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Carrón: “Con la Laudato si’, il Papa ci chiama a una conversione interiore”

Intervenendo a Napoli assieme a Mazzarella, Polito e Bersani, ad un dibattito sull’enciclica, il presidente di CL afferma: “Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia”

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Il dialogo tra credenti e non credenti ha conosciuto negli ultimi mesi vivaci sviluppi in seguito alla pubblicazione della lettera enciclica di papa Francesco Laudato si’. Sulla cura della casa comune.

Su tali spunti Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia teoretica presso l’Università di Napoli “Federico II”, ha voluto proporre un confronto, invitando, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, due autorevoli recensori del documento: l’onorevole Pierluigi Bersani e il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Julián Carrón.

Presentando il testo papale, Mazzarella ne ha individuato il nucleo teologico nella riflessione sullo “sguardo di Gesù”. Francesco sottolinea che, facendo “propria la fede biblica nel Dio creatore”, Cristo “mette in risalto un dato fondamentale: Dio è Padre”; invita, pertanto, “a riconoscere la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature” e a ricordare “con commovente tenerezza come ciascuna di esse è importante ai suoi occhi”.

Nucleo politico dell’enciclica, ha rilevato il filosofo, è invece quella dottrina sulla “cura della casa comune” da intendersi non solo come “ecologia della natura, ma soprattutto ecologia della natura umana”: lo strapotere tecnocratico accentua l’“inequità planetaria” economica e sociale e genera, così, una vera “crisi antropologica”.

“La soluzione ai danni della tecnica non può, dunque, essere nella tecnica stessa, ma in una conversione dell’uomo, che lo renda consapevole, come osserva il Pontefice, che della casa comune è amministratore e non signore”. Con tale invito, ha concluso Mazzarella, Francesco si conferma “vero pontifex, costruttore di ponti, verso la trascendenza a noi più vicina, quella dell’amore verso l’altro”.

La ‘politicità’ della Laudato si’ è stata evidenziata anche dal moderatore del dibattito, l’editorialista del Corriere della Sera, Antonio Polito, che ha invitato Bersani ad una riflessione sul richiamo papale ad un “approccio ecologico che sia al contempo sociale, per ascoltare tanto il grido della terra quanto quello dei poveri”. Il deputato del PD ha rilanciato l’importanza di una declinazione politica dello sguardo universalistico dell’enciclica, che parte dal cuore del mondo e si immedesima in quello dei poveri.

“Allo stesso modo dell’antropologia francescana – ha detto – la buona politica deve avere la pretesa di creare un uomo migliore; ma, per far ciò, deve fare in modo che egli non ceda alla tentazione di ubriacarsi di sé. La politica indulge spesso agli ingenui ottimismi, fingendo di ignorare che nel cuore dell’uomo c’è una belva, che si sveglia se non impariamo a tenerla a bada tutti i giorni”. Bersani ha riconosciuto il coraggio di papa Francesco nello sfidare “critiche e borbottii” su tale tema: contro lo scientismo imperante, il pontefice ha messo in guardia sulla dipendenza della tecnica dal mercato, i cui interessi mettono sempre più spesso in pericolo l’umana dignità.

Polito ha poi interrogato Carrón sul monito lanciato dal papa nella sua lettera: “Se “i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi”, la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia anche alcuni cristiani impegnati spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente”.

Per il presidente di CL tale rilievo spinge ad andare a fondo della pretesa cristiana come avvenimento che coinvolge ogni aspetto dell’esistenza: “Se il cristianesimo non è in grado di generare uomini che si mettano nel reale con una modalità nuova, data dalla fede, di rispondere a tutto, il cristianesimo perde il suo fascino”.

Bergoglio rilancia, in tal senso, l’esigenza di una conversione, che distrugga l’umana pretesa di farsi padrone e sfruttatore della natura. “Non abbiamo bisogno – osserva Carrón – di un rapporto di competizione con la realtà, ma, al contrario, di mutare il nostro sguardo su di essa, in modo da generare uomini nuovi. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia”.

La “sobrietà” e la “cura” che il Papa indica come necessari a tale cambiamento nascono da un atteggiamento di “stupore” e “meraviglia” verso il creato, la cui importanza fu sottolineata da don Luigi Giussani: “Se io spalancassi per la prima volta gli occhi in questo istante uscendo dal seno di mia madre, io sarei dominato dalla meraviglia e dallo stupore delle cose come di una ‘presenza’. Sarei investito dal contraccolpo stupefatto di una presenza che viene espressa nel vocabolario corrente dalla parola ‘cosa’. Il che è una versione concreta e, se volete, banale, della parola ‘essere’. Lo stupore, la meraviglia di questa realtà che mi si impone, di questa presenza che mi investe, è all’origine del risveglio dell’umana coscienza”.

Solo se si ridesta in questa maniera, ha concluso don Carrón, l’uomo non cerca di riempire il vuoto del proprio cuore con il possesso delle cose, ma avverte che “tutto è piccino per la capacità del suo animo. Trovare Uno che è in grado di riempire il cuore è la vera conversione”.

Proprio nella riflessione papale sulla sobrietà e sulla cura, riferita alla gestione degli spazi pubblici e al consumismo, Polito ha indicato un tema su cui la politica – e in particolare la sinistra – può sentirsi sfidata ad una maggiore incisività di azione.

Bersani ha riconosciuto, in tal senso, una “preziosa consulenza” nell’invito, lanciato da Francesco a rivolgere lo sguardo alle periferie: “Col desiderio di promuovere e vivere quella volontà di partecipazione alla radice del Concilio, il Papa ricorda all’Occidente che le periferie, territoriali, culturali e sociali, stanno crescendo a dismisura, e la modernità si muoverà da lì”.

Tuttavia, ha osservato il moderatore in chiusura dell’incontro, come può un così forte discorso sulla natura non entrare in contrasto con il proclama biblico della centralità dell’uomo nel creato? Per Carrón la dignità che il cristianesimo, più di ogni altra religione, riconosce all’uomo, trova realizzazione proprio nel “collaborare con Dio a migliorare la creazione, attraverso il lavoro e l’impegno. Questo rimane per noi una sfida sempre da imparare: la nostra azione deve essere sempre in continuità con il disegno divino di amore, per cui la realtà è da rispettare”.

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ZENIT Staff

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