Camilla Battista Varano, “un esempio di coerenza cristiana”

Intervista alla Madre Abbadessa del Monastero di Santa Chiara di Camerino

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di Maurizio Tripi

ROMA, lunedì, 27 settembre 2010 (ZENIT.org).- Il prossimo 17 ottobre in piazza San Pietro si svolgerà la solenne celebrazione per la canonizzazione di Camilla Battista Varano, clarissa vissuta a cavallo tra il ‘400 e il ‘500.

Con l’approssimarsi di questo evento, ZENIT ha incontrato e intervistato suor Chiara Laura Serboli, attuale Madre Abbadessa del Monastero di Santa Chiara di Camerino, dove sono custodite le spoglie e anche l’eredità spirituale della santa.

A poco meno di un mese dalla canonizzazione, cosa rimane in voi di un iter così lungo e impegnativo?

Suor Chiara: L’esperienza che ci ha accompagnate in questo tempo è stata la graduale e sempre più affascinante scoperta di questa ricca e appassionante figura di santità che è Camilla Battista Varano. Inaspettatamente moderna, questa nostra sorella clarissa ci appare sorprendente se si considera che parliamo di una donna vissuta in un’epoca così lontana da noi. Camilla Battista si fa estremamente vicina alla nostra vita quando si lascia scrutare nelle pieghe della sua più fresca e spontanea umanità, o quando, nelle sue parole e nel suo stile colto e ricercato, emergono accenti dialettali, espressioni cordiali e vive di una donna che non usa la penna per nascondersi, bensì per rivelarsi e per farsi conoscere anche da noi che la incontriamo oggi. Un messaggio, quindi, di autenticità relazionale laddove la messaggistica multimediale dei nostri giorni, senza volerne demonizzare il valore e l’eccellenza, induce spesso a mostrare un’immagine, una faccia che non necessariamente corrisponde alla realtà.

Questa autenticità raggiunge l’uomo contemporaneo?

Suor Chiara: Sì, penso che il valore più significativo che santa Camilla Battista sappia offrire alla nostra cultura sia quello di una vita trasparente e vera, coerente e lineare, pur se attraversata da vicissitudini degne di un romanzo d’avventura e straziata da profonde ferite dell’anima che, invece di farla ripiegare su se stessa, l’hanno resa sempre più conforme a Cristo crocifisso. Nel mondo contemporaneo, specie giovanile, le sfide della complessità e dell’imprevisto sembrano destinate all’esito più scontato del fallimento e della sconfitta. Camilla Battista, invece, vive e ci propone l’assunzione piena e matura della responsabilità delle sue scelte quotidiane, nella convinzione di ricevere soltanto da Dio la motivazione e il fondamento della propria stabilità. Questa clarissa ha avuto il coraggio di passare dalla pienezza degli agi e delle comodità di una vita principesca, alla pienezza della povertà scelta da Cristo, lasciandosi espropriare da ogni ambizione di ascesa sociale alla quale il suo nobile casato l’aveva formata, e risolvendosi a seguire solo il suo Amato sposo – Cristo –, trovando nella com-passione e contemplazione di Lui la sua prioritaria scelta esistenziale.

Quale sintesi si può trarre dall’insegnamento di Camilla Battista Varano?

Suor Chiara: Non è facile riepilogare la complessa figura di Camilla Battista senza rischiare di impoverirla. Nel suo pellegrinaggio terreno sono rintracciabili diversi “appuntamenti” importanti, quelli che in linguaggio biblico e teologico vengono definiti kairos, tempi pieni della presenza di Dio, momenti insostituibili e inaspettati in cui riconoscere il suo passaggio trasformante e irreversibile. La piccola principessa di Camerino, infatti, incontra Gesù intorno ai nove anni attraverso la predica infuocata di un frate minore dell’Osservanza, fra Domenico da Leonessa. Da questo semplice incontro, attraverso una parola che si fa davvero carne nel piccolo cuore di Camilla, scaturisce l’impegno di una lacrimuccia da versare ogni venerdì in ricordo della passione. Sappiamo anche noi che non si tratta di una grande scelta; tuttavia, è l’esordio timido e deciso a un tempo, di quella fedeltà che segnerà tutta la sua vita.

Crescendo, per Camilla giunge il tempo di un più serio discernimento del suo proposito di bambina. Lo scarto tra la sua vita presso la sfarzosa corte rinascimentale dei Duchi di Camerino e il pio impegno quaresimale assunto nell’infanzia è abissale: la crisi la attende per vagliare ogni sua resistenza e condurla a un’appropriazione, a un’attualizzazione, a una personalizzazione della sua vita interiore. Inizialmente, come molti di noi, non è capace di scegliere e non esita a condurre una doppia vita: da una parte le danze, i canti e i divertimenti che la corte non lesina (“sonare, cantare, ballare, pazzeggiare, le letture profane e altre cose giovanili e mondane che ne discendono”); dall’altra, il raccoglimento e la lotta in cui Dio la trascina e la assorbe tutta. La fedeltà a quella lacrimuccia del venerdì le consente di non confondersi e di individuare la doppiezza in cui la sua vita sta ristagnando. Il conflitto in lei si acuisce e la sete di libertà esplode in un feroce duello che lei stessa descrive con mirabile passione nella sua Vita spirituale, meglio conosciuta come l’Autobiografia. La sua risposta, anche stavolta, è totale e liberante, e il suo cuore è sguinzagliato all’inseguimento dell’Amore che l’ha raggiunta con tanto impeto e al quale si è data non senza fatica. Camilla Battista ci narra tutto ciò intrecciando il suo racconto con la storia dell’Esodo e ricorrendo spesso alle categorie bibliche che dovrebbero aiutare anche noi a descrivere i nostri percorsi esistenziali.

Ma la sua vita umana e spirituale è stata sempre un idillio?

Suor Chiara: Dopo lo slancio iniziale dei primi anni con il suo ingresso nel monastero di Urbino prima, e di Camerino poi, Camilla Battista attraversa la notte oscura dello spirito. Quel conflitto che l’aveva attanagliata nella fase del discernimento, ritorna ora con connotati completamente diversi ma non per questo meno necessari: dall’intensità delle grazie spirituali che l’avevano accompagnata nella fase del primo innamoramento, Camilla sembra ora abbandonata a un’essenzialità scarnificante e cruda. Anche qui, la prova che attraversa non la fa chiudere in sé stessa, ma la apre a una ricerca sempre più appassionata del volto di Cristo: nei suoi scritti emerge con sempre maggiore frequenza il ricorso alle immagini del Cantico dei Cantici, all’inseguimento dell’Amato da parte dell’amata in preda alla comprensibile angoscia per l’abbandono patito.

La preghiera, però, non è mai trascurata e Camilla, anche in questo frangente, ci insegna a ritrovare nel dialogo incessante con il Signore il centro del nostro itinerario di ricerca. Quest’esperienza la renderà, proprio grazie a questa purificazione, una vera maestra nello spirito per coloro che, nel corso degli anni successivi, si affideranno alle sue cure spirituali. Infine, gravissimi e ingiusti lutti familiari e affettivi la “crocifiggono” con Cristo, consegnandoci una donna capace di silenzio laddove le parole non bastano più a spiegare l’ingiustizia del calvario. Pur perdendo tutti i suoi punti di riferimento e costretta, lei stessa, ad esiliare nel monastero di Atri, Camilla sceglie un silenzio struggente e assordante. Di tutto quel che le accade, infatti, non troviamo un solo accenno nei suoi scritti che, solitamente, abbondano di particolareggiati dettagli. Non si tratta, tuttavia, di un silenzio indurito e risentito: Camilla passa, invece, per un prezioso e strettissimo sentiero, quello della rilettura della propria esistenza alla luce del mistero pasquale: perché, infatti, è proprio alla risurrezione che il cuore di Camilla, con-crocifisso con quello di Cristo, anela.

La nostra società è descritta spesso nei termini della liquidità, sia in campo sociale, che politico e morale. Qual è la proposta di Camilla Battista per la nostra cultura?

Suor Chiara: Molti uomini e donne, oggi, cercano e fann
o esperienze di grande ascesi, magari percorrendo itinerari spirituali alternativi o paralleli a quelli cristiani, ma non per questo meno esigenti, impegnativi, radicali e forti. Questo fenomeno, al di là dei confini poco delineati della nostra cultura detta, appunto, liquida, ci dice la sete profonda che abita il cuore dell’uomo nel trovare la ragione e la verità del proprio essere. Quando si sperimenta che Cristo è l’unico tesoro della vita, l’unico faro che orienta il cammino e l’unica roccia su cui si fonda la casa, si può compiere una scelta non di relativismo, ma di relativizzazione a partire dal Vangelo. Il confronto dialettico con Cristo e con la sua parola ha permesso anche a Camilla Battista di riordinare la sua vita collocandola dentro una scala di valori eterni e immutabili. L’uomo ha questa necessità interiore di stabilirsi su valori di riferimento chiari, ma non è in grado di risolvere la sua ricerca soltanto attraverso le proprie capacità e scoperte. Vivere un cammino di liberazione dall’autoreferenzialità e rinnovare ogni giorno il personale incontro con Gesù, mentre ci libera dall’insaziabile bisogno di protagonismo e di riconoscimento, trasforma la nostra esistenza in strumento credibile e vero della presenza di Dio nel mondo. Un’esperienza che, in tutti i santi e, oggi, anche in Camilla Battista Varano, è riconoscibile apertamente ed è riconosciuta ufficialmente in tutta la Chiesa.

La vita e la vocazione di Camilla Battista che ho cercato brevemente di illustrare, è ancora da scoprire e da approfondire. Il desiderio che io e tutto l’Ordine Clariano – Francescano abbiamo nel cuore in questo momento, è quello che la nuova santa possa diventare per molti una compagna di cammino, una guida spirituale e una maestra di vita cristiana anche nel nostro tempo; una sorella che, con semplicità e autenticità, ci precede lungo le vie della santità, attendendoci in quell’abbraccio che lei stessa ha potuto contemplare, per una grazia particolare, già in questa vita.

 

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ZENIT Staff

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