Chi è lo Spirito Santo?

Catechesi di monsignor Michele Pennisi alla GMG di Sydney

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SYDNEY, mercoledì, 16 luglio 2008 (ZENIT.org).- “Chi è lo Spirito Santo?”. E’ questa la domanda fondamentale alla quale ha voluto rispondere monsignor Michele Pennisi, Vescovo di Piazza Armerina (Enna), nella catechesi che ha esposto questo mercoledì alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney (Australia).

“Perché questa domanda diventi interessante per noi – ha osservato il presule –, dobbiamo porci un’altra domanda: cosa c’entra lo Spirito Santo con la mia vita, con il desiderio di essere felice, di essere amato e di amare?”.

Al giorno d’oggi, ha riconosciuto, “c’è una distanza abissale fra l’annuncio dello Spirito Santo e i pensieri che si agitano nella nostra frenetica società consumistica in cui si vende e si compra o tra i giovani che si accalcano nelle discoteche immersi nel movimento di corpi, di luci e di rumori”.

Il disagio nel parlare dello Spirito Santo, ha spiegato monsignor Pennisi, “non riguarda solo i cosiddetti ‘lontani’, ma anche tanti giovani che frequentano le nostre parrocchie o i movimenti ecclesiali”, ai quali manca “un’intima esperienza di Dio”.

Tanti ragazzi, ha constatato, “sentono l’estremo bisogno di una sapienza pratica che dia gusto al vivere, una verità ‘calda’ che illumini il cammino, un amore che dischiuda le potenze del cuore e si apra ad un futuro di speranza”.

Purtroppo, migliaia di battezzati non fanno esperienza dell’azione dello Spirito né lo hanno mai invocato; “non godono appieno degli effetti della Pentecoste, perché non hanno instaurato una relazione personale con lo Spirito Santo e vivono un’esistenza cristiana insipida e rassegnata”.

Lo Spirito appare quindi come “un ‘grande sconosciuto’, un ‘dio ignoto’”, “un concetto astratto, fumoso, etereo”.

Se infatti “è più facile vedere in Gesù un amico, è più arduo, invece, accostarsi allo Spirito Santo, a un misterioso dono, apparentemente impalpabile, incorporeo e inconsistente, che rimanda direttamente ad un altro immenso mistero: la Trinità”.

Secondo monsignor Pennisi, l’opera dello Spirito Santo è quella di “rendere continuamente presente il Cristo nella vita degli uomini”.

Accostarsi a Lui significa quindi “entrare nel rapporto fra il Padre e il Figlio e permettere che il loro modo di rapportarsi dia migliore significato alla nostra vita e alle relazioni che essa contiene, con noi stessi, con i fratelli, con il creato”.

Se è necessario conoscere personalmente lo Spirito, ha proseguito il presule, questo non basta: occorre infatti accoglierlo “come guida delle nostre anime, come il ‘Maestro interiore’”.

“Lo Spirito Santo è il grande, unico, immenso Dono, un regalo gratuito del Padre, che, attraverso la Chiesa, rifrange in tanti doni diversi che sono i carismi, come la luce che, a seconda dei corpi sui quali piove, suscita colori diversi. Il Dono unico si divide in tanti doni per tornare a ricomporsi in unità nella Chiesa, per la quale tutti i doni sono dati”.

“Noi non potremmo fare nulla, se non avessimo lo Spirito Santo – ha constatato –. Una persona senza la presenza dello Spirito Santo è come una macchina senza benzina”.

Nella sua catechesi, il Vescovo ha anche ricordato l’importanza della santità, “necessaria al mondo come all’uomo l’aria che respira” e che “discende da una scelta che ogni giorno incrocia la nostra coscienza e la nostra volontà: tras-formato in Cristo o con-formato al mondo?”.

“Siamo capaci di praticare una santità di pensiero, una santità di parole, una santità di opere che testimonino come lo Spirito – che è Santo e ci fa santi – vive in noi?”, ha chiesto. “L’effusione dello Spirito, mediante la quale abbiamo preso coscienza del nostro ‘santo destino’, ci ha veramente innestati nel “cammino di santità” che la Chiesa propone prima di ogni altra cosa?”.

Il secolo nel quale la Provvidenza ci ha posti, ha osservato, “reclama ‘cristiani veramente cristiani’, felici di ‘riconoscersi santi’ nella realtà ideologica e sociale che ci avvolge e ci sconvolge”.

Per questo, è necessario affidarsi allo Spirito, che “toglie dal cuore dei credenti tristezze, polemiche, preoccupazioni, svogliatezze, legami con il peccato, malattie fisiche e spirituali, qualsivoglia angustia che possa appesantire la nostra ‘vista’ del Signore, talvolta sino a rendere i nostri ‘occhi incapaci di riconoscerlo’ (Lc 24, 17)”.

“Lo Spirito è il segreto della Chiesa di oggi come lo è stato per la Chiesa delle origini”, “è l’amore, è colui che riempie le nostre fragilità anche di eroismo, di continuità quotidiane. E’ l’ospite di un cuore che non si sente mai solo, di un amore che non è mai sterile, di una affettività che si allarga all’amore per tutti, soprattutto di chi sperimenta la solitudine”.

“E’ il fuoco che brucia i nostri tradimenti e purifica i nostri pensieri e soprattutto fa battere il nostro cuore per Gesù il pastore, che vorremmo essere per il nostro popolo”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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