Come Mosè, Benedetto XVI sarà in preghiera sul monte, intercedendo per noi combattenti

Aprendo gli Esercizi Spirituali per il Papa e per la Curia Romana, il cardinale Ravasi rende omaggio al Pontefice dimissionario, citando un celebre passo biblico

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Come Mosè sul monte in preghiera, mentre il suo popolo combatte nella valle. Con questa immagine biblica, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ha reso omaggio a papa Benedetto XVI, prima di introdurre gli Esercizi Spirituali per il Santo Padre e per la Curia Romana, iniziati ieri sera presso la Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano.

Parlando a nome di tutti i presenti, il cardinale Ravasi ha espresso parole  di “affetto”, “gratitudine” e “ammirazione” nei confronti del Pontefice dimissionario e, con riferimento all’episodio veterotestamentario da lui citato (cfr. Es 17), ha detto: “Noi rimarremo nella valle, dove c’è Amalek, dove c’è la polvere, dove ci sono le paure, i terrori, gli incubi ma anche le speranze, dove Lei è rimasto in questi otto anni. D’ora in avanti, però, noi sappiamo che sul monte c’è la Sua intercessione per noi”.

Il tema degli Esercizi Spirituali quaresimali di quest’anno, predicati dal cardinale Ravasi, è Ars orandi, ars credendi.Il volto di Dio e il volto dell’uomo nella preghiera salmica. Come ha ricordato Ravasi, facendo riferimento a Sant’Ignazio di Loyola, la loro funzione è quella di “esaminare la coscienza”, meditare e “scartare da sé tutte le affezioni disordinate”.

Il porporato ha poi citato l’esperienza della scrittrice ebrea Etty Hillesum, vittima dell’Olocausto nazista (già menzionata da Benedetto XVI durante l’Udienza Generale di mercoledì scorso), che nel suo diario da Auschwitz scriveva dell’esigenza di scoprire in se stessa quella “sorgente molto profonda”, spesso sommersa di pietra e di sabbia, in cui risiedeva Dio.

Allo stesso modo, per i cattolici, gli Esercizi Spirituali sono un’occasione per “liberare l’anima dal terriccio, dal fango del peccato, dalla sabbia delle banalità, dalle ortiche delle chiacchiere che soprattutto in questi giorni, occupano ininterrottamente le nostre orecchie”, ha sottolineato Ravasi.

Gli Esercizi Spirituali, ha proseguito il biblista, implicano “ascesi” (parola che in greco sta a significare proprio “esercizio”) e, al tempo stesso, possono essere alimentati dalla “creatività” della preghiera, unita naturalmente al rigore teologico.

I momento centrali dell’atto del pregare sono stati individuati da Ravasi in quattro verbi: 1) respirare; 2) pensare; 3) lottare; 4) amare.

La preghiera, quindi, è in primo luogo respiro, ovvero è un atto essenziale alla fede, così come il respiro lo è per la vita. Come affermava il cardinale Yves Congar, la respirazione è la preghiera, mentre i sacramenti sono il nutrimento.

Pensare è un atto non meno essenziale nella preghiera, dal momento in cui essa non è solo “emozione” o “istinto” ma “coinvolgimento nella nostra richiesta di Dio”. San Tommaso d’Aquino, citato da Ravasi, affermava che “l’orazione è un atto della ragione che applica il desiderio della volontà su colui che non è in nostro potere ma è superiore a noi”, cioè Dio.

Il verbo lottare, ha osservato Ravasi, fa pensare alla lotta tra Giacobbe e l’angelo, “che Osea, secoli dopo, interpreta come una preghiera”. Secondo il profeta, infatti, Giacobbe lottò con l’angelo, “vinse, pianse e domandò grazia” (Os 12,5).

La preghiera, specie quando è autentica, implica sofferenza e supplica a Dio. Nella preghiera c’è una sorta di componente agonistica che nasce dalla difficoltà di comprendere la volontà di Dio e che talora “rasenta la bestemmia”. Eppure Dio, che sa “leggere nel profondo”, ascolta più facilmente una bestemmia pronunciata con fede e con il cuore che non “di tante preghiere compassate della domenica mattina”.

Il quarto verbo chiave è amare. L’esperienza di Dio come amore è spiccatamente cristiana, mentre in altre religioni Egli “non è così vicino a noi da poter essere abbracciato”. Ben lontano dall’essere un “motore immobile”, come affermava Aristotele, il Dio cristiano “non è un Dio del quale si vuol parlare ma un Dio al quale si vuol parlare”.

È per questo che, per il cristiano, “la preghiera deve avere questa dimensione di intimità festosa, di colloquio”, sempre compatibilmente – ha ricordato Ravasi – con le tre dimensioni precedentemente elencate: il respiro, il pensiero e la lotta.

Una quinta componente che, in un certo senso, fa da collante ai quattro verbi della preghiera è il silenzio. “Due innamorati veri – ha esemplificato Ravasi – quando hanno esaurito tutto l’arsenale dei luoghi comuni del loro amore, ripetendosi lo stereotipo anche dell’amore, se sono veramente innamorati, si guardano negli occhi e tacciono”.

La preghiera non è poi così diversa: essa è “un incrocio silenzioso degli occhi che fa sbocciare la vera contemplazione orante”, ha sottolineato in conclusione il biblista.

Gli Esercizi Spirituali per il Papa e per i membri della Curia Romana si concluderanno nella mattinata di sabato 23 febbraio. Per tutta la durata degli Esercizi Spirituali sono sospese le udienze, compresa l’Udienza Generale.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione