Chi salva una vita salva il mondo intero. I preti eroi durante la Shoah

L’incredibile storia dei tanti sacerdoti, religiosi, religiose e cattolici che nascosero e aiutarono migliaia di ebrei salvandoli dallo sterminio

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A proposito di come la Chiesa, i vescovi, i sacerdoti, i cattolici di varie associazioni si impegnarono e riuscirono a salvare gli ebrei, ho ricordato la domanda posta da un’insegnante in una delle scuole israeliane a Modi’in, in Israele, dove sono stato invitato a parlare della Shoah ad un gruppo di giovani che andavano a visitare i campi di sterminio in Polonia.

Questa insegnante ha domandato: “Chi è pronto a rischiare la propria vita e la vita dei propri figli o dei coniugi per salvare altre persone in pericolo? Devo rischiare la mia vita e quella dei miei cari per salvare altre persone in pericolo?”.

Queste domande generarono un grande silenzio tra gli studenti, ma l’insegnante non rimase in attesa di una risposta, lei intendeva spiegare l’eroismo e la santità di persone non ebree che hanno rischiato la vita per salvare i giudei perseguitati dai nazisti.

Dopo aver letto migliaia di documenti e libri, ascoltato ore e ore di interviste, insieme al gruppo di ricercatori, che coordino, siamo giunti alla conclusione che in Polonia sono stati più di 1.000 i sacerdoti cattolici che hanno rischiato la vita per salvare il popolo ebraico.

Nel corso della ricerca abbiamo scoperto che proprio nei momenti più oscuri, quando cioè gli ebrei rischiavano l’eliminazione totale, furono 368 i conventi religiosi femminili che aprirono loro le porte per nasconderli e proteggerli. Se si considera che in ogni convento vivevano almeno cinque suore, è facile calcolare che almeno 1840 religiose sono state coinvolte nel salvare vite umane, soprattutto bambini.

E’ ancora da capire come hanno fatto i sacerdoti a svolgere questa opera di assistenza in assoluta segretezza, considerando che ogni prete indossa una tonaca ed è estremamente difficile compiere qualsiasi azione passando inosservato. Inoltre, un sacerdote è sempre un personaggio pubblico, conosciuto nella comunità, quindi anche se non avesse indossato la tonaca era facilmente riconoscibile.

Per rispondere a queste domande abbiamo fatto ricerche nei mesi di luglio e agosto del 2014 nell’archivio dello Yad Vashem a Gerusalemme. Il gruppo di ricercatori ha trovato almeno 115 testimonianze di sopravvissuti all’Olocausto in cui è menzionato un prete cattolico. A leggere tali testimonianze siamo rimasti sorpresi e anche edificati.

In 114 casi i sopravvissuti esprimono giudizi molto positivi nei confronti dei sacerdoti cattolici, come persone che hanno rischiato la propria vita per aiutarli. Essi descrivono in maniera dettagliata i modi e le circostanze in cui sono stati accolti, nascosti, salvati. In alcuni casi abbiamo trovato anche foto e immagini sorprendenti.

In una delle testimonianze, Alicja Heiler descrive la storia di suo fratello, il dottor Stefan Stiefel, che a Krosno (sud della Polonia) ha ricevuto l’aiuto di don Chodorski. La donna racconta che il sacerdote non solo accettò di dare riparo a Stefan, ma gli mise addosso anche la tonaca sacerdotale, per aiutarlo a lasciare la città e nascondersi in uno dei villaggi limitrofi.

Ricorda Alicja Heiler: “Così, mio fratello in un giorno luminoso, a mezzogiorno, ha lasciato Krosno indossando un abito talare. Si mosse in compagnia di Jadwiga Niepokoj e di un’altra persona chiamata Cichocka. Mentre stavano camminando nella strada incontrarono delle donne che secondo le usanze della zona, provarono a baciare la mano di mio fratello, perché lo credevano sacerdote”.

“Nel villaggio – prosegue – era tradizione che il nuovo prete celebrasse messa. A questo punto don Chodorkowski dovette trovare una scusa per evitare che venisse scoperto. Raccontò che mio fratello era un rifugiato della zona di Poznan, che soffriva di una sorta di instabilità nervosa come risultato della repressione operata dai nazisti. In questo modo Stefan rimase con don Chodorski con i documenti contraffatti rilasciati da Cracovia”.

Così il dr. Stiefel è stato salvato dall’Olocausto e dopo la fine della guerra è tornato in Austria dove ha vissuto il resto della sua vita.

Una bella storia, questa, con un lieto fine. Ma purtroppo non tutte le azioni di salvataggio andarono bene. C’è un elenco di circa 30 preti cattolici che sono stati uccisi a causa dell’assistenza che avevano offerto a persone ebree.

Un esempio è don Adam Sztark, un gesuita di Slonim, nella Polonia orientale. Don Sztark ha fornito cibo e denaro agli ebrei, ha firmato falsi certificati di battesimo, ha invitato i parrocchiani a nascondere e aiutare i perseguitati ed ha organizzato l’assistenza di bambini ebrei nei conventi religiosi.

Quando i tedeschi diedero alle fiamme il ghetto dove vivevano gli ebrei e cominciarono a sparare contro quelli che cercavano di fuggire, don Sztark si prodigò per raccogliere e salvare i bambini che si trovavano nelle vie del Ghetto. Li portò nel convento delle Suore dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, dove la sorella maggiore suor Marta e suor Ewa, un medico si presero cura di loro.

Purtroppo, il 19 dicembre 1942, i nazisti trovarono i bambini ebrei nascosti sotto il tetto del convento e li uccisero uno ad uno. Dopo ‘giustiziarono’ don Sztark, suor Marta, suor Ewa e tutte le persone che avevano contribuito a nascondere gli ebrei.

Secondo la registrazione audio di una delle persone della zona, testimone oculare, don Sztark avrebbe potuto salvarsi nascondendosi sotto una macchina, ma rifiutò dicendo che avrebbe offerto la sua vita insieme al popolo. Le due suore, Marta ed Ewa, sono state beatificate da papa Giovanni Paolo II, mentre è in corso il processo per la beatificazione di don Sztark. Il loro è un esempio sublime dell’amore verso gli altri che giunge fino a dare la vita pur di proteggerli.

Ho vissuto in Israele circa 5 anni. Lì ha avuto la possibilità di conoscere molte persone e istituzioni ebraiche tra cui il prestigioso Union Hebrew College, dove avevo studiato ebraico.

In particolare, sono diventato molto amico della Comunità ebraica proveniente dalla Polonia. Ogni anno sono stato invitato a partecipare alla loro riunione annuale. 

Quando ho raccontato del ruolo svolto dai sacerdoti cattolici nel salvare gli ebrei in fuga dal Ghetto, Hana Broder, presidente responsabile del gruppo, ha preso la parola confessando di essere stata salvata anche lei da un sacerdote. La Broder ha raccontato: “Siamo stati nascosti da una famiglia in un luogo detto Morze. Quando la situazione stava diventando molto pericolosa, la donna che ci ospitava andò ad chiedere consiglio ad un sacerdote di fiducia. Il sacerdote le disse: ‘Sono persone innocenti! Se è possibile, dovete tenerli!’. La donna è tornata e ci ha spiegato cosa gli aveva detto il prete. Così siamo rimasti ospiti di quella famiglia fino alla fine della guerra.”

“In questo modo, la mia vita è stata salvata”, ha esclamato Hana Brode.

“Questa storia mi ha aperto gli occhi”. “Conosco bene dove è il villaggio Morze. Ho visto la casa dove è stata nascosta. Sono al corrente delle vicende in cui era stato coinvolto il parroco don Jan Auder, ma non sapevo e non avrei mai immaginato che lui aveva contribuito a salvare gli ebrei. Dovevo andare a Tel Aviv per conoscere la storia esemplare del parroco della mia piccola parrocchia in Polonia”.

Inoltre, questa vicenda dimostra che a volte gli ebrei non conoscevano esattamente chi li stava aiutando. Né sapevano che le persone che li ospitavano erano stati incoraggiati e convinti da parroci, sacerdoti, religiosi. La storia ci sta svelando che tante vite di persone di religione ebraica sono state salvate grazie all’intervento di questi eroi sconosciuti.  

La prima parte di questo articolo è stata pubblicata ieri, venerdì 23 gennaio.

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Paweł Rytel-Andrianik

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