The Return of the Prodigal Son

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Come il Figliol Prodigo davanti alla Porta Santa

Nella sua lettera per la Quaresima, l’Ordinario Militare, monsignor Santo Marcianò, si sofferma sulla Misericordia come “gioia di Dio”

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La Misericordia, gioia di Dio. Questo il tema della Lettera per la Quaresima, nel Giubileo della Misericordia, dell’Ordinario Militare per l’Italia, mons. Santo Marcianò, diffusa nei giorni scorsi e pubblicata dall’Editrice Vaticana.
Costituisce un piccolo percorso per celebrare il Sacramento della Riconciliazione e consta di quattro capitoletti titolati rispettivamente: la gioia condivisa, la gioia della decisione, la gioia della conversione, la gioia della Misericordia.
Come annota lo stesso mons. Marcianò nella presentazione, “è ispirata alla nota Parabola del figliol prodigo”, da molti ribattezzata Parabola del Padre misericordioso, che il presule vuole rileggere quale “Parabola della gioia di Dio”.
“Anche la Misericordia – precisa ancora il vescovo castrense rifacendosi alla Bolla di indizione del Giubileo – è una Porta, attraverso la quale si entra nell’Amore del Padre, in particolare grazie al perdono ottenuto nel Sacramento della Riconciliazione, della Confessione”.
Ed ancora: “Ritrovare se stessi non è una operazione psicologica, è frutto della logica della Risurrezione che invade la nostra vita e fa sì che noi veniamo letteralmente rigenerati dalla misericordia. Il figlio si alza, cioè risorge, perché il Padre ha compassione, ha Misericordia.
Marcianò mette in risalto, in pratica, come Misericordia sia la parola centrale della parabola. Sottolineando altresì che riconoscersi peccatori sia anzitutto un atto di giustizia e amore verso se stessi. “È un’esperienza di pace. Il fatto che la giustizia sia condizione della pace, se ci pensiamo bene, non è una verità valida solo a livello sociale e politico: la pace, infatti, sgorga sempre dalla purezza di un cuore toccato dalla misericordia”.
Bello, in ordine alla gioia, quanto sostiene il vescovo subito dopo la proposizione testuale della parabola.
“Mi piace immaginare che, una mattina, si sia improvvisamente resa evidente la gioia, irrompendo nella sua attesa del figlio. Il Padre si sveglia con nel cuore qualcosa di più della speranza: una gioia nuova, una semplice gioia. Eppure, il figlio è ancora lontano; come dice la Parabola, è «tra i porci», è ridotto allo stato animale, sta toccando il fondo della sporcizia, della dissipazione, della disumanità. Sta diventando, potremmo dire, un vero e proprio scarto umano. E tutto questo, non a causa di altri ma per la sua scelta personale … Nonostante ciò, il Padre prova una gioia inspiegabile, della quale si fida.
In quella stessa mattina, però, accade qualcosa anche al figlio. Anch’egli si sveglia in modo diverso dal solito: «Rientra in se stesso» e prende una decisione: «Mi alzerò, andrò da mio padre…».
Nelle cose esterne non è cambiato nulla e non sappiamo cosa stia accadendo in lui: forse, come qualche esegeta commenta, egli decide di tornare a casa per motivi di convenienza, di stanchezza, di opportunità… Quali che siano le ragioni, questa decisione lo proietta nel futuro”.

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ZENIT Staff

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