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"Che l'Armenia sia consacrata al Sacro Cuore di Maria"

Questa la “grazia” domandata al Papa dall’arcivescovo armeno Raphael Minassian, al termine della Messa a Gyumri

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Che l’Armenia sia consacrata alla Misericordia Divina ed al Sacro Cuore di Maria, Madre di Dio, durante il Giubileo. È la “grazia speciale” che l’arcivescovo Raphael Minassian, ordinario per gli armeni dell’Europa dell’Est, ha chiesto a Papa Francesco oggi al termine della Messa in piazza Vartanants a Gyumri.
“Mentre varie regioni del mondo sono bagnate nel sangue di tanti innocenti – ha detto il presule – mentre i cristiani del mondo soffrono il martirio, mentre sono perseguitati, deportati e costretti ad abbandonare terre ed averi alla ricerca di un angolo pacifico, e tra questi ci sono anche tante famiglie armene… mentre il mondo vive spesso nell’indifferenza, vorrei che tramite la Sua preghiera e la Sua benedizione, questa nostra Nazione, questo nostro popolo armeno, in quest’Anno della Misericordia, sia Consacrato alla Misericordia Divina ed al Sacro Cuore di Maria, Madre di Dio”.
Minassian ha poi ringraziato il Pontefice per le sue parole “cariche di affetto e di amore verso il nostro popolo Armeno, che durante i secoli passati, ha dato alla chiesa milioni di martiri e che ancora oggi continua a subire sofferenza e persecuzioni per la propria fede e per la sua appartenenza identitaria”.
“Grazie Papa Francesco per questi momenti così spiritualmente preziosi, offertici”, ha detto; “questo grazie sorge dai cuori dei figli di questa terra martoriata, figli di un popolo che credono ancora nella Risurrezione e che hanno testimoniato e testimoniano ancora la loro fedeltà al Vangelo, anche con il sangue. Figli che hanno messo tutta la loro speranza nella croce, tant’è che sono chiamati adoratori della croce”.
Il popolo armeno – ha aggiunto l’arcivescovo – “testimonia la sua appartenenza al popolo di Dio non solo nel martirio, ma anche nella vita quotidiana, nella famiglia, nella società, nella politica e nella vita vissuta, anche se non sono pochi i problemi da affrontare, a cominciare da quelli legati alla Famiglia, quel nucleo fondamentale della società, che deve combattere i mali e le anomalie del secolo”.
Di qui l’auspicio che la visita del Santo Padre “possa essere seme di una vera unità, ecclesiale e nazionale ed un cammino verso l’unica meta che è quella del Risorto e della sua preghiera Ut unum sint”. Essa, ha sottolineato l’ordinario, è “un atto di amore che ci incoraggia tutti, chiesa, fedeli ed istituzioni, a rimanere saldi nella fede, in quanto figli della prima nazione cristiana al mondo ed a difendere questa nostra appartenenza testimoniando le nostre tradizioni e la nostra identità di popolo che aspira alla pace ed alla fratellanza”.
“Che la Sua presenza fra noi, Santità – sono le parole conclusive di Minassian – sia una scintilla, che ci proietti verso lo sguardo materno di Maria, perché Essa vegli su di noi e ci salvi dalla malvagità del mondo, dai pericoli della guerra, e dalle insidie quotidiane, e mantenga sotto il Suo Manto protettore tutto il popolo armeno, sia nella Madre Patria che nell’Artsakh e nella Diaspora, in modo da non perdere mai la speranza di credere in un mondo migliore e non tradire mai la fede dei nostri avi, che hanno sacrificato la vita in nome di Cristo Risorto”.

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ZENIT Staff

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