Black out per il conclave

Un articolo sull’isolamento elettronico della Cappella Sistina pubblicato dall’Almanacco della Scienza del CNR (Consiglio nazionale delle Ricerche)

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In passato, per ottenere l’isolamento dei cardinali riuniti in conclave necessario per l’elezione del nuovo Papa era sufficiente chiuderli a chiave. Attualmente il problema maggiore è invece garantire la riservatezza rispetto alle tecnologie delle comunicazioni che, ancora per quello che elesse Giovanni Paolo II, erano assai meno avanzate: l’unico svoltosi in epoca di Ict davvero simili alle odierne è quello che ha scelto Benedetto XVI, ma in questo settore gli aggiornamenti sono continui.

Non è un caso che monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario di Benedetto XVI, abbia ricordato “le norme penali che tutelano la sicurezza e la segretezza del conclave e che prevedono in molti casi la scomunica ‘latae sententiae'”, allo scopo di “evitare ingerenze esterne. Un tempo di potenze straniere, oggi di mass-media o gruppi che vogliano far pressione”.

Ma come garantire il riserbo su ciò che accade in un luogo chiuso e impedire eventuali contatti? “Le tecniche di intercettazione si evolvono parallelamente a quelle della comunicazione”, spiega Maurizio Aiello dell’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni (Ieiit) del Consiglio nazionale delle ricerche di Genova.

“In primo luogo, alla sempre maggior diffusione di internet e dei telefoni mobili in grado di connettersi ovunque e alla possibilità di impiegare microspie tecnologicamente avanzate, si contrappongono strumenti di protezione ‘passivi’ come le ‘gabbie di Faraday’, vere e proprie casseforti impenetrabili alle onde elettromagnetiche utilizzate, ad esempio, per eseguire le analisi scientifiche dei dispositivi cellulari da parte delle forze di Polizia”.

In ambienti complicati come quelli dove i cardinali si riuniscono e vivono non è facile pensare di realizzarne, ma “si potrebbero utilizzare tessuti particolari, contenenti trame di rame e tungsteno che in una certa percentuale sono in grado di inibire le comunicazioni radio, inseribili in tendaggi, elementi decorativi o pannelli di cartongesso. Alle finestre possono essere applicate pellicole schermanti adesive e trasparenti o addirittura infissi dotati di camere d’isolamento elettromagnetico a gel”, prosegue Aiello.

La segretezza è ovviamente d’obbligo anche sui dispositivi realizzati per impedire ai porporati di comunicare: si è fatto riferimento ai metal detector, i giornali hanno citato le gabbie di Faraday, riferendosi probabilmente ai pannelli montati nella Sistina che alcune immagini hanno mostrato, ma la soluzione meno invasiva e quindi più probabile, confermata da una nostra fonte, è quella dei ‘jammer’.

“Si tratta di apparati disturbatori che emettono onde elettromagnetiche alle stesse frequenze dei dispositivi trasmittenti”, dichiara il ricercatore dell’Ieiit-Cnr. “Il ‘rumore’ impedisce tutte le comunicazioni radio da e verso un certo punto.

Secondo la legislazione italiana, l’utilizzo dei jammer è fuorilegge ma il Vaticano è extra-territoriale ed è comunque plausibile che siano stati applicati entrambi i metodi al fine di ottenere un black-out totale: una schermatura passiva e dispositivi attivi in grado di disturbare eventuali trasmissioni residue. Per intercettare o inibire le comunicazioni cellulari sono comunque disponibili dispositivi più raffinati, ad esempio gli ‘Imsi-catcher'”.

In uno scenario da spy story ma tecnologicamente fattibile, i cardinali potrebbero avere addosso microspie per registrazioni, attivare dispositivi di trasmissione come cellulari umts, per esempio durante i tragitti dalla residenza alla Sistina. “Meno fantasiosamente, è senz’altro stata effettuata una bonifica preliminare dell’ambiente”, conclude l’esperto del Cnr.

“Ricordiamo che esistono i rilevatori di giunzioni non lineari, che sfruttano il principio della risposta a segnali predefiniti: una giunzione semiconduttrice componente del transistor risponde con una serie di armoniche a un segnale e il dispositivo individua la risposta rilevando dispositivi elettronici di qualsiasi natura, accesi o spenti, funzionanti o rotti”.

Fonte: Maurizio Aiello, Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni, Genova, email maurizio.aiello@ieiit.cnr.it

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Matteo Tombolato

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