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Bergoglio ai vescovi messicani: "Agite contro il narcotraffico, metastasi che divora"

Incontrando l’episcopato del Messico nella Cattedrale dell’Assunzione, Francesco chiede di chinarsi sull’anima di giovani, famiglie e migranti e denuncia chi ha mani macchiate di sangue e il portafoglio pieno di denaro sporco

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Entra “con passo delicato”, Papa Francesco, nella casa e nell’anima del popolo messicano, ma non manca di stigmatizzare con particolare vigore quei macigni che ostacolano la crescita di questo bel paese: dal narcotraffico, al flusso di migrazioni fino alla corruzione e alla mondanità che investono la politica quanto la stessa Chiesa.

La chiave di volta per parlare al cuore della nazione è Lei: la “Morenita”, la Vergine di Guadalupe patrona del paese, davanti alla cui effigie esposta nella cattedrale metropolitana dell’Assunzione di Città del Messico il Papa si sofferma a pregare per diversi interminabili minuti. “Non potevo non venire! Potrebbe il Successore di Pietro, chiamato dal lontano sud latinoamericano, fare a meno di posare lo sguardo sulla Vergine ‘Morenita’?”, domanda infatti Bergoglio.

Poi si rivolge agli oltre 120 vescovi riuniti nella storica cattedrale già visitata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e pronuncia un corposo discorso che risuona quasi come una ‘enciclica’ per questo folto episcopato alle prese con gravi problematiche sociali, politiche e civili.  Dando voce “a quanto sgorga dal suo cuore di pastore”, il Papa parla quindi di tenerezza, di vicinanza alla gente e di “bisogno di familiarità”, ma non risparmia una forte accusa contro “le nebbie della mondanità” che avvolgono gli stessi presuli, o dal rischio di farsi “corrompere dal volgare materialismo” o “dalle illusioni seduttrici degli accordi sottobanco”. Non mancano poi bacchettate contro chiacchiere, mormorazioni e maldicenze, “vuoti piani di egemonia” e “sterili club di interessi o di consorterie”.

La denuncia più grave è tuttavia quella contro la piaga più purulenta del territorio messicano: il narcotraffico. “Vi prego di non sottovalutare la sfida etica e anti-civica che il narcotraffico rappresenta per l’intera società messicana, compresa la Chiesa”, raccomanda Bergoglio ai vescovi. Perché “le proporzioni del fenomeno, la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora, la gravità della violenza che disgrega e delle sue sconvolte connessioni, non permettono a noi, Pastori della Chiesa, di rifugiarci in condanne generiche”.

Anzi, afferma il Papa, sono necessari “un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia”. Bisogna quindi cominciare dalle famiglie: “Avvicinandoci e abbracciando la periferia umana ed esistenziale dei territori desolati delle nostre città; coinvolgendo le comunità parrocchiali, le scuole, le istituzioni comunitarie, la comunità politica, le strutture di sicurezza, solo così si potrà liberare totalmente dalle acque in cui purtroppo annegano tante vite, sia quella di chi muore come vittima, sia quella di chi davanti a Dio avrà sempre le mani macchiate di sangue, per quanto abbia il portafoglio pieno di denaro sporco e la coscienza anestetizzata”.

In particolare, a preoccupare il Successore di Pietro sono i “tanti che, sedotti dalla vuota potenza del mondo, esaltano le chimere e si rivestono dei loro macabri simboli per commercializzare la morte in cambio di monete che alla fine tarme e ruggine consumano e per cui i ladri scassinano e rubano”.

L’attenzione si sposta quindi sui giovani, a cui il Papa chiede “di offrire un grembo materno”. “Che i vostri sguardi siano capaci di incrociarsi con i loro sguardi, di amarli e di cogliere ciò che essi cercano”, è il suo invito. Come insegna la Vergine Morenita, rimarca Francesco, “l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio”: “Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia”.

Questo per i vescovi si traduce nell’essere pastori “di sguardo limpido, di anima trasparente, di volto luminoso”. “Non abbiate paura della trasparenza”, incoraggia il Santo Padre, “la Chiesa non ha bisogno dell’oscurità per lavorare. Vigilate affinché i vostri sguardi non si coprano con le penombre della nebbia della mondanità; non lasciatevi corrompere dal volgare materialismo né dalle illusioni seduttrici degli accordi sottobanco”.

Poi, di nuovo un riferimento ai narcotrafficanti o a tutti i delinquenti che controllano le gerarchie politiche e, talvolta, anche quelle ecclesiastiche: “Non riponete la vostra fiducia nei ‘carri e cavalli’ dei faraoni attuali, perché la nostra forza è la ‘colonna di fuoco’ che rompe dividendole in due le acque del mare, senza fare grande rumore”, evidenzia Bergoglio.

E invita a chinarsi “con delicatezza e rispetto, sull’anima profonda della vostra gente”. Per farlo è necessario “uno sguardo capace di riflettere la tenerezza di Dio”, specie in questo mondo divenuto sempre più “complesso” dove anche “la prepotente idea del cogito, che non negava che vi fosse almeno una roccia sopra la spiaggia dell’essere – osserva il Pontefice – oggi è dominata da una concezione della vita considerata da molti più che mai vacillante, mutevole e anomica, perché manca di un sostrato solido”.

“Le frontiere, così intensamente invocate e sostenute, sono diventate permeabili alla novità di un mondo in cui la forza di alcuni non può più sopravvivere senza la vulnerabilità di altri”, aggiunge. Colpa anche della “irreversibile ibridazione della tecnologia” che “rende vicino ciò che è lontano ma, purtroppo, rende distante ciò che dovrebbe essere vicino”.

Proprio in questo mondo, Dio chiede ai vescovi di essere capaci di “intercettare la domanda che grida nel cuore della vostra gente”. “A quel grido – esorta il Papa – bisogna rispondere che Dio esiste ed è vicino mediante Gesù”. “Nei vostri sguardi – soggiunge – il popolo messicano ha il diritto di trovare le tracce di quelli che ‘hanno visto il Signore’, di quelli che sono stati con Dio. Questo è l’essenziale. Non perdete, dunque, tempo ed energie nelle cose secondarie, nelle chiacchiere e negli intrighi, nei vani progetti di carriera, nei vuoti piani di egemonia, negli sterili club di interessi o di consorterie. Non lasciatevi fermare dalle mormorazioni e dalle maldicenze. Introducete i vostri sacerdoti in questa comprensione del ministero sacro”.

Uno sguardo “di singolare delicatezza” il Vescovo di Roma lo invoca pure “per i popoli indigeni e le loro affascinanti culture, non di rado massacrate”. “Il Messico ha bisogno delle sue radici amerinde per non rimanere in un enigma irrisolto”, sottolinea, “gli indigeni del Messico aspettano ancora che venga loro riconosciuta effettivamente la ricchezza del loro contributo e la fecondità della loro presenza per ereditare quella identità che vi fa diventare una Nazione unica e non solamente una tra le altre”. “Non stancatevi – prosegue Francesco – di ricordare al vostro Popolo quanto sono potenti le radici antiche che hanno permesso la viva sintesi cristiana di comunione umana, culturale e spirituale che si è forgiata qui”.

Ai pastori quindi il compito “di contribuire all’unità del vostro Popolo; di favorire la riconciliazione delle sue differenze e l’integrazione delle sue diversità; di promuovere la soluzione dei suoi problemi endogeni; di ricordare la misura alta che il Messico può raggiungere se impara ad appartenere a sé stesso prima che ad altri; di aiutare a trovare soluzioni condivise e sostenibili alle sue miserie; di motivare l’intera Nazione a non accontentarsi di meno di quanto si attende dal modo messicano di abitare il mondo”.

Sulla stessa scia, Bergoglio rivolge alla Conferenza Episcopale messicana un’altra raccomandazione: “Vi prego di non cadere nella paralisi di dare vecchie risposte alle nuove domande. Il vostro passato – annota – è un pozzo di ricchezze da scavare, che può ispirare il presente e illuminare il futuro. Guai a voi se dormite sugli allori! Occorre non disperdere l’eredità ricevuta custodendola con un lavoro costante”.

L’invito è dunque “a faticare senza paura nel compito di evangelizzare e di approfondire la fede, mediante una catechesi mistagogica che sappia far tesoro della religiosità popolare della vostra gente”. Ciò implica di “superare la tentazione della distanza e del clericalismo, della freddezza e dell’indifferenza, del comportamento trionfale e dell’autoreferenzialità”. Perché, come insegna Guadalupe, “la prossimità e la condiscendenza possono fare più della forza”.

Allora “solo una Chiesa capace di proteggere il volto degli uomini che vanno a bussare alla sua porta è capace di parlare loro di Dio”, afferma il Papa. “Se non decifriamo le loro sofferenze, se non ci accorgiamo dei loro bisogni, nulla potremo offrire”.   Il primo volto che Papa Francesco supplica di custodire è quello dei sacerdoti: “Non lasciateli esposti alla solitudine e all’abbandono, preda della mondanità che divora il cuore”, raccomanda. “Siate attenti e imparate a leggere i loro sguardi per gioire con loro quando si sentono felici di raccontare ciò che hanno fatto e insegnato, e anche per non tirarsi indietro quando si sentono un po’ umiliati e non possono far altro che piangere perché hanno rinnegato il Signore”. 

“Non manchi mai la vostra paternità di Vescovi verso i vostri sacerdoti”, esorta ancora Francesco. “Incoraggiate la comunione tra di loro; fate sì che possano perfezionare i loro doni; inseriteli nelle grandi cause perché il cuore dell’apostolo non è stato fatto per piccole cose”. La Chiesa messicana sia dunque “‘casetta’ familiare e al tempo stesso ‘sacra’”. Non c’è infatti bisogno di “prìncipi”, bensì “di una comunità di testimoni del Signore”.

Dal Papa anche un apprezzamento per i notevoli passi compiuti dall’Episcopato del paese “in questi anni conciliari”. Chiede quindi di continuare su questo cammino senza scoraggiamenti e di “non risparmiare ogni possibile sforzo per promuovere, tra di voi e nelle vostre diocesi, lo zelo missionario, soprattutto verso le parti più bisognose dell’unico corpo della Chiesa messicana”. In tal senso è fondamentale curare la formazione e la preparazione dei laici, “superando ogni forma di clericalismo e coinvolgendoli attivamente nella missione della Chiesa”.

Le ultime parole di Papa Bergoglio sono per la questione dei migranti, un’altro peso nel cuore della società messicana. “Sono milioni – osserva il Pontefice – i figli della Chiesa che oggi vivono nella diaspora o in transito peregrinando verso il nord in cerca di nuove opportunità. Molti di loro lasciano alle spalle le proprie radici per avventurarsi, anche nella clandestinità che implica ogni tipo di rischio, alla ricerca della ‘luce verde’ che considerano come loro speranza”.

“Tante famiglie si dividono”, prosegue, “e non sempre l’integrazione nella presunta ‘terra promessa’ è così facile come si pensa”. Ai vescovi il Papa lascia dunque un preciso mandato: “I vostri cuori siano capaci di seguirli e raggiungerli al di là delle frontiere. Rafforzate la comunione con i vostri fratelli dell’episcopato statunitense affinché la presenza materna della Chiesa mantenga vive le radici della loro fede, le ragioni della loro speranza e la forza della loro carità… Testimoniate uniti che la Chiesa è custode di una visione unitaria dell’uomo e non può accettare che sia ridotto a mera ‘risorsa umana’”.

Papa Francesco si dice infine “sicuro” che “il Messico e la sua Chiesa arriveranno in tempo all’appuntamento con sé stessi, con la storia, con Dio”. “Talvolta – conclude – qualche pietra sulla strada rallenta la marcia e la fatica del tragitto richiederà qualche sosta, ma mai al punto da far perdere la meta. Infatti, può forse arrivare tardi chi ha una Madre che lo aspetta? Chi continuamente può sentire risuonare nel proprio cuore: ‘Non ci sono qui io, io, che sono tua Madre?’”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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