Chi è l’Uomo della Sindone?

Aperta una mostra all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

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ROMA, domenica, 24 dicembre 2006 (ZENIT.org).- E’ stata inaugurata ufficialmente a Roma, l’11 dicembre scorso, la mostra permanente sulla Sindone di Torino organizzata dal Master in Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Il titolo è stato scelto per definire i precipui contenuti della mostra, che vuole porre l’attenzione non solo sulla reliquia in sé, ma soprattutto sul vero protagonista della Sindone, nella sua realtà umana e divina.

L’inaugurazione ufficiale è stata presieduta dal Cardinale Pio Laghi, Prefetto emerito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il quale ha tagliato il nastro di apertura ed ha impartito una benedizione per la mostra e per i presenti.

Precedentemente, si è invece tenuto un convegno a cui hanno preso parte alcuni tra i più importanti esperti che si sono dedicati, in questi anni, allo studio della Sindone.

Il professor Bruno Barberis, Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, ha tracciato una panoramica sulla Sindone ed una sua breve storia, dal ritrovamento alle vicende successive, compreso l’incendio nella Sainte-Chapelle di Chambery del 3 dicembre 1532.

L’esperto ha raccontato come questo incendio danneggiò parzialmente la Sindone e come esso possa essere una delle cause che hanno determinato le errate datazioni con il radiocarbonio 14; inoltre ha accennato anche all’incendio del 1997, che distrusse la Cappella della Sindone e che avrebbe bruciato anche il Sacro lenzuolo, se questo non fosse stato spostato poco prima per lavori di restauro.

Il professor Barberis ha quindi illustrato l’attuale sistemazione della Sindone, studiata per porla al riparo dalle aggressioni atmosferiche, del tempo, o di eventuali malintenzionati, oltre ai rischi di incendi.

Il professor Avinoam Danin, Cattedratico di Botanica presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, ha portato i risultati e la sua esperienza nell’analisi botanica dei residui di polline, piante e fibre trovati sulla reliquia.

Già tra il 1973 e il 1978 sono stati riscontrati pollini provenienti da 58 diverse piante fiorifere, che attestano una elevata probabilità della provenienza della Sindone dalla regione Palestinese ed Anatolica.

Il professor Danin ha anche illustrato le specie botaniche da cui probabilmente furono ricavate le spine della cosiddetta corona, tra cui lo Zizyphus Spina Christi, che prende l’attuale nome proprio da questo motivo.

José Palacios Carvajal, Cattedratico e Direttore di Traumatologia presso l’Ospedale ‘La Zarzuela’ di Madrid, ha tracciato invece una analisi medica delle ferite, dei traumi e delle indicibili sofferenze a cui sarebbe stato sottoposto Gesù Cristo alla luce della Sindone.

Ciò che ne risulta è che la flagellazione, avvenuta con ben 120 colpi, fu attuata tramite flagelli con punte di piombo e d’osso; il casco di spine, calcato sul capo, fu tirato con forza verso il basso tramite due cinghie, conficcando le spine sulle principali vene e sui nervi della nuca; i chiodi furono infissi quasi sicuramente sui nervi mediani delle mani e sui nervi dei piedi; ciò portò all’impossibilità di respirare, se non alzandosi facendo leva sulle mani e sui piedi inchiodati, e alla morte sopravvenuta per collasso cardiocircolatorio.

Luigi Mattei, scultore e autore della statua in bronzo realizzata sulla base dei rilievi antropometrici effettuati sulla Sindone, ha parlato della sua particolare esperienza al riguardo, sia come uomo sia come artista.

Mattei ha spiegato che scopo dell’opera d’arte è stato quello di riprodurre l’immagine di ciò che si presume sia il volto e il corpo di Nostro Signore: un’esperienza di pochi, un fatto profondamente coinvolgente, dal punto di vista umano e spirituale.

D’altra parte, ha poi osservato, sebbene di solito si trovi a interpretare la realtà e il personaggio rappresentato, in questo caso l’espressione artistica ha dovuto cedere alla fedele riproduzione tridimensionale dell’uomo della Sindone.

I 200 chili di argilla che ha utilizzato per realizzare il bozzetto, plasmati gradualmente, correggendoli costantemente sulla base dei rilievi, hanno infine portato alla luce quello che dovrebbe essere il vero volto e il vero corpo sofferente di Gesù Cristo. Volto e corpo che Mattei ha poi scolpito nel bronzo, per la prima volta, nell’anno 2000.

L’immagine che ne è risultata è quella di un volto “universale”, che trascende i caratteri razziali e storici, che potrebbe raffigurare un uomo antico come uno contemporaneo, un caucasico come un orientale o un africano.

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ZENIT Staff

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