Cardinal Poupard: le cause dell’allontanamento da Dio vanno ricercate nelle profondità del cuore umano (Parte II)

Intervista con il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura

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Di Viktoria Somogyi

BUDAPEST, domenica, 17 dicembre 2006 (ZENIT.org).-
Secondo il Cardinale Paul Poupard investire sulla formazione della persona umana, prima nella sua dimensione interiore, morale e poi intellettuale e fisica, significa gettare le basi per una società sana.

Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso sostiene che attraverso questo percorso educativo e un “rinnovamento interiore” di governanti e cittadini è possibile apportare dei cambiamenti nella vita pubblica.

La prima parte dell’intervista è stata pubblicata il 15 dicembre.
A suo avviso, in che modo la vita pubblica, sia politica che istituzionale, potrebbe permearsi di una solida visione etica?

Card. Poupard: La risposta è riconducibile alla questione dell’imperscrutabile mistero del cuore umano. Esso soffre un’inquietudine, come lo ha già affermato sant’Agostino, finché non trova Dio. Ed è questo stato di inquietudine che, se non viene indirizzato verso una scoperta di Dio Amore, crea anche disordine, discrepanze tra popoli, culture e religioni, segnate poi dalle ingiustizie e dalle guerre. La vita pubblica, in questo senso, rispecchia spesso lo stato del cuore degli uomini: dei semplici cittadini e dei governanti. Ecco perché Giovanni Paolo II richiamava spesso l’attenzione dei politici, dei pastori, dei docenti universitari e dei giovani, sull’esigenza di essere uomini di coscienza. Le parole del Papa pronunciate nel 1998 sintetizzano bene l’idea di cui parlo: « il vero rinnovamento dell’uomo e della società si opera sempre mediante il rinnovamento delle coscienze. Il solo cambiamento delle strutture sociali, di quelle economiche e politiche – benché importante – può tuttavia dimostrarsi un’occasione non sfruttata, se dietro ad esso non ci sono uomini di coscienza. Sono loro infatti a far sì che l’insieme della vita sociale venga in definitiva formato secondo le regole di quella legge, che non è l’uomo a darsi, ma che egli scopre “nell’intimo della coscienza, alla cui voce deve obbedire» ( Gaudium et spes, 16).

Da questo richiamo scaturisce un imperativo di evangelizzazione che non deve escludere gli uomini della politica, dello spettacolo, dei media, e di varie istituzioni educative, ma che deve saperli incontrare. Il Convegno che abbiamo voluto organizzare qui a Budapest, non vuole limitarsi solo ad un dibattito accademico, ma mira a indicare l’importanza di questa dimensione etica, senza la quale il nostro Continente rischia di immergersi in nuovi conflitti e ingiustizie. L’Europa è sottoposta a diversi processi di trasformazione, ma essi non possono sostituire la nostra missione di annunziare il messaggio di Cristo che rende uomo un essere etico. Questo annunzio evangelico oggi richiede un nuovo coraggio ed entusiasmo, ma è la strada che porta al ritrovamento, anche nella vita pubblica e politica dell’intero Continente, oltre che dei singoli Paesi. Esso induce anche alla scoperta dell’uomo di coscienza, che è uomo di etica. Senza le persone disposte ad aprire i loro cuori ad un rinnovamento interiore, l’etica rischia di essere un elemento marginale della vita considerato un fastidioso fardello, anziché un importante fattore.

Diversi paesi dell’Europa stanno vivendo una fase di transizione che coinvolge anche le direttrici del loro sistema educativo: quale è il messaggio che la Chiesa dovrebbe trasmettere in questo momento e, soprattutto, in che modo potrebbe essa agire per agevolare la diffusione delle sue tesi nel dibattito politico dei singoli Paesi?

Card. Poupard: Direi che di solito le fasi di transizione, non solo nel campo educativo ma in generale, sono particolarmente difficili, perché spesso segnate dalle tensioni delle strutture istituzionali e anche mentali del passato, che si scontrano con le esigenze orientate verso un futuro. I sistemi educativi in tale contesto risentono maggiori disagi, e non solo per il fatto che devono far fronte all’enorme sforzo di rivedere l’insegnamento delle materie, nei loro metodi e spesso anche nei contenuti essenziali della storia e dell’ermeneutica, ma soprattutto perché i bambini e i giovani ai quali è indirizzato tale insegnamento facilmente diventano vittime delle incertezze istituzionali.

Il processo educativo, infatti, non è una semplice trasmissione di dati utili, ma è una formazione della persona umana, prima nella sua dimensione interiore, morale e poi intellettuale e fisica. Oggi, sfortunatamente, questi tre elementi della formazione integrale non vengono percepiti, mentre costituiscono il fondamento di una società sana. Non si può limitare l’educazione solo alla dimensione atletica o intellettuale. Un uomo moralmente non-formato si de-forma e facilmente diventa immorale o addirittura amorale. È importante, quindi, ritornare all’idea della formazione della personalità dei bambini e dei giovani nelle loro dimensioni caratteriali. Ecco perché il Concilio Vaticano II, insiste sul ruolo della formazione spirituale e morale. La Costituzione Gaudium et spes, parlando dei giovani dice, infatti: «occorre educarli con diligenza ad acquisire una più ampia cultura spirituale, utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a disposizione del genere umano. Innanzitutto l’educazione dei giovani, di qualsiasi origine sociale, deve essere impostata in modo da suscitare uomini e donne, non tanto raffinati intellettualmente, ma di forte personalità, come è richiesto fortemente dal nostro tempo» (GS, 31).

Ovviamente, non si tratta qui di appesantire il già difficile compito delle istituzioni come scuole e università, ma di saper unire le forze delle diversi componenti istituzionali governative, sociali, ecclesiastiche e mediatiche nel proporre una costante e coerente formazione della gioventù ancor prima che incominci a frequentare le scuole. Questo vuol dire che bisogna pensare alla formazione dei bambini già nel nucleo familiare, e anche se questo può risultare difficile rappresenta una vera sfida del presente e del futuro. Chi ha potuto visitare più di una volta Science Museum a Londra, ha potuto scoprire che ci sono interi reparti pensati per i bambini e per i giovani. Addirittura ci sono ambienti dove i bambini dai 4 anni in su, possono assistere a delle eccezionali lezioni di fisica e imparare i principi di acustica, di elettricità, di dinamica semplicemente giocando.

Intere famiglie visitano questo posto che gratuitamente offre un grande aiuto ai genitori, ma soprattutto un’eccezionale opportunità di incontro con la scienza ai bambini e ai giovani. È solo un piccolo esempio che può servire come punto di riferimento di promozione per simili iniziative. In questo senso, anche la Chiesa ha un ruolo importante nella formazione e nella strutturazione dei sistemi educativi, ma non come parte del dibattito politico, bensì come promotrice dei sistemi educativi impostati sul messaggio evangelico. Penso alle attività delle scuole cattoliche e delle università, ma anche alle realtà degli oratori, ai gruppi sportivi, alla formazione degli scout, ecc. Tutto ciò che può offrire alla gioventù ragioni di vita e di speranza (GS, 31).

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ZENIT Staff

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