Cardinale Vanhoye: la Nuova Alleanza di Cristo trasforma il cuore

Esercizi spirituali in Vaticano per la Quaresima

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 13 febbraio 2008 (ZENIT.org).- La Nuova Alleanza portata da Cristo trasforma il cuore, ha spiegato il Cardinale Albert Vanhoye negli esercizi spirituali al Papa e ai membri della Curia romana.

La Lettera di San Paolo agli Ebrei, analizzata dal Cardinale questo mercoledì, stabilisce uno stretto legame tra il sacerdozio di Cristo e la Nuova Alleanza, di cui Gesù è mediatore.

Nel testo, ha affermato secondo quanto riportato dalla “Radio Vaticana”, si annunciano le quattro basi dell’Alleanza: “primo aspetto, la Nuova Alleanza sarà interiore e non esteriore. Secondo aspetto, sarà una relazione di perfetta appartenenza reciproca tra Dio e il popolo. Terzo aspetto, non sarà un’istituzione collettiva, ma sarà una relazione personale di ciascuno con Dio. Quarto aspetto, questa relazione sarà fondata sul completo perdono dei peccati”.

Nell’Ultima cena, “quando istituisce l’Eucaristia, Gesù prende il calice e dice: ‘Questo è il mio sangue dell’alleanza’ – ha ricordato il Cardinale –. La Nuova Alleanza doveva essere fondata nel sangue: un sangue versato per molti in remissione dei peccati, secondo la promessa della Nuova Alleanza”.

Se la Nuova Alleanza viene fondata sul sangue di Gesù, ricorda l’emittente pontificia, “ci rinnova completamente e ci mette in relazione profonda con Dio per mezzo di Cristo”.

E’ proprio per stabilire un’alleanza che si celebrano le nozze di Cana, oggetto della seconda meditazione di questo mercoledì mattina. Come ha ricordato il Cardinale Vanhoye, infatti, nell’Antico Testamento l’Alleanza tra Dio e il suo popolo è presentata come delle nozze, così come l’idolatria assume i contorni di un’infedeltà, di un adulterio.

La gloria di Gesù, manifestata nel suo primo miracolo, è per il porporato la gloria dello sposo.

“Un commento patristico – ha aggiunto – spiega che adesso non è più l’ora di Maria, cioè il tempo in cui la Madre deve guidare il Figlio nella vita, è l’ora di Gesù, l’ora in cui Gesù deve prendere l’iniziativa e realizzare il piano di Dio. Gesù non deve più obbedire a Maria, deve prendere in mano la propria missione di Messia”.

A Cristo sono state dedicate anche le due meditazioni di martedì mattina: “Cristo sommo sacerdote degno di fede” e “Cristo sommo sacerdote misericordioso”.

Nella prima, il Cardinale francese ha sottolineato che Gesù si è reso in tutto simile ai fratelli per divenire sommo sacerdote misericordioso e degno di fede.

“Queste due qualità devono essere presenti necessariamente insieme per fare un sacerdote – ha osservato –. Un uomo, pieno di compassione per i fratelli ma non accreditato presso Dio, non potrebbe esercitare la mediazione sacerdotale, stabilire l’alleanza”.

“Nel caso inverso – ha aggiunto –, un essere accreditato presso Dio, ma a cui mancasse il legame di solidarietà con noi, non potrebbe essere il nostro sacerdote”.

Nella sua seconda meditazione, “Cristo sommo sacerdote misericordioso”, il Cardinale Vanhoye ha illustrato la qualità della misericordia, che in Cristo è permeata di umanità e partecipazione alla sorte degli uomini.

Secondo il porporato, non si tratta “del sentimento superficiale di chi si commuove facilmente”, ma “di una capacità acquisita attraverso l’esperienza personale della sofferenza”.

“Bisogna essere passati attraverso le stesse prove, le stesse sofferenze di coloro che si vogliono aiutare. Cristo sa compatire perché è stato provato in tutto come noi”.

La Lettera agli Ebrei, afferma il porporato, mostra che Cristo è il vero e unico sommo sacerdote, in modo assai diverso da quello del sacerdozio antico. Anziché servire Dio con sacrifici rituali, Gesù lo fa nelle relazioni umane.

“L’atteggiamento generoso di Gesù mediatore è stato di accogliere pienamente la solidarietà umana. La sofferenza esisteva. La morte, il peccato esistevano. Gesù è sceso in questa miseria umana offrendo il proprio amore. Ha fatto della sofferenza, della morte un’occasione di amore estremo”, ha constatato.

“E così è divenuto sommo sacerdote perché ha tracciato una via della nuova alleanza, la via della comunione con Dio ritrovata per noi peccatori”.

La solidarietà con i fratelli, ha indicato il Cardinale, è dunque il modo in cui anche noi possiamo partecipare al sacerdozio di Gesù.

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ZENIT Staff

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