Cardinal Poupard: “La Giornata Mondiale di Preghiera del 1986, l’ispirazione e i protagonisti”

ASSISI, sabato, 28 ottobre 2006 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervento che il Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha pronunciato ad introduzione del Convegno svoltosi nel XX anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace convocata ad Assisi da Giovanni Paolo II.

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Il Convegno, che aveva per tema “Le religioni e la pace”, si è tenuto presso l’Istituto Teologico di Assisi il 26 e 27 ottobre.

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Desidero innanzitutto porgere il mio saluto deferente e fraterno a S.E. Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e moderatore dell’ITA e al Padre Vincenzo Coli, Custode del Sacro Convento, e ringraziare il Prof. Giovanni Cappelli, Preside dell’Istituto Teologico di Assisi, per avermi invitato ad aprire questo Convegno opportunamente riunito per celebrare il XX anniversario della Giornata di Preghiera per la Pace. In questa felice occorrenza il Santo Padre Benedetto XVI ha evocato l’evento storico, che si tenne nel 1986, con le seguenti impegnative parole: “…l’iniziativa promossa vent’anni or sono da Giovanni Paolo II assume il carattere di una puntuale profezia. Il suo invito ai leaders delle religioni mondiali per una corale testimonianza di pace servì a chiarire senza possibilità di equivoco che la religione non può che essere foriera di pace”[1].

Sono parole da meditare, per tutti i credenti. Davvero i credenti non possono restare passivi di fronte ad un mondo che è assediato dall’odio e dalla violenza. E’ purtroppo evidente che la pace, laddove esiste, è continuamente minacciata. Il Servo di Dio, il Papa Giovanni Paolo II, riconobbe giustamente le malattie della società e saggiamente propose una adeguata soluzione a queste malattie. Egli riteneva che il non agire da parte dei credenti a favore della pace sarebbe stato solo un aiuto alle malvagie intenzioni dei fautori di violenza e di guerra. Il paradosso della moderna società è che, da un lato le persone ricercano ardentemente la pace, mentre, dall’altro, il mondo soffre sempre per le conseguenze della guerra e del terrorismo: “La pace è un bene così fondamentale ed insieme così insidiato da suscitare nelle persone consapevoli una costante trepidazione e talora anche un senso di impotenza: essa infatti sembra a volte un traguardo umanamente irraggiungibile”[2]. Giovanni Paolo II era convinto che soltanto uno sforzo unanime, da parte di tutti, avrebbe offerto una soluzione duratura alla presente situazione. Radicato nella verità delle fede cristiana il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, cercò una risposta appropriata per affrontare le sfide della pace mondiale. La verità della fede cristiana afferma che in Cristo, il Verbo di Dio, si trova l’unità di tutte le persone. Il Concilio Vaticano II aveva dichiarato: “Infatti tutti i popoli costituiscono una sola comunità; hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (cfr. At 17, 26); essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio”[3]. Ispirato da questa visione, Giovanni Paolo II invitò leaders religiosi da tutto il mondo ad Assisi, il 27 ottobre 1986, per una Giornata di Preghiera per la pace nel mondo.

La convocazione della Giornata di Preghiera per la Pace ad Assisi nel 1986 coincise con l’Anno Internazionale della Pace proclamato dalle Nazioni Unite. Il chiaro impegno della Chiesa a favore della pace nel mondo era stato piuttosto evidente. Ma poiché la questione della pace era legata al presente ed al futuro dell’intera umanità si stimò necessario di coinvolgere gli sforzi combinati di tutti. La Chiesa è consapevole degli sforzi compiuti da persone di ogni cultura e religione per contribuire alla causa della pace [4]. Riguardo a ciò essa intende, pertanto, cooperare con tutti ed invitare ognuno, specialmente i seguaci delle diverse religioni, a collaborare per ottenere una pace duratura. Ovviamente, il cristiano inizia a costruire la pace grazie all’atteggiamento fondamentale di pregare per la pace che, come egli crede fermamente, è un dono gratuito di Dio. Questa verità fu espressa, con viva forza, da Giovanni Paolo II con le seguenti parole: “Il trovarsi insieme di tanti capi religiosi per pregare è di per sé un invito oggi al mondo a diventare consapevole che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che non il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma è il risultato della preghiera, che, pur nella diversità di religioni, esprime una relazione con un potere supremo che sorpassa le nostre capacità umane da sole”[5]. Questo movimento di preghiera per la pace, che ebbe inizio ad Assisi il 27 ottobre 1986, ha voluto e sperato di superare le frontiere delle nazioni, di coinvolgere i credenti di tutte le religioni e di arrivare ad abbracciare tutto il mondo [6].

Assisi: l’ispirazione

Parlando della “storia della salvezza” nel disegno salvifico di Dio per tutti i popoli, non possiamo anche dire che c’è una “geografia della salvezza”? La grazia di Dio ha abbondato ad Assisi, la città di Francesco e di Chiara che ci ospita oggi. Il luogo natale del Poverello, San Francesco di Assisi, e quello della sua prima seguace, Santa Chiara, è acclamato dal mondo intero quale simbolo di pace. Innumerevoli pellegrini hanno visitato questo luogo per pregare Dio ed essere ispirati dal messaggio del Vangelo di Gesù Cristo, Principe della pace. Assisi è, ad un tempo, un luogo profondamente cristiano ma, allo stesso tempo, abbraccia tutti i popoli della terra. “Ci incontriamo ad Assisi, dove tutto parla di un singolare profeta della pace, chiamato Francesco. Egli è amato non solo dai cristiani, ma da tanti altri credenti e da gente che, pur lontana dalla religione, si riconosce negli ideali di giustizia, di riconciliazione, di pace che furono suoi. Qui il Poverello di Assisi ci invita anzitutto ad innalzare un canto di gratitudine a Dio per tutti i suoi doni. Lodiamo Dio per la bellezza del cosmo e della terra, ‘giardino’ meraviglioso che Egli affidò all’uomo perché lo coltivasse e lo custodisse (cfr. Gn 2, 15). E’ bene che gli uomini ricordino di trovarsi in una ‘aiuola’ dell’immenso universo, creata da Dio per loro. E’ importante che si rendano conto che né loro, né le questioni per cui si affannano tanto sono il ‘tutto’. Solo Dio è ‘il tutto’, e a Lui ciascuno dovrà, alla fine, presentarsi per rendere conto” [7].

Papa Giovanni Paolo II ha pubblicamente riconosciuto che i due santi di Assisi, ossia Francesco e Chiara, sono coloro che hanno ispirato l’iniziativa della Giornata di Preghiera per la Pace. Assisi simboleggia un ideale “fatto di mitezza, umiltà, di senso profondo di Dio e di impegno nel servire tutti. San Francesco era un uomo di pace. Ricordiamo che egli abbandonò la carriera militare che aveva seguito per un certo tempo in gioventù, e scoprì il valore della povertà, il valore della vita semplice ed austera, nell’imitazione di Gesù Cristo, che egli intendeva servire. Santa Chiara fu per eccellenza la donna della preghiera. La sua unione con Dio nella preghiera sosteneva Francesco e i suoi seguaci, come ci sostiene oggi. Francesco e Chiara sono esempi di pace: con Dio, con se stessi, con tutti gli uomini e le donne in questo mondo”[8].

Ovviamente Assisi fu scelta come luogo per l’incontro di preghiera per la pace a causa proprio del posto centrale dato alla preghiera, come lo sottolinea giustamente il Santo Padre Benedetto XVI nella sua lettera a Lei Mons. Sorrentino: “Tra gli aspetti qualificanti dell’incontro del 1986 è da sottolineare che questo valore della preghiera nella costruzione della pace fu testimoniato da esponenti di diverse tradizioni religiose, e ciò avvenne non a distanza, ma nel contesto di un incontro. In questo modo gli oranti delle varie religioni poterono mostrare, con il linguaggio della testimonianza, come la preghiera non divida ma unisca, e costituisca un elemento determinante per un’efficace pedagogia della pace, imperniata sull’amicizia, sull’accoglienza reciproca, sul dialogo tra uomini di diverse culture e religioni… In effetti, il Poverello incarnò in modo esemplare la beatitudine proclamata da Ges
ù nel Vangelo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). La testimonianza che egli rese nel suo tempo ne fa un naturale punto di riferimento per quanti anche oggi coltivano l’ideale della pace, del rispetto della natura, del dialogo tra le persone, tra le religioni e le culture. È tuttavia importante ricordare, se non si vuole tradire il suo messaggio, che fu la scelta radicale di Cristo a fornirgli la chiave di comprensione della fraternità a cui tutti gli uomini sono chiamati, e a cui anche le creature inanimate – da “fratello sole” a “sorella luna” – in qualche modo partecipano”[9].

L’accento posto sulla preghiera caratterizza l’originalità dell’iniziativa di Assisi nel 1986. Infatti la centralità della preghiera in quella Giornata di Preghiera afferma che Dio che è Padre di tutti e che infine si è rivelato in pienezza in Gesù Cristo, Principe della pace, è l’ispiratore originale. La preghiera è un fenomeno universale e qualificato nella vita dei credenti di tutte le religioni, sia come esplicita invocazione a Dio che come un’apertura, nella meditazione, al mistero trascendente. Non a caso ho voluto che nel mio Grande Dizionario delle Religioni diverse voci fossero dedicate alla preghiera cristiana, come alla preghiera ebraica, nell’induismo, nell’islam ecc. – 3ª ed, Piemme, 2000, pp. 1675-1689. “La preghiera è per ogni uomo religioso e credente la forma più autentica di realizzare il rapporto con Dio secondo la propria fede. Ed è questo fenomeno universale e qualificato della vita dei credenti a giustificare la grande convocazione di Assisi: essere insieme per pregare; mettersi tutti e ciascuno al cospetto di Dio, sottolineando così, in una manifestazione religiosa dalle dimensioni universali, la comune vocazione dell’uomo all’unione con Dio che è la ragione più alta della dignità umana (cfr. Gaudium et Spes, 19). Insieme per rendere testimonianza davanti al mondo del valore della preghiera presente anche in quelle religioni non cristiane che, secondo le parole di Paolo VI ‘portano con sé l’eco di millenni di ricerca di Dio… Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi. Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare (Evangelii Nuntiandi, 53)”[10].

Continuare lo ‘Spirito di Assisi’: i protagonisti

La Giornata di Preghiera per la Pace è stata e rimarrà sempre un evento unico, in tal senso è irripetibile, un fatto storico accaduto 20 anni fa. Ma come sottolinea giustamente il Santo Padre Benedetto XVI nella già citata Lettera per il 20°, assume il carattere di una puntuale profezia. Infatti il suo spirito volle incoraggiare ulteriori iniziative per costruire ponti di amicizia attraverso le frontiere religiose sia a livello locale che di base in tutto il mondo per ispirare la ‘cultura del dialogo e della pace’. Ciò significa essere ‘un movimento mondiale di preghiera per la pace’ perché ‘la pace è una responsabilità universale: essa si può ottenere con centinaia di piccole azioni quotidiane. Attraverso la vita quotidiana con gli altri, le persone scelgono di essere pro o contro la pace’. Papa Giovanni Paolo II condivise questa intenzione con i leaders di diverse religioni, ai quali si rivolse il 29 ottobre 1986. Disse loro: “Continuiamo a vivere lo spirito di Assisi”. Con parole impegnative Giovanni Paolo II invitò i leaders religiosi, che parteciparono alla Giornata Mondiale di Preghiera per la pace, a “riconoscere le loro responsabilità e a dedicarsi con rinnovato impegno al compito della pace, a porre in atto le strategie della pace con coraggio e lungimiranza”[11].

E’ importante sottolinearlo a 20 anni di distanza, per evitare che persone ben intenzionate ma poco informate abbiano da immaginare lo ‘spirito di Assisi’ come un’attività vaga che possa essere intrapresa da persone coinvolte nelle relazioni interreligiose. Lo ‘spirito di Assisi’ necessita di essere saldamente compreso e meticolosamente seguito così che neppure un’idea di relativismo religioso o di sincretismo, possa insinuarsi nelle menti dei credenti. Mentre lo ‘spirito di Assisi’ incoraggia un dialogo genuino e serio fra le religioni, il relativismo ed il sincretismo ne devono essere considerati gli acerrimi nemici. Lo stesso Giovanni Paolo II, due mesi dopo la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace di Assisi, spiegò il significato, il limite ed il possibile cammino per continuare lo ‘spirito di Assisi’. Nel suo discorso del 22 dicembre 1986, Giovanni Paolo II riflettè in profondità sull’evento di Assisi. Disse ai Membri della Curia Romana, e ne serbo un ricordo preciso, essendo con gli altri Cardinali presenti nella Sala Clementina per gli auguri natalizi: “E’ ovvio che non possiamo accontentarci del fatto stesso e della sua riuscita realizzazione. Certamente la Giornata di Assisi sprona tutti coloro, la cui vita personale e comunitaria è guidata da una convinzione di fede, a trarne le conseguenze sul piano di una approfondita concezione della pace e di un nuovo modo di impegnarsi per essa. Ma, inoltre, e forse principalmente, quella Giornata ci invita ad una ‘lettura’ di ciò che è successo ad Assisi e del suo intimo significato alla luce della nostra fede cristiana e cattolica. Infatti, la chiave appropriata di lettura per un avvenimento così grande scaturisce dall’insegnamento del Concilio Vaticano II, il quale associa in maniera stupenda la rigorosa fedeltà alla rivelazione biblica e alla tradizione della Chiesa, con la consapevolezza dei bisogni e delle inquietudini del nostro tempo, espressi in tanti ‘segni’ eloquenti cfr. Gaudium et Spes, 4)”[12]. Nello stesso discorso del 22 dicembre 1986, Giovanni Paolo II si soffermò su temi quali l’unità di origine ed il fine della famiglia umana, le differenze fra le religioni, la missione della Chiesa e l’identità della Chiesa cattolica. E’ chiaro. A 20 anni di distanza dal 1986 la situazione mondiale è peggiorata ed è ancora più difficile trovare la pace. Non è pertanto urgente che i credenti di tutte le religioni prestino ascolto all’appello profetico del Servo di Dio, Papa Giovanni Paolo II, a riscoprire e mantenere vivo lo ‘spirito di Assisi’, quale motivo di speranza per il futuro?

Risponde lo stesso Giovanni Paolo II nell’ormai famosa allocuzione rivolta alla Curia Romana il 22 dicembre 1986, che rappresenta la più completa riflessione teologica del magistero cattolico sul significato di quella storica giornata: “L’evento di Assisi può così essere considerato come un’illustrazione visibile, una lezione dei fatti, una catechesi a tutti intellegibbile, di ciò che presuppone e significa l’impegno ecumenico e l’impegno per il dialogo interreligioso raccomandato e promosso dal Concilio Vaticano II” [13]. Il successo della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace di Assisi nel 1986 e la sua memoria ispiratrice anche dopo vent’anni, sono una prova che, nel mondo, un vasto numero di persone aspira ardentemente alla pace. Questa ardente aspirazione è evidente nel profondo desiderio dei credenti di pregare per la pace. L’evento del 1986 ha inequivocabilmente affermato che la pace non è possibile senza la preghiera. Poiché il nostro mondo sta sempre più divenendo multi-religioso, si può notare che questo desiderio dei credenti, di pregare per la pace, stia aumentando e che ovviamente trovi la sua manifestazione in incontri interreligiosi, più o meno grandi, formali e non. Alla luce delle Sacre Scritture e della tradizione cristiana dobbiamo affermare che: “Ogni preghiera autentica si trova sotto l’influsso dello Spirito ‘che intercede con insistenza per noi’ ‘perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare’, ma Egli prega in noi ‘con gemiti inesprimibili’ e ‘Colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito’ (cfr. Rm 8, 26-27). Possiamo ritenere infatti che ogni autentica preghiera è suscitata dallo Spirito Santo, il quale è misteri
osamente presente nel cuore di ogni uomo”[14].

Lo disse chiaramente e con forza, me ne ricordo precisamente, il Santo Padre nel suo discorso natalizio alla Curia: “Ci siamo riuniti ad Assisi insieme per pregare, e non per pregare insieme”. In ogni caso, l’esperienza ci insegna che il desiderio di pregare in riunioni interreligiose non deve mai dare pretesto per un messaggio misto e confuso incentrato sulla falsa idea che ‘ogni religione vada bene come un’altra’ o che ‘le religioni che sono fondamentalmente diverse possano essere ridotte ad una sola’. Se ciò dovesse accadere sarebbe la fine, non solo del dialogo interreligioso, ma soprattutto della stessa religione. Sebbene i credenti abbiano un unico scopo ed un intento condiviso, e cioè la pace, bisogna tuttavia avere una cura estrema che quando i credenti si riuniscono per pregare si rispettino le tradizioni religiose gli uni degli altri. “Anche in questo, in fondo, c’è un messaggio: vogliamo mostrare al mondo che lo slancio sincero della preghiera non spinge alla contrapposizione e meno ancora al disprezzo dell’altro, ma piuttosto ad un costruttivo dialogo, nel quale ciascuno, senza indulgere in alcun modo al relativismo né al sincretismo, prende anzi più viva coscienza del dovere della testimonianza e dell’annuncio”[15].

Tra le numerose iniziative che si propongono di continuare lo ‘spirito di Assisi’, se ne possono menzionare due: quella della Comunità di Sant’Egidio che ogni anno organizza un incontro interreligioso chiamato “Uomini e Religioni”. Questo incontro riunisce persone di diverse religioni e provenienti da varie parti del mondo per riflettere su temi di attualità o di comune interesse. Questo evento annuale offre ai seguaci delle diverse religioni un’occasione per manifestare insieme al mondo distratto che ‘i credenti di tutte le religioni hanno una sola voce e che prontamente collaborano per portare la pace nel nostro mondo’. Giovanni Paolo II espresse la sua gioia che lo ‘Spirito di Assisi’ continuasse: “Il pellegrinaggio di pace, che è nato dallo storico evento di Assisi dell’ottobre 1986, ha già percorso diverse città dell’Europa e del Mediterraneo, coinvolgendo rappresentanti di diverse confessioni religiose, e vive ora un’ulteriore significativa tappa. Ad Assisi, al termine di una memorabile giornata, sgorgò naturale l’invito a proseguire sulla via della ricerca della pace, ‘sentiero sul quale dobbiamo camminare insieme’. Sono lieto di vedere che il cammino allora avviato prosegue ed attrae in maniera crescente uomini e donne di religioni e culture diverse, tutti uniti nell’unico anelito per il grande dono della pace”[16]. Ho avuto quest’anno la gioia di presiedere quell’evento il 4 e 5 settembre scorso proprio ad Assisi, per il 20°, ricordando ai 3000 partecipanti che la pace, come un bambino fragile e minacciato, richiede molto amore.

Un’altra iniziativa per la quale l’evento di Assisi del 1986 è stato fonte di ispirazione è quella di un gruppo di buddisti giapponesi. Il compianto Venerabile Yamada, partecipò a più di ottant’anni alla Giornata di Preghiera per la Pace del 1986 e dopo il suo ritorno in Giappone organizzò un evento interreligioso nell’agosto del 1987 sul Monte Hiei presso Kyoto. Da allora ogni anno continua lo ‘spirito di Assisi’ e le persone si riuniscono a pregare per la pace il 6 agosto, giorno nel quale si fa memoria del bombardamento di Hiroshima. E’ commovente sapere che l’anno prossimo questa iniziativa compirà venti anni.

Il Servo di Dio, Papa Giovanni Paolo II, desiderò che lo ‘spirito di Assisi’ fosse trasmesso alle nuove generazioni. Egli scrisse: “Dobbiamo mantenere vivo il genuino ‘spirito di Assisi’ non solo per un dovere di coerenza e di fedeltà, ma anche per offrire un motivo di speranza alle future generazioni”[17]. E’ nella speranza che continui lo ‘spirito di Assisi’ che il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso sta organizzando un incontro interreligioso di giovani che si terrà, dal 4 all’8 novembre prossimo, qui ad Assisi. Questo incontro interreligioso intende celebrare il XX anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace del 1986, ma nutre anche la speranza di trasmettere lo ‘spirito di Assisi’ ai giovani d’oggi, molti dei quali nel 1986 non erano neanche nati o erano bambini quando si svolse “l’avvenimento religioso più seguito nel mondo”[18]. In tutto saranno 50 cristiani e 50 di altre religioni non cristiane.

Un’antropologia della grazia

Comune umanità ed accettazione dell’altro sono valori antropologici sui quali l’uomo di Assisi è centrato. E per i credenti in Cristo, il Figlio di Dio riassume nella loro interezza questi valori diventando il centro del cosmo e della storia, l’immagine dell’umanità rinnovata e redenta, nell’integrazione della totalità delle diverse esperienze umane. Assisi ha riportato in primo piano questa unità essenziale della persona in azione, incomunicabile di per sé e nello stesso tempo centro di comunione, ad immagine del Dio trinitario. Questa articolazione fra la relazione con l’altro come individuo e la relazione con Dio come Creatore e Signore della storia, è fondamentale per capire quale modello di umanità è stata rappresentata ad Assisi, e con quali valori: la persona si sviluppa nella relazione “IO-DIO-TU” e nella relazione “IO-DIO” che la fonda e iscrive la trascendenza della persona nell’azione. Assisi in questo è stata esemplare, riscoprendo anche una dimensione etica dell’incontro: priorità dell’etica sulla politica, sulla economia e sulla tentazione sempre rinnovata di esasperare i valori religiosi e nazionali sottolineando le differenze anziché aiutando la comunione; primato della persona sulle cose e sulla sete di dominio; in ultima analisi, superiorità dello Spirito sulla materia. Essere per gli altri, questa l’antropologia degli incontri: l’uomo non può vivere senza amore ed esige rispetto. Così, non c’è pace possibile là dove i diritti dell’uomo sono violati, soprattutto nella dimensione religiosa. Assisi ha rilanciato l’immagine di un uomo che autotutela i propri inalienabili diritti senza preconcette chiusure alla cooperazione e al dialogo. In ultima analisi, ogni attività politica, nazionale ed internazionale, viene dall’uomo, si esercita mediante l’uomo e per l’uomo, fin dal primo istante del suo concepimento e secondo la sua piena dimensione umana. Da quel concepimento l’uomo acquista un diritto sacro ed intoccabile alla vita, ed un dovere altrettanto sacro alla pace.

Infine, accogliendo la diversità per testimoniare, come si è fatto ad Assisi, il diritto alla vita e il dovere alla pace, si è dimostrato che ogni uomo è per Dio già “tutto” il senso della creazione e della redenzione. Che ogni uomo soggetto dell’amore di Dio è toccato dalla Sua grazia e va garantito nella sua vocazione e nella sua verità. Il servizio offerto dalle Chiese e dalle religioni che ad Assisi sono convenute, è stato un servizio reso all’umanità, e una dichiarazione antropologica. Si è voluto proporre e difendere una antropologia della grazia e della comunione, difendere l’uomo-persona immagine di Dio e in comunione con Lui, difendere i principi della verità che rende liberi, esortando così a realizzare continuamente nell’uomo il mistero dell’incarnazione e della redenzione attraverso Cristo, che chiama al dialogo, alla pace, alla preghiera, che interpella le coscienze e chiede all’umanità di collaborare alla storia e di far nascere finalmente una autentica civiltà dell’amore.

Frutto di questa visione antropologica, è dunque l’uomo delle Beatitudini arricchito dai valori della civiltà dell’amore. Ad Assisi si è data voce allo Spirito delle Beatitudini, se ne è proclamata la necessità, l’attualità, il vitalismo. Il presente rende indispensabile progettare una civiltà diversa, un futuro diverso. Il progetto di Assisi è anche antropologico: riconoscere l
a debolezza dell’uomo, riproporre l’apertura sincera e fiduciosa al divino che in ogni uomo è presente, rendersi collaboratori in forza di questa verità al piano di salvezza di Dio ristabilendo i valori propriamente umano-divini della pace e della carità. E’ un fattore di qualità, di totalità d’amore, di Spirito di condivisione e sacrificio, di immersione nel mistero di Dio ciò su cui Assisi ha voluto richiamare l’attenzione. Facendo appello all’istanza superiore delle coscienze ed in accordo ad una visione biblica dell’umanità, e alla sua comune filiazione divina, che resta il presupposto indispensabile degli incontri, la Chiesa Cattolica insieme alle Chiese sorelle in Cristo ed alle altre religioni mondiali, ha dato prova di grande coraggio e di grande speranza. Ha voluto proporre un progetto che, rinnovato ogni giorno, ogni giorno si fa utopia. Ma è una utopia cristiana, non riduttiva; ottimistica, non pessimistica (la speranza, malgrado tutto!), che ripone la parte irrealizzabile della sua costituzione in Dio che la realizzerà. L’uomo della pace, della riconciliazione, della solidarietà, è l’uomo che crede in questa utopia cristiana e la persegue come progetto, è l’uomo che edifica un programma nutrito dallo Spirito delle Beatitudini, nella quotidiana ed inesausta applicazione della norma suprema e vitale della persona: l’amore di Dio e l’amore del prossimo, norma della civiltà dell’amore. I partecipanti agli incontri di Assisi hanno voluto testimoniare che questa civiltà non è solo pensabile, ma nella sua utopia, perseguibile e realizzabile. Ciascuno di loro ha dimostrato che l’intima esperienza che l’uomo può fare e fa di Dio cambia le leggi dell’antropologia classica e la trasforma, trasformando la natura stessa dell’uomo. E’ una antropologia fondata sull’amore e sulla speranza. Amore e speranza sono i principi costitutivi di questa antropologia, norme-virtù le più necessarie del nostro tempo, perché tempo di conflitti e di grandi tragedie.

L’uomo di Assisi è quello che ha come modello e meta l’uomo della Pentecoste, l’uomo frutto dello Spirito Santo, l’uomo che comprende il linguaggio altrui, che partecipa della verità, che illumina il presente, che consola gli afflitti, libera i prigionieri, accetta le sfide. Lo Spirito Santo sana ogni giorno la Babele della storia, e spinge l’umanità a farsi un solo corpo e un solo Spirito. L’antropologia cattolica non può, per questi motivi, che essere universale nelle sue leggi costitutive e nella sua prassi pedagogica. Riconoscere l‘uomo figlio di Dio significa ammettere una apertura universale, senza preclusioni. Significa non dimenticare che l’altro, senza annullarsi in una diversa realtà, rimane tale ma supera l’identità stessa perché figlio dello stesso Dio. L’antropologia universalistica che gli incontri d Assisi hanno proposto agli uomini di fede e di scienza, ai politici ed agli economisti, ai ricercatori di ogni ramo del sapere umano, ai capi di tutte le religioni, ai popoli ed alle nazioni, non è una visione omologizzata o straniata dell’umanità, né un mondo basato sulla segregazione e l’annullamento reciproco. L’uomo che ad Assisi si è voluto incontrare è l’uomo libero che ha assunto la convivenza pacifica quale norma sociale di vita comunitaria, e il dialogo lo strumento per mettere in pratica tale norma. L’uomo che sente il diverso non come nemico, ma come fratello.

I criteri di vita emergenti da tale visione sono quelli legati ad una dimensione religiosa del vivere, racchiusi nei principi di saggezza e longaminità che non escludono o mistificano le difficoltà, ma che, nel riconoscere una comune origine universale, sono i criteri con cui progettare un futuro diverso. E’ l’uomo che non fa di questo futuro una utopia irrealizzabile, perché racchiude in Dio la parte di irrealizzabilità della sua utopia. Il “già” e “non ancora” dell’uomo di Assisi è per tutti il messaggio che un cammino “in fieri” è stato intrapreso dall’umanità, è l’esortazione a credere che l’utopia può essere realtà con la forza della preghiera. Questa visione e progetto del futuro non può che essere una visione dell’uomo che cerca in quel futuro la comunione con Dio e la convivenza pacifica con il fratello.

Conclusione

All’alba del nuovo millennio il Servo di Dio, Papa Giovanni Paolo II scrisse, non solo con ottimismo e speranza, ma anche con realismo: “Il dialogo deve continuare. Nella condizione di più spiccato pluralismo culturale e religioso, quale si va prospettando nella società del nuovo millennio, tale dialogo è importante anche per mettere un sicuro presupposto di pace e allontanare lo spettro funesto delle guerre di religione che hanno rigato di sangue tanti periodi nella storia dell’umanità. Il nome dell’unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace”[19]. Gli spaventosi avvenimenti che hanno scioccato il mondo fin dall’inizio del terzo millennio hanno sparso semi di violenza ed odio, ed infranto l’incantesimo di una società che si giudicava libera ed emancipata, ma che tuttavia, in un attimo, si riscopre fragile, divisa e minacciata. Gli atti terroristici dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti d’America ed analoghi avvenimenti successivi in altre parti del mondo, hanno colpito il cuore di ognuno ed hanno rivelato la debolezza della situazione mondiale. Vi era il pericolo che questi avvenimenti venissero visti come un conflitto fra sistemi economici o sociali oppure, peggio ancora, uno scontro fra mondo islamico e le altre religioni, soprattutto il cristianesimo.

E’ in questo contesto mondiale così incerto che si deve comprendere il significato del gesto audace e profetico del Papa Giovanni Paolo II. Il suo successore, Papa Benedetto XVI, nel suo messaggio del 2 settembre scorso, indirizzato al Vescovo di Assisi, ha ricordato a ciascuno che: “L’invito (di Giovanni Paolo II) ai leaders delle religioni mondiali per una corale testimonianza di pace servì a chiarire senza possibilità di equivoco che la religione non può che essere foriera di pace”. Papa Benedetto XVI ha inoltre riconosciuto che nella Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace del 1986 ad Assisi, il senso religioso ha raggiunto la ‘maturità’ che “genera nel cuore del credente la percezione che la fede in Dio, Creatore dell’universo e Padre di tutti, non può non promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità”[20].

Seguendo l’ispirazione di Assisi 1986, noi dobbiamo incessantemente lavorare in collaborazione con persone di altre religioni per diffondere nel mondo ‘la cultura del dialogo’. Di nuovo lo stesso Giovanni Paolo II, alle soglie del Grande Giubileo dell’Anno 2000, dichiarò ai leaders religiosi: “Il compito che dovremo affrontare sarà quello di promuovere una cultura del dialogo. Da soli e tutti insieme, dobbiamo dimostrare che la fede religiosa ispira la pace, incoraggia la solidarietà, promuove la giustizia e sostiene la libertà”[21]. Mi auguro che il simbolo di Assisi, come un raggio di speranza, possa continuare a rimanere radicato nella memoria della gente e che lo ‘spirito di Assisi’, come un raggio di luce, continui ad illuminare il mondo che è segnato dalle tenebre dell’odio e della violenza. E questo augurio, come vent’anni fa, si fa preghiera al Signore, Principe della Pace, tramite l’intercessione del Poverello di Assisi.

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[1] Messaggio di S.S. Benedetto XVI a S.E. Mons. Domenico Sorrentino , vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, 2 settembre 2006
[2] Giovanni Paolo II, Regina Coeli, 6 aprile 1986
[3] Nostra Aetate n. 1
[4] Giovanni Paolo II, Regina Coeli, 6 aprile 1986
[5] Giovanni Paolo II, Discorso di apertura nella Basilica di S. Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986
[6] Giovanni Paolo II, Omelia a S. Paolo fuori le Mura, 25 gennaio 1986
[7] Giovanni Paolo II,
Discorso ai Rappresentanti della varie religioni del mondo
, 24 gennaio 2002
[8] Giovanni Paolo II, Discorso conclusivo nella Piazza Inferiore di San Francesco, 27 ottobre 1986
[9] Messaggio di S.S. Benedetto XVI a S.E. Mons. Sorrentino, op. cit. , 2 settembre 2006
[10] Jesus Castellano Cervera, in L’Osservatore Romano, 24 ottobre 1986
[11] Giovanni Paolo II, Discorso conclusivo nella Piazza Inferiore di San Francesco, 27 ottobre 1986
[12] Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 1986
[13] Ibidem; vedi anche Claudio Bonizzi, L’icona di Assisi nel magistero di Giovanni Paolo II, ed. Porziuncola, Assisi 2002, p.7
[14] Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 1986
[15] Giovanni Paolo II, Discorso ai Rappresentanti delle varie religioni del mondo, Assisi 24 gennaio 2002
[16] Lettera al Card. Edward Cassidy per l’Incontro Internazionale di Preghiera, Milano 19-22 settembre 1993 in Jean Dominique Durand, Lo “Spirito di Assisi. Discorsi e Messaggi di Giovanni Paolo II alla Comunità di Sant’Egidio: un contributo alla Storia della Pace, Leonardo International, Milano, 2004, p. 109
[17] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1992
[18] Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 1986
[19] Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, n. 55
[20] Messaggio di S.S. BenedettoXVI a S.E. Mons. Sorrentino, op. cit. , 2 settembre 2006
[21] Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Interreligiosa, 28 ottobre 1999

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ZENIT Staff

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