Ci può essere morale in economia?

Nel libro “Teologia morale economica”, Gianni Manzone sostiene che “è vera economia solo se morale”, altrimenti distrugge l’uomo imponendo falsi ritmi e bisogni

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La Queriniana, storica casa editrice, propone un nuovo corso di teologia morale diretto da Maurizio Chiodi e Pier Davide Guenzi. La collana si compone di diversi volumi che trattano in modo specifico temi particolari.
Teologia morale economica” è il titolo del 5 volume scritto da Gianni Manzone, docente di dottrina sociale della chiesa ed etica sociale alla Pontificia Università Lateranense di Roma. A primo impatto è evidente come l’economia non sia solo “tecnica”, ma interessa le scelte dell’uomo nella vita di tutti i giorni.
Per cui l’interessamento della teologia morale deriva dalla seguente constatazione: l’economia è un’attività umana e non meramente una realtà tecnica e materiale. Non solo. È necessario constatare – afferma l’autore – che “nella nostra società c’è una tendenza verso l’economizzazione della vita umana e della società, cioè un’influenza crescente della razionalità economica su tutti i settori della vita.
Le minacce maggiori alla libertà dell’individuo nascono dal difetto di senso dell’attività economica e non da un difetto di beni materiali”. Quando l’economia pone degli interrogativi che esigono un’urgente e chiara risposta in quanto interessano il bene dell’uomo, allora chiamano in causa, in modo diretto, anche la teologia morale.
La stessa deve leggere i segni dei tempi per “consigliare” gli uomini su quale sia il vero bene, nello specifico campo dell’economia. L’autore, per adempiere a tale compito, spiega nella prima parte del libro, che verrà di seguito approfondita, la prassi cristiana in campo economico, sin dall’epoca della patristica. La preoccupazione principale dei Padri della Chiesa, era quella della retta amministrazione, da parte dei ricchi, dei beni economici.
Manzone riporta, inoltre, alcune interessanti riflessioni che nascono dalla penna di san Basilio. Esortazioni ancora oggi di scottante attualità, come per esempio: “il pane che ti riservi appartiene all’affamato; i vestiti che custodisci nell’armadio appartengono all’ignudo; le scarpe di cui è piena la tua casa appartengono allo scalzo; il denaro che nascondi nelle casse è del bisognoso. Così tu commetti tante ingiustizie quanti sono gli uomini che potresti soccorrere”.
Tali riflessioni circa la sobrietà, farebbero bene anche oggi, in un mondo segnato dal superfluo e dall’estetica. Successivamente, l’autore, spiega come i mutamenti provocati dall’industrializzazione siano stati affrontati dal Magistero pontificio, da cui nasce la Dottrina sociale della chiesa.
Dalla cosiddetta “questione sociale” (che coincide con la “questione operaia”) affrontata da Leone XIII, all’attenzione sul mercato di Pio XI, dalla visione sovranazionale dell’economia di Giovanni XXIII, alla convinzione di Paolo VI circa la responsabilità politica, fino ad arrivare alla causa morale del sottosviluppo, individuata da Giovanni Paolo II nelle “strutture di peccato” ossia in mentalità, modi di pensare e di agire propri di una determinata cultura sempre più secolarizzata.
Sono “i beni da amministrare” la cosa fondamentale in economia, non la moneta che ne misura il valore. Grazie alla comprensione di ciò, si può così approfondire il discorso religioso e teologico che considera gli stessi beni come “doni”. Usare qualcosa significa finalizzarla ai bisogni e allo sviluppo umano.
Quando si costruisce qualcosa (qualsiasi realtà) è bene che sia orientata al bene comune. L’economia è a servizio dell’uomo e non l’uomo a servizio dell’economia. Per capire ciò è necessario concentrarsi sull’origine dell’economia. In particolare per evitare l’affanno odierno dell’accumulo di cose che non sono orientate all’oggettivo bisogno ma al soggettivo desiderio (concetti spiegati bene nel testo del Manzone). Anche Paolo raccomandò ai Tessalonicesi di guadagnarsi la propria vita lavorando, ma nella calma, senza agitazione vana.
L’economia non è ricerca della ricchezza. A tal proposito è bene ricordare che Gesù ha parlato della ricchezza come massimo ostacolo all’ingresso nel Regno (Mc 10, 23-27) e insieme, tentazione grande per tutti e non solo per i ricchi (Mc 10, 26ss; Mc 4, 19). A tal proposito è bene ricordare un altro monito Paolino: L’amore al denaro è la radice di tutti i mali (1 Tm 6, 10), perché il denaro (la ricchezza), in ultima analisi, è un padrone che esige un’obbedienza alternativa rispetto a quella dovuta a Dio.
Ancora fresche e riecheggianti, a tal proposito, le parole di Papa Francesco circa il desiderio di povertà della Chiesa. L’economia, quindi, presenta una sfida concreta per chi vuole vivere in pienezza il messaggio evangelico. A tale sfida Gianni Manzone non si sottrae. Scrive un testo che si tripartisce in: 1) Momento fondativo, dove si approfondisce lo sviluppo storico del pensiero cristiano in economia; 2) Diversi momenti dell’attività economica, in cui i molteplici elementi economici vengono analizzati; 3) Questioni di etica dell’ambiente. Dove si evidenzia come la “casa comune” dell’uomo deve essere gestita al meglio e per il bene di tutti.
Un testo, quello del Manzone, che risulta essere fondamentale per approfondire la dimensione morale dell’economia. La morale non è accessoria all’economia quasi che quest’ultima possa fare a meno delle raccomandazioni ed indicazioni che le provengono dal senso più in timo di ogni gesto. L’economia dev’essere morale per questioni di necessita! Cioè: o è morale o non è economia. O è per l’uomo o non è vera economia. O propone una via di sviluppo sostenibile o non è sostenibile lo sviluppo proposto. Fare economia, in ultima analisi, significa servire il bene comune.
Ci si potrebbe chiedere: perché cercare nei Vangeli risposte economiche se è abbastanza ovvio come l’insegnamento di Gesù sia prima di tutto religioso e non economico? La risposta è fornita direttamente dal testo che evidenzia gli spunti di riflessione che emergono dalla lettura dei Vangeli. Innanzitutto che Gesù non spinge a disprezzare i beni economici in quanto tali, ma a metterli a disposizione di tutti (Mt 6, 3). Ciò non è in contraddizione con la prosperità economica, purché questa venga organizzata con il proposito di rendere tutti partecipi, evitando di essere considerata fine a sé stessa.
Appare chiaro, quindi – come precisa l’autore – che quanto il Nuovo Testamento ha da dire riguardo l’economia, deve essere trovato non tanto in affermazioni specifiche nella forma di proibizione o indirizzo normativo, ma piuttosto nella raccomandazione di cercare la sovranità di Dio e testimoniare il suo amore sovrabbondante con la buona amministrazione dei beni e delle ricchezze quale servizio e obbedienza alla volontà del Padre, e con la cura dei bisognosi e del prossimo in ogni ambito di vita. La lettura cristiana dell’economia, permette all’uomo di rintracciare e percorrere le strade più opportune per una vera crescita. Queste strade condurranno ad una nuova prassi economica.
È sempre l’autore ad affermare che: rivoluzionaria a livello delle convinzioni e delle motivazioni, la visione cristiana spinge, sul piano dell’azione, alla riforma della realtà socio-economica con la pressione continua della convinzione di fede. In definitiva, la morale economica è un momento della riflessione sulla verità cristiana piuttosto che uno strumento da offrire ai laici, in particolare impiegati nel settore sociale: essa esprime un’esigenza riflessiva della verità creduta e vissuta.
È necessario, oggi più che mai, fermarsi e riflettere. A tale scopo, uno strumento è il volume proposto, che, dal pensiero economico delle prime comunità cristiane arriva a trattare la questione ambientale ed i particolari e specifici temi di un’economia che ha bisogno di trovare la sua vera vocazione. In definitiva, il pensiero cristiano in campo economico, sapientemente delineato da Gianni Manzone, ci fa scoprire come sia sempre una sana antropologia ad essere al centro di ogni discorso di senso intorno al progredire umano. Così facendo si può capire come gli eccessi (rectius le ingiustizie), si originano da una logica egoistica ed utilitaristica che pone al centro il profitto e non l’uomo.
 
 
 

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Domenico De Angelis

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