"Cittadinanza attiva solidale e responsabile per il bene comune"

Un convegno a Montepaone Lido sul Beato Padre Pino Puglisi con le testimonianze dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone, di Suor Carolina Iavazzo e del prof. Giuseppe Savagnone

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“Correlazione  tra culto e impegno, correlazione che impegna  ogni credente e, in particolare, i credenti che esercitano un temporaneo servizio amministrativo e politico”: non possono che essere queste, secondo Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace e postulatore della causa di beatificazione di don Pino Puglisi, “le antiche e nuove frontiere dell’ordinarietà della vita pastorale, la quale è chiamata a correlare sempre culto ed esistenza ordinaria, messa celebrata e messa da continuare nella vita, annuncio del Vangelo e difesa dei beni comuni, carità annunciata e carità praticata. Priorità di ogni operatore pastorale, di ogni prete, soprattutto di ogni parroco, anche del parroco Puglisi  che, in questa prospettiva, mi piace denominare il martire del “cristianesimo ordinario”. In questo senso, Mons. Bertolone ha brillantemente riassunto in  “3 C” il messaggio che ci viene dal prete delle “3 P”, come era soprannominato Puglisi: il dovere per noi cristiani di  essere cioè Credenti, Coerenti, Credibili. Attuando queste tre “C” nelle nostre vite, costruiremo “Cittadinanza attiva solidale e responsabile per il bene comune”.

E’ questo infatti il titolo del convegno che l’associazione “Solidales” presieduta da Saverio Candelieri, in collaborazione con la commissione diocesana Giustizia e Pace, a conclusione del progetto “Spaziofamiglia 2013”, ha promosso, dedicandolo alla testimonianza e alla figura del Beato don Pino Puglisi.

Oltre agli interventi istituzionali, il convegno si è pregiato quindi della presenza di mons. Bertolone, nonché degli autorevoli interventi di suor Carolina Iavazzo (collaboratrice di don Puglisi a Palermo e ora impegnata nella Locride)  e di Giuseppe Savagnone (direttore dell’Ufficio per la pastorale della cultura nella diocesi di Palermo e membro del Forum per il Progetto culturale della CEI). La serata è stata arricchita dalla presentazione del nuovo libro di  Mons. Bertolone “Padre Pino Puglisi. Profeta e Martire Beato”, biografia ufficiale, edizioni San Paolo. Il testo ricostruisce con amore e impegno gli ultimi anni della vita e del ministero e l’iter della causa di beatificazione di don Pino Puglisi, sacerdote vittima della mafia per la fede che sottraeva spazi alla criminalità, per le sue opere sacerdotali che sapevano reinventare la speranza. 

“Puglisi – ha sottolineato Mons. Bertolone – ha operato appassionatamente, edificando, come servitore e tessitore, attimo per attimo, il bene della comunità cristiana, che è anche bene comune, all’interno del quale si danno, dunque, alcuni valori e beni non soggetti alle leggi del mercato, del venire a patti, della trattativa o della collusione con qualunque altro potere che non sia quello divino. La testimonianza di Puglisi è una chiara indicazione circa le prospettive future di un atteggiamento netto da tenere, in nome della connessione tra culto eucaristico e beni non negoziabili, nei confronti di qualunque modo illegale e anticristiano di vivere, a volte endemico in alcuni territori, perché non è tanto la Chiesa di Puglisi che è antimafia, ma è la mafia che è antievangelica. Il parroco di Brancaccio – ha proseguito il Presule – non può essere definito un prete “contro”[1] piuttosto: un prete “per”, perché  con  il suo forte spirito evangelico si batte sempre per la gente, per i suo diritti fondamentali, per i suoi valori non negoziabili, per il suo bene comune; gente affidata alle sue cure pastorali paterne e materne, in nome di Colui che è stato sempre dalla parte del popolo, degli ultimi, della società”.

Ciascuno di noi, sull’esempio del sacerdote palermitano, può trasformare una giornata “ordinaria”  in “straordinaria”, al fine di essere davvero cittadini attivi e responsabili per attuare “la vita buona del vangelo” e il bene comune, come bene spiega Mons. Bertolone: 

“Questa ordinarietà-straordinaria di vita cristiana viene mostrata molto bene dall’ultima giornata terrena di don Puglisi, che è un po’ la sintesi di ogni sua giornata da prete e da parroco. Due matrimoni e, di pomeriggio, prima gli incontri di preparazione al battesimo; e poi quello al Comune per riuscire ad ottenere, insieme con gli abitanti della borgata, una scuola media. Infine al Centro “Padre Nostro” per festeggiare il 56° compleanno in amicizia e semplicità. L’ultimo suo giorno in terra è, appunto, una giornata-tipo dalla quale ricaviamo il suo modo straordinariamente ordinario di essere prete cristiano. Un prete antico (come mostrano, soprattutto, le celebrazioni sacramentali, significativamente nel momento costitutivo di nuove famiglie, nonché i momenti di preghiera, tanti, e come mostra la predicazione e l’attività di annuncio e catechesi); ma anche un prete nuovo, che traduce in scelte sociali e solidali il suo sacerdozio e correla culto eucaristico con i risvolti sociali di esso: di qui la difesa dei diritti degli studenti, di qui il Centro che affronta e cerca di risolvere i problemi di una situazione sociale disgregata (i cui primi interessi sono, non a caso, rivolti agli ultimi, ai bambini, agli anziani, ai soli, ai sofferenti, cioè ai diritti fondamentali della persona), di qui le relazioni umane intense con chi quotidianamente lo incontra. La personalità  del presbitero Puglisi sta tutta qui: riassumere  in sé la tradizione (il prete uomo del sacro, che realizza con le sue mani il sacrificio eucaristico,  e conciliarla con  l’innovazione (oltre alla lettura e predicazione della Scrittura, l’azione solidale e caritativa); la natura e la missione del suo sacerdozio ministeriale, sempre in connessione con il sacerdozio comune battesimale degli altri fedeli, la riproduzione, nel quotidiano, della molteplice e ricca trama di rapporti che sgorgano dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa”.

Significativa, nel corso del convegno, la testimonianza di Suor Carolina, che ha ringraziato mons. Bertolone per l’impegno profuso nella causa di beatificazione del primo martire della mafia. “Avete un grande Vescovo!” ha detto la suora rivolta alla platea del convegno, che gioiosa ha risposto con un forte applauso. A suor Carolina Iavazzo don Pino Puglisi ha lasciato un’eredità spirituale di promozione evangelica ed umana: e lei ha sentito che la lotta la fianco dei giovani contro le lusinghe della criminalità organizzata andava condotta ancora, dopo l’uccisione del sacerdote, dove c’era più bisogno.

Nella Locride, a Bosco Sant’Ippolito, un piccolo centro tra Bovalino e San Luca, un’altra zone “di trincea”, suor Carolina ha fondato nel 2005 il centro “Don Pino Puglisi”. Un posto pieno di giovani, energie e creatività. Uno dei tanti segni di una terra in fermento  che testimonia alla storia come Don Pino Puglisi abbia aiutato tanti giovani ad uscire dal tunnel della paura e dell’ignoranza, attraverso una pedagogia attiva, coinvolgente, sofferta. Ma autenticamente liberante. Suor Carolina, è autrice di poesie in cui parla di Palermo, dei suoi tanti ragazzi, definendoli con la struggente espressione di “figli del vento”. Strappati alla strada e alla violenza mafiosa con una tenacia, mai vinta, mai sopita, nonostante la morte di Padre Puglisi. 

Per la suora, il suo insegnamento di vita non si dimentica: “Tutti siamo chiamati a lasciare qualcosa che resti nella storia e nella vita degli uomini, come un testimone che passa da una mano all’altra, di generazione in generazione perché la vita è un compito che qualcuno ci affida perché altri dopo di noi, possa ritrovare la strada che porta alla meta”. Quando aveva detto: “Non lasciate il mio corpo troppo solo”, Padre Puglisi voleva dire: “Continuate voi la mi attività, la mia speranza, realizzate voi il mio sogno”. Il sogno dell’“uomo di Dio che semina a piene mani, raccogliendo sassi che trasforma in zolle profonde”, zolle che erano soprattutto i cuori dei ragazzi di Brancaccio, in cui Padre Puglisi ha seminato insopprimibili semi di pac
e e di libertà.

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Anna Rotundo

Anna Rotundo (Catanzaro) è laureata in scienza religiose: insegna religione nelle scuole secondarie, è componente del comitato di redazione del giornale diocesano Comunità Nuova" e di diverse altre riviste. Si occupa, tra l'altro, di cultura, diritti umani e diritti delle donne."

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