Benedetto XVI, un Papa per il nostro tempo, afferma monsignor Fisichella

Intervenendo all’Istituto Italiano di Cultura di Monaco

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MONACO, martedì, 19 settembre 2006 (ZENIT.org).- Secondo monsignor Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense e Vescovo ausiliare di Roma, Benedetto XVI è tra i pochi che possono aiutare a far sì che il mondo riesca a “trovare la via giusta per orientare il cambiamento epocale in cui siamo immersi”.

In una conferenza pronunciata l’8 settembre a Monaco di Baviera sul tema “Il pensiero teologico di Benedetto XVI e l’Europa”, nell’ambito del ciclo “Conversazioni sull’Europa” organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura della città tedesca, monsignor Fisichella ha esposto tre elementi che esprimono una sintesi del pensiero del Papa e, allo stesso tempo, “i tratti fondamentali del suo agire in questo primo anno di pontificato”.

“In primo piano emerge il tema dell’identità del cristianesimo dinanzi alle sfide che si pongono nell’attuale contesto culturale, politico e sociale”, ha affermato.

“In secondo luogo, viene espresso il rapporto tra il cristianesimo soprattutto dinanzi al progetto di una nuova Europa unita che obbliga a compiere delle riflessioni sul suo futuro in ordine a quale legislazione e conseguente cultura sarà presente nei prossimi decenni – ha proseguito –. Infine, si sottolinea la centralità della persona e il valore della sua dignità dall’inizio fino alla fine dell’esistenza come l’immutabile centro della dottrina sociale della Chiesa”.

“Questi tre temi, di fatto, sono riportati in unità da Benedetto XVI attraverso l’analisi di ciò che sta a fondamento della nostra fede: l’azione sempre creatrice di Dio, che in ogni epoca non si stanca mai di dare i segni della sua presenza nella nostra storia come espressione rinnovatrice dell’uomo e dell’intero creato”, ha proseguito.

Il tema della fede non è solo uno dei punti cardine del pensiero papale, ha constatato monsignor Fisichella, “ma svolge anche il ruolo di chiave ermeneutica della sua intera produzione”, perché “porta con sé le domande fondamentali dell’esistenza che permettono di raggiungere sia l’identità personale sia il significato del mondo, orientando lo sguardo verso il mistero ultimo di Dio”.

“In una parola, la fede costituisce 1’apporto finale a cui rimettere il problema del senso dell’esistenza e della verità ultima e definitiva della vita”, ha spiegato.

Quanto all’identità del cristiano, monsignor Fisichella sostiene che “la visione della fede e dell’impegno del cristiano nel mondo” di Joseph Ratzinger sia stata segnata dalla ricerca sulla Chiesa come corpo di Cristo e popolo di Dio, consolidatasi “soprattutto in relazione al mistero eucaristico come fonte e culmine dell’intera vita ecclesiale e di ogni credente”.

L’Eucaristia, infatti, “permette di compiere gesti che superano la capacità personale per immettere in uno spazio comunitario ed ecclesiale”.

“Credere è un atto ecclesiale mediante il quale la coscienza di essere inseriti nella vita di una comunità e nell’orizzonte della stessa vita trinitaria permette di testimoniare nel mondo il senso della comunione”.

Circa il secondo tema, l’Europa, monsignor Fisichella ha ricordato che il Papa “ripropone costantemente un’idea centrale del suo pensiero: siamo nel mezzo di un reale e profondo cambiamento culturale”, che si colloca “alla fine di una radicalizzazione del pensiero illuminista e razionalista che ponendo sempre più l’uomo al centro ha fatto perdere di vista Dio”.

“Il fatto religioso come pure a maggior ragione il giudizio morale vengono considerati nella sfera della soggettività, non hanno più alcuna cittadinanza nella sfera dell’oggettività; in una parola si è in pieno relativismo”, ha osservato.

“In un mondo sottomesso alla logica del ‘sapere-fare’, la questione di Dio risulta di fatto estranea; Dio non è negato, ma rimane come uno sconosciuto di cui non si sente il bisogno per la trasformazione del mondo e per il giudizio sulle proprie azioni; anche se c’è, egli non modifica sostanzialmente la mia vita e quella del mondo”, ha proseguito il Vescovo.

Il dramma della nostra epoca, ha denunciato Fisichella, è che “la forza morale non è cresciuta assieme allo sviluppo della scienza; anzi, è piuttosto diminuita perché la mentalità tecnica confina la morale nell’ambito soggettivo mentre noi abbiamo bisogno di una morale pubblica, una morale che sappia rispondere alle minacce che gravano sull’esistenza di tutti noi. In vero, il più grave pericolo di questo momento sta proprio in questo squilibrio tra le possibilità tecniche ed energia morale”.

Il terzo tema, quello “decisivo”, è “l’apologia della vita”.

Il fondamento del magistero di Benedetto XVI, ha ricordato monsignor Fisichella, è infatti “facilmente riscontrabile in un duplice assioma”: il primo è la sacralità della vita, “elemento oggettivo che prescinde dalla concezione credente”, per cui lo Stato ha come compito primario “quello di garantire l’esistenza personale e renderla sempre più concreta come relazione sociale”.

Il secondo assioma “è quasi una naturale conseguenza: là dove si perde il rispetto per la sacralità della vita, si cade nel baratro; più nessuno, infatti, sarà in grado di comprendere la propria identità personale e di dare risposta alla domanda fondamentale sul senso dell’esistenza”.

Nel mondo attuale, ha constatato il Rettore della Lateranense, accanto a tanti segni di scristianizzazione ci sono anche diversi fattori che permettono di intravedere “una ripresa del sacro e il desiderio di spiritualità”.

In questa difficile situazione, monsignor Fisichella si è detto convinto che “la voce di Benedetto XVI, unita a quella di pochi altri che in questo momento intravedono con maggior lucidità e lungimiranza la crisi in atto e i pericoli connessi, possa segnare una provocazione a pensare e riflettere perché il nostro piccolo mondo, sempre più circoscritto in uno spazio effimero, possa trovare la forza per uno scatto di reni capace di andare oltre il canto delle sirene e trovare la via giusta per orientare il cambiamento epocale in cui siamo immersi”.

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ZENIT Staff

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