Centro Astalli: Cresce l'accoglienza, ma l'integrazione è problematica

Pubblicato il Rapporto Annuale 2015, una fotografia delle condizioni di circa 21mila rifugiati che nel 2014 si sono rivolti all’associazione

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È stato presentato questa mattina, presso la Sala Squarzina del Teatro Argentina, il Rapporto annuale 2015 del Centro Astalli. Una fotografia aggiornata sulle condizioni di circa 21.000 richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2014 si sono rivolti al Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e hanno usufruito dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’Associazione gestisce. 

Per ogni servizio, il Rapporto contiene statistiche e commenti con cui si cerca di raccontare la presenza di migranti forzati che da gennaio a dicembre 2014 sono entrati in contatto con l’Associazione. La crisi economica continua a colpire in modo particolare i più vulnerabili; anche persone che da tempo avevano intrapreso un percorso di autonomia sono state costrette a rientrare nel circuito dell’assistenza. Sempre numerose, tra le persone incontrate, le vittime di tortura, per la maggior parte provenienti da Paesi africani.

Il documento, oltre a presentare un resoconto di un anno di attività del Centro Astalli, vuole essere poi uno strumento per capire quali sono le principali nazionalità dei rifugiati che giungono in Italia per chiedere asilo. Quanti di loro riescono a ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione umanitaria. Quanti hanno rischiato la vita affrontando viaggi per mare o per terra ai limiti della sopravvivenza per giungere in Europa. Il Rapporto annuale 2015 descrive il Centro Astalli come una realtà che, grazie agli oltre 400 volontari, si adegua e si adatta ai mutamenti sociali e legislativi di un Paese che stenta a dare la dovuta assistenza a chi, in fuga da guerre e persecuzioni, cerca di giungere in Italia in cerca di protezione.

Ad arricchire la pubblicazione di quest’anno le vignette di Mauro Biani e i commenti al Rapporto di Mario Calabresi, Enrico Letta ed Enzo Bianchi. A chiudere il Rapporto il testo integrale del colloquio “Le frontiere dell’ospitalità” tra padre Adolfo Nicolás, preposito generale della Compagnia di Gesù e padre Federico Lombardi, direttore Sala Stampa della Santa sede.

Aumentano le domande d’asilo in Italia, ma molti non si fermano

Più nel dettaglio, ciò che emerge dal testo dell’associazione è che, per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, le persone costrette alla fuga nel mondo hanno superato largamente la soglia dei 50 milioni (a metà del 2014 se ne registravano già 56,7). Le gravi crisi umanitarie in corso, prima fra tutte la Siria, hanno fatto crescere il numero delle persone che cercano protezione in Europa. Le domande presentate in Italia sono state 64.886, con un aumento del 143% rispetto all’anno precedente.

Tra le nazionalità maggiormente rappresentate non compaiono né la Siria, né l’Eritrea, che pure sono i primi due Paesi di origine dei 170.757 migranti arrivati in Italia via mare (rispettivamente 39.651 e 33.559 persone). Anche nel 2014, dunque, molti migranti forzati non si sono fermati in Italia, ma hanno proseguito il loro viaggio verso i Paesi del nord Europa. Una parte rilevante delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio erano rifugiati “in transito”, che si fermano solo poche settimane a Roma, vivendo in strutture di accoglienza temporanea o in ripari di fortuna presso le stazioni ferroviarie.

Cresce il sistema di accoglienza, ma l’integrazione resta problematica 

Sempre lo scorso anno si è dovuto far fronte, poi, all’alto numero di arrivi reperendo molti posti in poco tempo, ancora una volta attraverso procedure straordinarie. È però da sottolineare che è stato anche compiuto un importante sforzo di programmazione verso un sistema di accoglienza unitario e con una capienza proporzionata al numero di arrivi prevedibile in base alla media degli ultimi anni: lo SPRAR è stato ampliato fino a 22.000 posti, si prevede nell’anno in corso di arrivare a 40.000 e auspichiamo che possa in un prossimo futuro raggiungere la quota di 60.000 posti, adeguata alle necessità effettive.

Nessuna novità invece rispetto alla programmazione di misure di accompagnamento all’integrazione per i titolari di protezione internazionale, nonostante ci siano alcune sperimentazioni positive. La questione dell’inserimento nel mondo del lavoro e dell’effettiva esigibilità dei diritti sociali, specialmente nel primo periodo di permanenza in Italia, richiede invece riflessione e impegno da parte di tutte le istituzioni competenti, attraverso una cabina di regia in grado di costruire soluzioni concrete e di renderle accessibili.

Al termine del periodo previsto per l’accoglienza i rifugiati si trovano a dover far fronte bruscamente a tutte le necessità, in un contesto in cui trovare lavoro è complicatissimo a causa della crisi e il mercato immobiliare è pressoché inaccessibile. Anche persone che possono contare su un reddito devono ricorrere a soluzioni di fortuna: subaffitti, affitti in nero senza alcuna garanzia o occupazioni.

Il fenomeno dei rifugiati che a Roma vivono in grandi edifici occupati in condizioni igienico-sanitarie proibitive continua ad essere preoccupante per dimensioni e non può essere risolto con interventi episodici. Nel 2014 il Centro Astalli, anche attraverso progetti di accompagnamento specifici che prevedevano l’erogazione di contributi economici, ha cercato di sostenere concretamente il difficile percorso verso l’autonomia di alcuni titolari di protezione internazionale.  

Le famiglie rifugiate fanno ancora più fatica  

Se per un singolo il percorso verso l’autonomia è difficile, quando si hanno dei figli da mantenere le sfide si moltiplicano. Particolarmente critica è la situazione dei nuclei familiari numerosi e di quelli monoparentali. La permanenza all’interno dei centri resta di almeno 12 mesi, ma anche dopo l’uscita la precarietà continua ad accompagnare queste famiglie, che non possono contare su reti di sostegno informali, parentali o amicali. Problematiche del tutto simili interessano quei titolari di protezione internazionale che affrontano le procedure per il ricongiungimento familiare. Al termine di procedure lunghe e costose, la famiglia ricongiunta si trova di fatto sola ad affrontare una situazione del tutto nuova, dal punto di vista economico, ma anche psicologico.

I bisogni dei più vulnerabili rischiano di rimanere senza risposta

Le persone in situazioni di particolare fragilità – vittime di tortura, violenza intenzionale o abusi sessuali – che nel corso dell’anno sono state accompagnate dal Centro Astalli attraverso l’azione coordinata del servizio medico e dello sportello legale sono state complessivamente 556, equamente divise tra uomini e donne. Il compito più difficile resta l’emersione della vulnerabilità. Il disagio di queste persone è spesso silenzioso e rischia di essere sottovalutato o ignorato del tutto.  

La risposta delle strutture preposte resta insufficiente e, nei dolorosi casi di rimpallo tra enti diversi a cui talora assistiamo, sono paradossalmente i più vulnerabili che rischiano di rimanere tagliati fuori dall’assistenza. Speriamo che le linee guida a cui il Ministero della Salute sta lavorando e a cui siamo stati chiamati a dare il nostro contributo concorrano a migliorare la situazione.

Contro la paura, più conoscenza e occasioni di incontro

Il difficile contesto internazionale, gli allarmi continui che arrivano dai media, ma anche la preoccupazione per la crisi economica e l’aggravarsi delle tensioni sociali sono fattori che rischiano di alimentare pregiudizi, valutazioni superficiali e allarmismi ingiustificati sulle migrazioni forzate e di portare a vere e proprie discriminazioni nei confronti degli stranieri e dei musulmani in particolare. Promuovere un’informazione corretta e una maggiore consapevolezza e serenità rispetto a questi temi è da sempre l’obiettivo delle attività di informazione, sensibilizza
zione e comunicazione del Centro Astalli, che nel 2014 hanno conosciuto un nuovo impulso.

Oltre 24.000 studenti sono stati coinvolti nei progetti didattici sul diritto d’asilo e sul dialogo interreligioso in 13 città italiane e alcuni progetti specifici sono stati realizzati per moltiplicare le opportunità di incontro e di approfondimento a Roma e nel Lazio. A maggio 2014, più di 100 iscritti hanno partecipato al corso di formazione La protezione impossibile – L’accesso al diritto d’asilo in Europa, tre incontri nei quali si è parlato delle politiche europee sull’asilo e della necessità di creare canali umanitari per permettere a quanti fuggono da guerre e persecuzioni di giungere in sicurezza in Europa, un tema che oggi, alla luce delle continue stragi di rifugiati nel Mediterraneo, si ripropone in tutta la sua urgenza.

Chi chiede asilo lo chiede a te

La campagna annuale “Chi chiede asilo lo chiede a te” vuole sottolineare l’importanza di un cambiamento culturale che ponga al centro i valori dell’accoglienza e della solidarietà, indirizzando i comportamenti dei singoli cittadini e politiche nazionali ed europee. Quotidianamente, per tutto l’anno, abbiamo toccato con mano che sono sempre numerose le persone che scelgono di dedicare tempo, energie, competenze e professionalità ai richiedenti asilo e rifugiati: nel 2014, nelle 8 città in cui il Centro Astalli opera (Roma, Palermo, Catania, Trento, Vicenza, Napoli, Milano, Padova) ben 446 volontari hanno reso possibili, con il loro impegno, i servizi descritti in questo Rapporto. Molto significativa è anche la disponibilità di più di 15 ordini di Roma che nel corso del 2014 si sono rivolti al Centro Astalli per pensare insieme un progetto di accoglienza per i rifugiati. In un anno circa 20 tra uomini, donne e nuclei familiari sono stati accolti nelle cosiddette “comunità di ospitalità” all’interno di case religiose. Si tratta di progetti di seconda accoglienza, in cui i rifugiati sono accompagnati costantemente nel percorso verso l’autonomia da un gruppo di volontari, che svolgono anche il ruolo di facilitatori nei rapporti con la comunità che accoglie.

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ZENIT Staff

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