Cardinale Rodríguez Maradiaga: “Il Vangelo è solidarietà”

Intervista all’Arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis

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di Jaime Septién e Omar Arcega

QUERÉTARO, luglio 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis, condivide in questa intervista con i lettori di ZENIT una serie di riflessioni sull’istituzione di aiuto cattolico che presiede, sulla giustizia e sul documento diffuso dalla Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e del Caribe, svoltasi ad Aparecida (Brasile) nel 2007.

Carità e globalizzazione sono compatibili?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Non solo sono compatibili, ma la carità deve globalizzarsi. Cristo ci ha lasciato l’amore per il prossimo; Giovanni Paolo II ci diceva che in un mondo in cui si globalizza solo l’economia bisogna globalizzare la solidarietà, e la più grande dimostrazione di solidarietà è l’amore.

Qual è la responsabilità dei Paesi sviluppati nei confronti di quelli sottosviluppati?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: E’ la corresponsabilità. Deve essere in due direzioni, dei Paesi sviluppati nei confronti di quelli sottosviluppati e viceversa. Non si tratta di aiuti umanitari, come vengono chiamati per paura di pronunciare la parola ‘carità’; sembra che questo concetto venga svalutato.

La prima cosa che ci ha detto Benedetto XVI è che “Dio è amore” e non dobbiamo avere complessi di inferiorità a chiamare le cose con il loro nome: la carità è il vertice del cristiano, è la cosa più grande.

Dove si uniscono le parole solidarietà e Vangelo?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Già di per sé il Vangelo è solidarietà, è la Parola fatta carne che viene a farsi uno di noi e diventa Buona Novella, diventa Vangelo. Nel primo volume di “Gesù di Nazaret”, il Santo Padre dice che il Regno non è un luogo, non sono cose, ma è una persona, è il Signore Gesù. Lì siamo tutti riuniti: solidarietà, carità e Cristo.

Qual è la relazione tra giustizia e ambiente?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: La campagna che si svolge a Caritas Internationalis non è semplicemente ecologia, perché in nome dell’ecologia si cade nell’ecologismo, che è solo un’altra ideologia, spesso pervertita in panteismo, che diventa anche anticristianesimo.

Alla Caritas parliamo di giustizia nei confronti della creazione, giustizia per l’ambiente. Il vertice di Copenhagen, purtroppo, è stato un fallimento perché i grandi del mondo non si vogliono impegnare nella loro responsabilità nei confronti del creato.

Per questo la Caritas sostiene che non si tratta solo di preoccuparsi per l’ambiente, è anche giustizia nei confronti della creazione. Dio ci ha messo tra le mani la creazione non per essere despoti, né per essere abusatori. Ha messo nelle nostre mani la creazione come amministratori. Non possiamo ereditare un mondo depredato, dobbiamo ereditare una creazione amministrata adeguatamente con giustizia.

In quali luoghi del mondo ci sono punti caldi nel rapporto tra giustizia e pace?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: E’ difficile dire dove si trovi la frontiera, perché lo diceva già il documento di Puebla: nel cuore di ciascuno passa una linea di frontiera tra il bene e il male, in ogni luogo troviamo purtroppo che il mistero della disuguaglianza si mantiene attivo, è una delle cose su cui dobbiamo sempre vigilare, per poter identificare quello spirito maligno e sconfiggerlo con il bene. Credo che in tutte le parti del mondo si possano trovare coloro che desiderano compiere il bene e quanti godono del male. Per questo la chiamata alla conversione è per tutti, non possiamo segnalare nessuno. Dobbiamo prendere ciò che ci spetta di questa chiamata alla conversione.

Che ruolo dobbiamo svolgere noi cattolici affinché giustizia e pace procedano insieme?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: In primo luogo dobbiamo renderci conto che la carità e la giustizia non sono concetti opposti. Nella sua prima Enciclica, Papa Benedetto XVI ci parla di questo. Negli anni Settanta, quando tutte le ideologie guardavano verso il socialismo, si diceva “Non si deve dare per carità ciò che spetta per giustizia”. Ci si sbagliava: la giustizia e la carità procedono unite.

Quando c’è giustizia arriva la pace, che non si può costruire nell’ingiustizia, nell’odio.

In base alla sua esperienza, noi cattolici siamo consapevoli della dimensione sociale della Chiesa?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Credo che la consapevolezza ci sia, ma deve essere educata. La comunità cristiana deve essere formata in ciò che significa la dimensione sociale della carità. Questa formazione è necessaria perché le ideologie che dominano nel mondo vanno nel senso opposto.

Lo stesso Santo Padre ci ha parlato dell’individualismo, tendenza contraria al Piano di Dio, che è salvarci in comunità, in popolo di Dio. Ciò ha implicazioni sociali molto profonde. Non si può dire che si ama Dio che non vediamo se non amiamo il prossimo che invece vediamo. Per questo la Chiesa ci ha dato il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, non come un altro libro, ma come una materia pendente per tutti i battezzati, che dobbiamo interiorizzare per poi metterla in pratica.

Come rispondere a quanti definiscono le politiche della Caritas assistenzialistiche, intendendo l’accezione più negativa del termine?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Quanti parlano di assistenzialismo non hanno mai dato neanche un centesimo per servire il prossimo, l’ho potuto verificare. Parlano e disprezzano, ma non collaborano. Una persona che sa che cosa significa amare il prossimo e servirlo anche con una piccola elemosina non parlerebbe mai di assistenzialismo. Chi non assiste neanche se stesso continui pure a parlare di assistenzialismo.

Il Santo Padre parla dell’importanza dell’assistenza cattolica, ma conosciamo alcune Caritas diocesane in Europa in cui c’è solo professionalizzazione e si perde lo spirito d’amore, puntando esclusivamente all’aiuto efficace. Come conciliare l’aspetto morale e l’efficacia dell’aiuto?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Nell’ultimo congresso con tutte le Caritas europee abbiamo toccato questo tema. Quelle che si sono lasciate prendere dall’idea che servire alla Caritas sia solo un altro impiego sono poche; la maggior parte delle Caritas viene da Paesi che non hanno molta prosperità economica, per cui la Caritas non è una fonte di impiego perché la maggioranza delle persone che vi partecipano è composta da volontari. In Spagna, ad esempio, ci sono 6.000 parrocchie organizzate e in ciascuna lavorano centinaia di volontari. Il nostro compito è dare loro la teologia della carità perché si comprenda che non siamo solo un’altra ONG, ma un’organizzazione di fede, ed è per fede che serviamo il prossimo con amore.

Per unire amore e aiuto efficace ci sarà una risposta adeguata nella prossima assemblea, a maggio dell’anno prossimo.

Che ruolo svolge il volontariato all’interno della Caritas?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: E’ fondamentale. La Caritas non potrebbe esistere senza il volontariato, perché molti pensano che serva solo per far fronte alle emergenze. Questo è uno degli aspetti, ma la funzione principale della Caritas è educare ogni cristiano nelle dimensioni sociali dell’amore, mostrare che non ci si può chiudere e vivere il proprio cristianesimo in modo individualista.

Tutti i programmi educativi sono prioritari, e tutte le Caritas hanno programmi di formazione e di educazione per i cristiani. L’ideale è che tutte le parrocchie possano organizzare anche la propria pastorale sociale, nella quale si inserisce la Caritas.

Quali caratteristiche deve avere la Caritas del XXI secolo?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Le stesse che ha dall’inizio, perché la Caritas è amore, e l’amore non cambia, piuttosto deve aumentare. Se c’è una caratte
ristica, dovrebbe essere quella di amarci ora più di prima, perché nelle cose di denaro chi ha molto denaro e dà molto denaro resta senza niente; nelle cose relative all’amore, chi ne ha molto e ne dona molto ne ha ogni giorno di più.

Il Piano di Dio è che di fronte alla creazione siamo amministratori, di fronte a Dio siamo figli e di fronte al prossimo siamo fratelli. Il mondo prende Dio come un nemico, il prossimo come un avversario, vede la creazione con un senso di sfruttamento. Questo deve cambiare; dobbiamo essere più corresponsabili, più solidali e più pieni di amore.

Ad Aparecida si è parlato di un cambiamento di epoca. Dopo tre anni da quell’incontro, a che punto è la missione permanente?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Procede con velocità diverse. In alcuni luoghi il primo anno è stato dedicato allo studio del documento, e ci sono stati progressi in molte Diocesi e indifferenza in altre. Ci sono persone che non si sono ancora rese conto di Aparecida.

Vorrei che sentissimo tutti la necessità di vivere questo documento perché è prezioso, e vi vediamo l’ispirazione del Signore. E’ già stato effettuato il lancio ufficiale della Missione Continentale, che sarà un processo. In alcuni luoghi dà buoni frutti, uno dei quali è la corresponsabilità tra le Diocesi. Non possiamo pensare che la Diocesi sia un pascolo recintato in cui nessuno si può muovere, perché le frontiere dell’amore non sono barriere. Nel nostro continente c’è più consapevolezza di responsabilità.

Il progetto si baserà fondamentalmente sullo zelo pastorale dei Vescovi e dei sacerdoti, perché il laicato è disposto, ma abbiamo bisogno che i pastori siano pieni del cuore di San Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo”.

C’è un tema importante: la conversione pastorale…

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Per me una delle cose migliori sottolineate ad Aparecida mette il dito nella piaga. Dopo il Vaticano II abbiamo fatto sempre la stessa cosa. Lo Spirito Santo non lavora così. La prima cosa che vuole fare lo Spirito è “disinstallarci”. Un sacerdote in una parrocchia che fa sempre lo stesso finisce per non far niente, perché questo cambiamento di epoca ci chiede cose diverse.

A Santiago del Cile è stata compiuta un’indagine. In una scuola si chiedeva ai bambini di disegnare la Chiesa, e c’era un denominatore comune: tutti i templi erano chiusi, il sacerdote non appariva mai. I bambini ci dicono molte cose.

Aparecida sottolinea la formazione nella fede, cioè la catechesi, ambito in cui troviamo una delle lacune nella pastorale. Nelle mie parrocchie ho chiesto: “A che punto è l’educazione nella fede?”. E rispondono: “Che cos’è?”, altri “Non abbiamo scuole cattoliche”.

Per la Chiesa, il parroco è il primo responsabile dell’educazione nella fede dei suoi fedeli, e il direttorio della catechesi ci dice che deve essere un’educazione progressiva e sistematica della fede; questo non avviene, la catechesi è episodica e pre-sacramentale, molte volte così elementare che si trovano catechisti che sono ottime persone ma danno una formazione carente. Una delle linee della conversione pastorale è che il parroco deve sentirsi il primo responsabile della formazione dei propri fedeli. Non c’è ancora consapevolezza di questo.

E’ vero che in molti Paesi la Chiesa è diventata clientelare?

Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga: Tutto il continente ha questo problema. Uno dei grandi difetti della pastorale è che non siamo arrivati a evangelizzare la politica e i politici. Quando alcuni di quelli che si definiscono buoni cristiani entrano in politica, la prima cosa che dimenticano è il Vangelo.

Io ho fondato un’università cattolica che ora ha 14.000 studenti. Con molti sforzi abbiamo creato una facoltà di Scienze Politiche e non si è iscritto nessuno, perché non si pensa che per essere un politico serva formazione; tutti pensano semplicemente che bisogna essere furbi. Bisogna formare politici autentici.

Non ci sono molti politici disposti a dare la vita per il Regno, ma ce ne sono abbastanza che soccombono di fronte al denaro facile. Quando si tratta di restare al potere non importa se si calpesta una costituzione. Siamo ancora all’inizio di una politica del bene comune.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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