Benedetto XVI: pregate, lavorate, soffrite per la Chiesa

Durante l’Udienza generale ricorda Sant’Anselmo d’Aosta

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 23 settembre 2009 (ZENIT.org).- Amare la Chiesa vuol dire “pregare, lavorare e soffrire per essa, senza mai abbandonarla o tradirla”. E’ quanto ha detto questo mercoledì Benedetto XVI all’Udienza generale nell’Aula Paolo VI tratteggiando la figura di sant’Anselmo d’Aosta, fondatore della teologia scolastica, di cui ricorre quest’anno il IX centenario della morte. 

Di questo monaco e pensatore medievale, che fu priore e poi Abate di Bec, in Francia, e in seguito Arcivescovo di Canterbury, il Papa ha richiamato soprattutto “lo zelo pieno di coraggio che ha contraddistinto la sua azione pastorale e che gli ha procurato talora incomprensioni, amarezze e perfino l’esilio”.

Modello e testimonianza di amore alla Chiesa, Anselmo fu “intransigente difensore della libertas Ecclesia, della libertà della Chiesa” al fine di preservare l’indipendenza del potere spirituale da quello temporale, denunciando le indebite ingerenze delle autorità politiche.

Per questa ragione fu prima costretto all’esilio e poi riammesso alla sede vescovile quando Enrico I, nel 1106, rinunciò a conferire le investiture ecclesiastiche, a riscuotere le tasse e confiscare i beni della Chiesa.

Anselmo era consapevole che “il cammino di ricerca di Dio non è mai concluso, almeno su questa Terra”.

Da qui deriva, ha evidenziato il Papa, un insegnamento valido anche oggi “per una sana ricerca teologica e per chiunque voglia approfondire la verità della fede”: il teologo “non può contare solo sulla sua intelligenza, ma deve coltivare al tempo stesso una profonda esperienza di fede”.

Sant’Anselmo insegna che l’attività del teologo si sviluppa in tre stadi: “la fede, dono gratuito di Dio da accogliere con umiltà; l’esperienza, che consiste nell’incarnare la parola di Dio nella propria esistenza quotidiana; e quindi la vera conoscenza, che non è mai frutto di asettici ragionamenti, bensì di un’intuizione contemplativa”.

Per questo Benedetto XVI ha auspicato che l’amore per la verità e la costante sete di Dio di Anselmo possano essere “stimolo per ogni cristiano a ricercare senza mai stancarsi un’unione sempre più intima con Cristo, Via, Verità e Vita”.

Prima di congedarsi, il Papa ha infine espresso il desiderio che la figura di Anselmo “sia un incoraggiamento per i Pastori, per le persone consacrate e per tutti i fedeli ad amare la Chiesa di Cristo, a pregare, a lavorare e soffrire per essa, senza mai abbandonarla o tradirla”.

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ZENIT Staff

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