Chi insidia l’istituto familiare minaccia il bene comune, denuncia l’Arcivescovo di Bologna

Durante una conferenza a Cento sul tema “Famiglia Umana e bene comune”

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BOLOGNA, martedì, 20 febbraio 2007 (ZENIT.org).- Il 16 febbraio a Cento, in provincia di Bologna, il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, ha tenuto una conferenza sul tema “Famiglia Umana e bene comune” affermando che l’indebolimento della famiglia monogamica insidia profondamente il bene comune.

Il Cardinale Caffara, che è anche autore del libro “Creati per amare” (Cantagalli 2006, pag. 316, Euro 19,50) ha spiegato che “viviamo dentro una cultura ed una comunicazione sociale nella quale si tende a trasformare ogni desiderio in diritto”.

“Una società nella quale vale il principio: ‘se tu non vuoi, perché devi impedire che io possa?’. Una società cioè nella quale la soggettività individuale, la ricerca del proprio bene-essere diventa il criterio supremo dell’organizzazione sociale, negando che esistano beni umani insiti nella natura della persona umana che tutti devono riconoscere; che esiste un bene umano comune”, ha spiegato l’Arcivescovo.

Dopo aver dimostrato che il principio utilitaristico ha completamente pervaso i nostri rapporti sociali rendendoli “scambio di equivalenti” come nei rapporti economici e nel mercato, il Cardinale Caffarra ha ricordato che “la famiglia intesa come ‘società naturale fondata sul matrimonio’ è la principale nemica di una società che riduca il bene comune all’utilità dell’individuo”.

“Pertanto – ha rilevato l’Arcivescovo – chi indebolisce l’istituto familiare, obiettivamente promuove un’organizzazione sociale dominata dalla ‘regola degli equivalenti’. Insidia cioè gravemente il bene comune”.

Il Cardinale Caffarra, che da anni studia e insegna la dimensione antropologica della famiglia, ha illustrato come “la comunità familiare è dominata dal principio di reciprocità” perché “è costruita sull’affermazione di ogni persona che la compone, in se stessa e per se stessa”.

“Il bambino neonato è amato e ben voluto non per l’utilità che esso offre. L’anziano è custodito e venerato anche se non è più produttivo. Quando un familiare si ammala non viene abbandonato a se stesso”.

Secondo l’Arcivescovo “la vita in famiglia costituisce la prima, originaria socializzazione della persona umana perché la inserisce in un tessuto connettivo costituito dall’affermazione di ogni persona in se stessa e per se stessa, e non per la funzione che esercita”.

In merito al matrimonio monogamico l’Arcivescovo di Bologna ha spiegato che quando due si sposano “promettono di essere reciprocamente fedeli per sempre ‘nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia’, e di amarsi ed onorarsi per tutti i giorni della vita. È il contenuto di questa promessa che costituisce il bene comune della comunità che il vincolo coniugale crea fra l’uomo e la donna”.

Per il Cardinale Caffarra “sono le parole con cui l’uomo e la donna fondano il loro matrimonio ad indicare il bene comune della società coniugale: l’amore, la fedeltà, l’onore e ‘per tutti i giorni della vita’”.

In merito ai figli , l’Arcivescovo ha indicato come “la comunità coniugale è intimamente orientata alla generazione-educazione dei figli” e “Non si tratta solo di un fatto biologico: è un evento spirituale molto profondo. Il figlio ‘apre’ la comunità coniugale all’ingresso di un altro che non è ‘estraneo’, ma è a pieno diritto membro di una vera comunità umana, la famiglia. Essa è in senso vero e proprio la vera culla della società umana, poiché è in essa che l’umanità continua”.

Il Cardinale Caffarra ha quindi parlato del ruolo educativo, “L’uomo – ha affermato – può smettere di fare qualsiasi cosa, ma non di generare ed educare l’uomo. Senza l’educazione il nostro bene comune fondamentale che è la nostra umanità, è destinata a scomparire”.

Ed “È nella famiglia che si imparano gli stili di vita che promuovono nella società il principio della reciprocità, ed impedisce che diventi dominante il principio dell’equivalenza”.

“Se tutto questo è vero, – ha sostenuto l’Arcivescovo – la conseguenza è che chi indebolisce, chi non riconosce la famiglia, obiettivamente non promuove il bene comune”.

Parlando dei molti modi per rafforzare o indebolire, riconoscere o non riconoscere la famiglia, il cardinale si è detto preoccupato di “leggi e istituzioni nuove” che una volta entrate a far parte della vita associata “possono avere conseguenze che non erano quelle desiderate: conseguenze inattese dell’azione intenzionale”.

“Il matrimonio e la famiglia sono di importanza fondamentale per il bene comune – ha sottolineato l’Arcivescovo – la decisione di sposarsi è una decisione ardua; il matrimonio e la famiglia sono oggi particolarmente insidiati nella loro preziosità etica anche da un diffuso utilitarismo”.

Il Cardinale Caffarra ha provato a immaginare cosa potrebbe accadere se lo Stato offrisse una via alternativa per avere quei beni che fino ad ora erano concessi a chi era sposato, un’alternativa che non richiede gli impegni propri del matrimonio.

Il risultato sarà, secondo l’Arcivescovo, “un’ulteriore conferma della mentalità utilitarista e quindi un forte indebolimento dell’istituto matrimoniale rispetto alle ideologie ad esso ostili. In una parola: il bene comune è seriamente compromesso”.

“In una società in cui la norma utilitarista sta pervadendo sempre più profondamente la coscienza, offrire un’alternativa alla famiglia, nel senso che i beni propri di essa si possono raggiungere senza gli impegni che essa comporta, obiettivamente significa persuadere le persone a scegliere secondo la norma utilitarista”, ha aggiunto.

E’ facile arguire, ha suggerito il Cardinale, che il capolinea di questa strada “sarà una persona sempre più sradicata dalla verità e dal bene della sua umanità; una società di estranei gli uni agli altri”, con l’aggravante che “si sta marciando verso questo capolinea dicendo che si sta percorrendo la direzione opposta”.

L’Arcivescovo di Bologna ha poi sottolineato che “come cristiani abbiamo una grande responsabilità in questo contesto poiché abbiamo ricevuto mediante la fede un grande dono. Il dono è l’essere nella Chiesa, l’essere Chiesa. E la Chiesa è l’esperienza di un bene comune che non ha l’uguale”.

A questo proposito il Cardinale ha spiegato che “è la comunione ecclesiale dove ciascuno è responsabile di ciascuno. Certamente, la Chiesa ha una sua originaria specificità. Ma là dove ci sono vere comunità cristiane, piccoli frammenti cioè in cui vive ed opera tutto il grande Mistero che è la Chiesa, esse non possono non diventare creatrici anche di società buone e giuste”.

“Non è l’essere minoranza o maggioranza la preoccupazione fondamentale della Chiesa – ha precisato il Cardinale Caffarra –. Questa è una preoccupazione di chi pensa soprattutto al potere.”

“La nostra preoccupazione è di prendersi cura della nostra umanità. La preoccupazione della Chiesa è di aiutare la persona a realizzare in misura alta la sua umanità”, ha quindi concluso.

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ZENIT Staff

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