Benedetto XVI: la Domenica delle Palme, inno alla sequela di Gesù

Presiede la solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 28 marzo 2010 (ZENIT.org).- La sequela di Cristo, via per la vera gioia, è il tema che guida la Domenica delle Palme, ha ricordato Benedetto XVI questa domenica mattina presiedendo la solenne celebrazione liturgica in Piazza San Pietro.

Il Pontefice ha benedetto le palme e gli ulivi, e al termine della processione ha celebrato la Santa Messa della Passione del Signore. Hanno preso parte alla celebrazione giovani di Roma e di altre Diocesi in occasione della XXV Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10, 17).

“Essere cristiani significa considerare la via di Gesù Cristo come la via giusta per l’essere uomini – come quella via che conduce alla meta, ad un’umanità pienamente realizzata e autentica”, ha spiegato il Papa nella sua omelia.

“Essere cristiani è un cammino, o meglio: un pellegrinaggio, un andare insieme con Gesù Cristo. Un andare in quella direzione che Egli ci ha indicato e ci indica”.

Ascesa a Dio

“Di quale direzione si tratta? Come la si trova?”, ha chiesto, rispondendo che si tratta di “un’ascesa alla vera altezza dell’essere uomini”.

Gesù, infatti, “cammina avanti a noi, e va verso l’alto”, conducendoci “fino alle altezze di Dio, alla comunione con Dio, all’essere-con-Dio. È questa la vera meta, e la comunione con Lui è la via”.

Questo camminare con Cristo “è al contempo sempre un camminare nel ‘noi’ di coloro che vogliono seguire Lui”, introduce nella “comunità”.

Allo stesso modo, “è sempre anche un essere portati”: “ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio”, che “ci tira e ci sostiene”.

“Fa parte della sequela di Cristo che ci lasciamo integrare in tale cordata; che accettiamo di non potercela fare da soli. Fa parte di essa questo atto di umiltà, l’entrare nel ‘noi’ della Chiesa”:

L’importanza della croce

La Croce, ha proseguito Benedetto XVI, è parte integrante dell’ascesa.

“Come nelle vicende di questo mondo non si possono raggiungere grandi risultati senza rinuncia e duro esercizio”, “così la via verso la vita stessa, verso la realizzazione della propria umanità è legata alla comunione con Colui che è salito all’altezza di Dio attraverso la Croce”.

La Croce, dunque “è espressione di ciò che l’amore significa: solo chi perde se stesso, si trova”.

Gerusalemme

Se il nostro pellegrinaggio alla sequela di Cristo non va verso una città terrena, ma “verso la nuova Città di Dio che cresce in mezzo a questo mondo”, il pellegrinaggio alla Gerusalemme terrestre può essere “un elemento utile per tale viaggio più grande”, ha constatato il Papa ricordando il viaggio che ha compiuto in Terra Santa nel maggio scorso.

A quel pellegrinaggio, ha aggiunto, ha collegato tre significati, innanzitutto l’importanza di poter “vedere e toccare con le nostre mani” quello che si ascolta.

“La fede in Gesù Cristo non è un’invenzione leggendaria – ha constatato -. Essa si fonda su di una storia veramente accaduta”.

“Seguire le vie esteriori di Gesù deve aiutarci a camminare più gioiosamente e con una nuova certezza sulla via interiore che Egli ci ha indicato e che è Lui stesso”, ha rilevato.

Quando si va in Terra Santa come pellegrini, ha aggiunto, vi si va anche “come messaggeri della pace, con la preghiera per la pace; con l’invito forte a tutti di fare in quel luogo” “veramente un luogo di pace”.

“Così questo pellegrinaggio è al tempo stesso – come terzo aspetto – un incoraggiamento per i cristiani a rimanere nel Paese delle loro origini e ad impegnarsi intensamente in esso per la pace”.

Supplica per la pace

Il Papa ha quindi richiamato l’acclamazione con cui i pellegrini salutano Gesù alle porte di Gerusalemme, “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!”.

“Sanno troppo bene che in terra non c’è pace. E sanno che il luogo della pace è il cielo – sanno che fa parte dell’essenza del cielo di essere luogo di pace”. Questa acclamazione è così “espressione di una profonda pena e, insieme, è preghiera di speranza”, come oggi.

“Preghiamo il Signore affinché porti a noi il cielo: la gloria di Dio e la pace degli uomini”, ha esortato il Santo Padre.

“Sappiamo che il cielo è cielo, luogo della gloria e della pace, perché lì regna totalmente la volontà di Dio. E sappiamo che la terra non è cielo fin quando in essa non si realizza la volontà di Dio – ha concluso -. Salutiamo quindi Gesù che viene dal cielo e lo preghiamo di aiutarci a conoscere e a fare la volontà di Dio. Che la regalità di Dio entri nel mondo e così esso sia colmato con lo splendore della pace”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione