Pochi sanno, infatti, che la percentuale di gravidanze (e non di parti) su prelievi ovocitari effettuati per tecnica FIVET (fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione nell’utero) ed ICSI (introduzione diretta del singolo spermatozoo all’interno del citoplasma dell’ovocita) è del 21.2%.

Tale percentuale varia sensibilmente con l’età della donna (dal 31.1% in donne di età inferiore a 29 anni, al 2.0 vs 0.0% di quelle che superano i 45 anni), peraltro non è chiaro quante di queste pazienti abbiano poi partorito, a causa della grande perdita di informazioni in merito al proseguimento della gravidanza.

Al di là degli aspetti strettamente medici, gli organizzatori del convegno intendono affrontare il tema della prevenzione dell’infertilità sollevando una riflessione etica, confrontando le tecniche biomediche che intervengono nella procreazione ed i principi della morale cattolica.

Per capire i diversi temi che verranno affrontati durante il Convegno, ZENIT ha intervistato la dott.ssa Mariavita Ciccarone, Medico Ginecologo CESPIC (Centro per lo Studio e la Prevenzione dell’Infertilità Coniugale) dell’Ospedale San Carlo – IDI Sanità, e Responsabile scientifico del Convegno.

Quali sono le esatte motivazioni che vi hanno spinto ad organizzare questo convegno e quali fini contate di raggiungere?

Ciccarone: Il Convegno è organizzato dal CESPIC (Servizio di infertilità dell’Ospedale S. Carlo – IDI Sanità, Divisione Ginecologia, primario Prof. G. Vittori), che da alcuni anni fornisce una consulenza medica altamente specialistica sull’infertilità alle coppie, al fine di studiarne le cause e curarle, laddove è possibile, rifiutando soluzioni miracolistiche, propagandate con grande leggerezza in sedi più o meno appropriate.

Il CESPIC (aperto il lunedì ed il venerdì tel. n. 06/633606 e 06/39751937), affianca alle cure mediche una delicata azione di assistenza e supporto di tipo psicologico alle coppie infertili, spesso lasciate sole ad affrontare un problema così delicato, con implicazioni etiche, oltre che sanitarie.

L’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, co-organizzatore del Convegno, fornisce all’attività del CESPIC una consulenza continuativa sul versante strettamente bioetico, affiancando la nostra attività clinica con il richiamo puntuale in merito alla conformità con i principi della morale cattolica.

Il Convegno nasce dal desiderio di favorire un confronto multidisciplinare su temi come la fertilità e la vita nascente. Il titolo, “Fertilità: visione cattolica” potrebbe tradire una impostazione esclusivamente confessionale, ma in realtà l’obiettivo è quello di analizzare i problemi morali legati agli interventi artificiali sulla vita, al fine di suscitare riflessioni condivisibili indipendentemente dalla propria fede religiosa.

Il mondo, in generale, ma l’Europa, in particolare, soffre di una sempre più ridotta fertilità. Quali sono secondo voi le cause? Siamo di fronte ad una riduzione della fertilit per cause fisiologiche oppure hanno influito pesantemente cambiamenti sociali e culturali?

Ciccarone: Per fertilità si intende la “capacità di avere un bambino”, e tale “potenzialità” presenta due aspetti, uno fisiologico ed uno socioculturale.

Nell’attuale contesto storico, alla luce dei progressi della scienza medica e delle migliorate condizioni di vita, dovremmo aspettarci un incremento della fertilità, intesa in senso strettamente medico; tuttavia a ciò si contrappongono fattori di tipo culturale che hanno determinato uno spostamento dell’età riproduttiva sopra i 35 anni, con ridotto tasso di “fecondità”, inteso come numero di figli effettivamente partoriti, per donna (per la condizione di subfertilità che già solo l’età comporta).

Si è verificata una forte riduzione delle nascite nei Paesi occidentali, ed in particolare in Italia ed in Spagna, dove il valore medio di figli per donna è pari ad 1.3, mentre il cosiddetto “livello di rimpiazzamento” della popolazione dovrebbe essere pari a 2.1 nascite per coppia. Vale a dire che siamo nettamente al di sotto della soglia oltre la quale è inevitabile il declino demografico dell’Occidente.

In che misura la legalizzazione dell’aborto e la diffusione dei divorzi hanno influito e influiscono sulla riduzione della fertilità?

Ciccarone: Di certo le cause del calo demografico in Italia trovano origine nel boom economico degli anni Sessanta, a cui si associò il calo della mortalità perinatale ed infantile, seguito dalla emancipazione femminile e dall’utilizzo di massa dei metodi contraccettivi, insieme alle leggi sul divorzio e sull’aborto.

Il Convegno si occuperà di approfondire questa specifica tematica molto interessante, di carattere strettamente sociologico e culturale, più che medico-sanitario, attraverso la relazione del Prof. Gian Carlo Blangiardo, Professore ordinario di Demografia alla Facoltà di Scienze statistiche dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.

Lei ha parlato di “tecniche miracolistiche”, qual è l’opinione del CESPIC sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita?

Ciccarone: E’ stato recentemente pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (dott.ssa G.Scaravelli et al.) il 1° Report sull’attività del Registro Nazionale Italiano della procreazione medicalmente assistita, da cui emergono i seguenti dati: la percentuale di gravidanze (e non di parti) ottenute da prelievi ovocitari effettuati con tecnica FIVET ed ICSI è pari al 21.2%, e tale percentuale varia sensibilmente con l’età della donna. Purtroppo non sappiamo quante di queste gravidanze siano giunte al termine con un parto.

Nella migliore delle ipotesi dunque la percentuale di successi appare piuttosto bassa e del tutto sproporzionata rispetto all’impegno della coppia. Ecco perché lo spirito del CESPIC è quello di affiancare le coppie con problemi di infertilità, prima di tutto cercando di individuarne le cause, e poi di curarle, se possibile, evitando di ricercare il figlio “ a tutti i costi”, come prodotto di un intervento tecnico.

In sintesi cosa consiglierebbe ad una coppia che non riuscisse ad avere un figlio?

Ciccarone: In primo luogo di rivolgersi ad un Centro specialistico qualificato nello studio delle patologie specifiche che possa individuare, compatibilmente con il progresso degli studi medici, una terapia medica o chirurgica.

Nel caso di una diagnosi negativa definitiva, suggerirei di non considerare tale situazione come una menomazione, e di non mirare alla procreazione tout court, perdendo di vista il valore della vita coniugale, rinunciando al rispetto della propria dignità personale e di quella del nascituro.

Proporrei, ed è quello che facciamo nell’attività quotidiana del CESPIC, di esaminare la possibilità di altre forme di paternità e maternità: ricordo che nella “Familiaris Consortio”, Giovanni Paolo II sottolinea che “anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può essere occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita delle persone umane, quale ad esempio l’adozione, le varie forme di opere educative, l’aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati”.

[Per inform
azioni e iscrizioni al Convegno: congressi@idi.it]

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ZENIT Staff

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