Cardinale Caffarra: l’eutanasia neonatale, un attentato ai principi di autonomia e uguaglianza della democrazia

Intervenendo a Bologna al Convegno scientifico nazionale dal titolo “Decidere in neonatologia”

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ROMA, venerdì, 8 dicembre 2006 (ZENIT.org).- Il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, sostiene che l’eutanasia neonatale, motivata dalla previsione di gravi handicap per il bambino, attenta a due “dogmi fondamentali” della modernità, nonché “pilastri” della democrazia: l’autonomia e l’uguaglianza.

Il 7 dicembre presso l’Aula Magna “Nuove patologie” del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, il porporato ha tenuto una lezione magistrale sul tema: “Eutanasia neonatale: proposta di riflessione etica”.

Il contesto è stato offerto dal Convegno scientifico nazionale dal titolo “Decidere in neonatologia”, promosso dal Dipartimento Salute della Donna, del Bambino e dell’Adolescente, dell’Azienda Ospedaliero-universitaria di Bologna in collaborazione con l’Associazione Medicina e Persona, l’Associazione Medici Cattolici Italiani e l’Accademia nazionale di medicina.

All’inizio del suo intervento, l’Arcivescovo di Bologna ha ricordato come per eutanasia neonatale si intenda la decisione di porre fine alla vita di un neonato in previsione di un futuro gravemente handicappato e quindi di grave sofferenza, che di norma si applica ai bambini di bassa età gestazionale, poiché sono questi neonati che vanno incontro più degli altri a gravi disabilità.

L’intervento eutanasico, ha continuato, può consistere sia nella sospensione delle cure normali, per esempio staccando il ventilatore o sospendendo l’alimentazione, al fine di impedire la sopravvivenza del disabile, tanto da assumere il profilo di una “rianimazione selettiva, sia somministrando un preparato che anticipa volutamente la morte.

A questo proposito, il Cardinale Caffarra, citando uno studio del dottor Franco Bagnoli, ha tenuto a precisare che sussistono tuttavia molte incertezze nelle diagnosi neonatali e nelle prognosi a lungo termine: “Il 50% e più di bambini nati fra la 23.ma e 25.ma settimana di età gestazionale, il cui peso si aggira fra 400-600 grammi, ha uno sviluppo neurologico e fisico senza gravi deficit neurologici”.

Il porporato è quindi passato a riflettere su la “posta in gioco” in tutta questa problematica, spiegando che a suo avviso legittimare la giustificazione dell’eutanasia neonatale e/o della rianimazione selettiva “significa obiettivamente inferire un vulnus grave ai due pilastri fondamentali del profilo democratico che abbiamo voluto dare alla nostra convivenza civile: l’autonomia e l’uguaglianza”.

“Autonomia significa che ciascuno ha diritto di vivere secondo la propria concezione di vita buona – ha detto –. La sensatezza/insensatezza della vita di ciascuno non può essere decisa da un estraneo secondo parametri o standards propri di felicità/infelicità”.

“Autonomia significa in primo luogo indisponibilità [della vita] di ciascuno nei confronti di ciascuno, e quindi impossibilità di imporre un giudizio proprio – secondo criteri di senso/ non senso – ad un altro in ordine al suo vivere”, ha poi aggiunto.

Alla luce di ciò, “la legittimazione dell’eutanasia neonatale ha il significato obiettivo di conferire ad alcuni un jus necis et vitae [diritto di vita e di morte, ndr.] su altri in base ad un loro giudizio morale sul destino naturale di una nascita”.

“Che la ferita inferta all’autonomia implichi una ferita inferta all’uguaglianza fra le persone umane, non ha bisogno di dimostrazione. Alcune persone hanno il diritto di pronunciare una sentenza di morte in base alla propria concezione di vita sensata o non sensata”, ha osservato.

“Una persona è giudicata meritevole o non di essere conservata in vita in base a criteri stabiliti da altri, sui quali essa non può pronunciarsi”, ha proseguito.

Il Cardinale Caffarra ha quindi affermato di scorgere in questo posizione “il segno inequivocabile della ‘tirannia dell’utilitarismo’ nella dottrina e nella regolamentazione della vita umana associata”, per cui l’uomo viene ridotto a “funzione sociale” e si vede negare “il suo carattere e la sua dignità di persona”.

Il porporato ha di seguito dichiarato fermamente che “è gravemente ingiusto porre fine alla vita di un neonato, sempre e comunque. Per una semplice ragione: ogni persona ha la stessa dignità nel suo essere di ogni altra persona, e nessuna ha il diritto di decidere se un altro deve/non deve vivere”.

“Esistono solo due obiezioni possibili a questa posizione: negare la dignità ontologica di persona al neonato; negare l’uguaglianza nella dignità ontologica fra le persone”, ha osservato.

Tuttavia, ha proseguito, “non è difficile mostrare che queste due affermazioni sono difficili da sostenere teoreticamente, e gravide di conseguenze pratiche contrarie al ‘comune senso morale’”.

“In sostanza, la giustificazione etica e giuridica della eutanasia neonatale, per essere coerente deve fare propria la tesi secondo la quale nella comunità che chiamiamo umana ‘non si deve entrare per procreazione o nascita, ma piuttosto per autocoscienza o cooptazione attraverso gli altri membri di questa comunità’”, ha sottolineato.

Inoltre, “la legittimazione dell’eutanasia neonatale contribuirebbe ulteriormente a quella mutazione sostanziale della professione medica, che non può non avere effetti negativi sul bene comune di una società”.

“La professione medica sarebbe sempre meno univocamente orientata, finalizzata alla difesa della vita”, ha affermato.

Sulla base di quanto osservato, il Cardinale ha detto che il problema dell’eutanasia neonatale è un grave “campanello di allarme”: “L’uomo ha come tagliato il contatto con se stesso, affidandosi sempre più esclusivamente al gioco delle opinioni circa se stesso”.

Ciò a cui si assiste, ha continuato, è che le “basi umanistiche della nostra convivenza” plasmate per lo più dalla fede cristiana e gli “istituti giuridici generati dall’idea cristiana di persona” si vanno “progressivamente erodendosi nella mente di tanti”.

“Ci potranno salvare dalla disgregazione – destino di una società fatta da stranieri morali – regole meramente procedurali condivise?”, si è quindi domandato lanciando poi un invito: “Ricominciamo a guardare con occhi puri la realtà: radichiamoci consapevolmente nella Tradizione cristiana”.

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ZENIT Staff

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