Come evangelizzare attraverso lo sport

ROMA, lunedì, 4 ottobre 2004 (ZENIT.org).- Jude McKenna avrebbe dovuto compiere il suo primo viaggio a Roma per combattere contro Cassius Clay. Vi si recò invece in pellegrinaggio come novizio.

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Boxeur professionista irlandese, McKenna non partecipò ai Giochi Olimpici in Australia nel 1956 perché era troppo giovane. L’Irlanda “partecipò con cinque atleti e tornò a casa con quattro medaglie”, ha ricordato.

Quattro anni dopo, mentre si preparava per i Giochi di Roma, perse l’occasione sportiva e trovò invece la sua vocazione religiosa. “Dio intervenne e mi salvò da chi stava nella mia categoria di peso!”, ha detto in alcune dichiarazioni rilasciate a ZENIT.

Si dedicò allora al judo professionale, perché lo considerava “un po’ più consono all’abito”. Il padre cappuccino McKenna continua oggi a viaggiare per quanto può come presidente del judo dello Zambia.

Ora allena gli atleti africani per le competizioni internazionali di judo e di boxe. Non c’è modo di fermare questo esuberante religioso, che afferma di dovere tutto allo sport ed alla spiritualità.

Nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo, Giovanni Paolo II afferma che “sport e turismo fanno riferimento prima di tutto al tempo libero, in cui vanno promosse attività che aiutino lo sviluppo fisico e spirituale”.

Ad un osservatore medio può sembrare un po’ eccessivo includere il concetto di spiritualità nel turismo e nello sport, ma padre McKenna sottolinea quanto questi due fenomeni possano essere fondamentali nel promuovere valori universali.

“Prendete la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi”, ha riferito il Cappuccino. “Avendo partecipato a vari Giochi negli ultimi 35 anni c’è sempre un po’ di tristezza e di malinconia alla fine”.

Il motivo è che “ci si fa compagnia, ci si affeziona a gente alla quale si è stati vicini gareggiando, consumando i pasti, pregando e sperando insieme”, ha aggiunto.

L’esperienza di padre McKenna di essere qualunque cosa, da atleta ad allenatore olimpico a cappellano vaticano nominato ufficialmente per le Olimpiadi di Mosca, rispecchia le considerazioni del suo collega sportivo, Giovanni Paolo II.

Il Cappuccino, che ha 70 anni ma ne dimostra benissimo 50, promuove i benefici e la spiritualità che si trovano dietro lo sport.

“Ho sempre creduto nello sport come scuola di disciplina personale”, ha spiegato il frate. “Lo sport dà alla gente un’idea delle cose. Essi puntano a qualcosa, si allenano per ottenerla e nella maggior parte dei casi si tratta di persone che sono, o sono diventate, estremamente disciplinate. E’ una qualità che aggiunge qualcosa al viaggio della vita, che li rende cittadini, padri e madri molto migliori”.

Giovanni Paolo II ha esortato i fedeli a trovare uno sport “che contribuisca all’amore per la vita, insegni il sacrificio, il rispetto e la responsabilità, portando al pieno sviluppo di ogni persona umana”.

Secondo padre McKenna, un impegno simile è direttamente collegato alla fede.

“Essere conosciuto come un campione non è un compito facile per gli atleti – richiede impegno, sacrificio ed innumerevoli ore di esercizio”, ha continuato. “Questo si adatta bene al nostro viaggio di fede, in cui lavoriamo per ricevere la ricompensa eterna”.

Perfino nonostante le molte difficoltà di cui è quotidianamente testimone in Africa, padre McKenna ritiene il suo ministero sportivo come una parte del disegno di Dio.

Nell’intervista a ZENIT ha raccontato come a volte gli venga da piangere nel vedere gli effetti olistici che un club sportivo può avere in un’area povera.

“Penso che la nostra mente, il nostro spirito e l’intera anima dell’uomo e della donna possano agire meglio attraverso lo sport”, ha osservato. “In ogni dimensione, quando il corpo è tenuto in forma, pulito e puro, il morale complessivo migliora”.

Il religioso porta avanti la sua filosofia facendo un esempio vicino al cuore della “sua gente”: “Se abbiamo un disastro nazionale come l’HIV/AIDS, questo butta giù fisicamente ed ha effetto su qualsiasi altra cosa”.

La presenza di padre McKenna è un incoraggiamento ad una “vita pura e pulita” attraverso lo sport e la spiritualità e viaggiando attraverso le diverse culture con entrambi. Il religioso riprende il pensiero di Giovanni Paolo II in base al quale gli sport sono un ottimo mezzo quando ci si accosta ad essi nella preghiera e nell’amore.

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ZENIT Staff

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