Benedetto XVI: la Chiesa non può essere emarginata dalla vita sociale

In un messaggio inviato al Cardinale Erdö per la plenaria del CCEE

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ROMA, venerdì, 2 ottobre 2009 (ZENIT.org).- “La giusta distinzione tra Stato e Chiesa non separi quest’ultima dalla vita sociale e culturale”. E’ l’invito espresso dal Papa in un messaggio inviato al Cardinale Peter Erdö, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), in occasione dell’Assemblea plenaria di questo organismo ecclesiale.

Dal 1° al 4 ottobre prossimi, i Presidenti delle Conferenze Episcopali d’Europa sono riuniti a Parigi per riflettere sul tema “Chiesa e Stato, venti anni dopo il crollo del Muro di Berlino”.

L’evento si svolge presso la Maison de la Conférence des évêques de France su invito del Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi e Presidente dei Vescovi francesi.

Nel messaggio a firma del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, Benedetto XVI ricorda che “la Chiesa è fedele alla sua missione di verità in favore di una società a misura d’uomo, della sua dignità e della sua vocazione” e che questa fedeltà “è garanzia di uno sviluppo umano integrale, rimedio ai molteplici squilibri di cui il nostro mondo soffre oggi”.

Dunque la Chiesa stessa, prosegue il testo, “desidera che il vissuto degli uomini e dei popoli sia ispirato e animato dalla carità. Così essa concorre all’edificazione di quella città di Dio verso cui cammina la famiglia umana”.

Nella prolusione svolta il 1° ottobre il Cardinale Péter Erdő ha afferamto che “a vent’anni di distanza dalla caduta del muro di Berlino, che è il simbolo della fine, in molti dei nostri paesi, di regimi atei e comunisti, stiamo vivendo adesso altre difficoltà e altre sfide”.

“L’Unione Europea, alla quale molti nostri paesi appartengono, sta per intraprendere nuove iniziative partendo dal Trattato di Lisbona – ha aggiunto –. La Chiesa sostiene tutto ciò che può portare a rafforzare la pace e le relazioni di solidarietà fra paesi, ma sarà anche sempre vigilante affinché siano garantiti il bene comune, il rispetto per la vita e la libertà religiosa”.

Oggi, ha continuato, “l’Europa ha bisogno di più sacerdoti” così come “la Chiesa in Europa ha molto bisogno di laici, di famiglie e di persone che, nei loro posti di lavoro e nelle loro case, in politica, nella cultura, nelle istituzioni sociali, nelle scuole e nelle università possano essere veramente il volto di Cristo”.

Il 2 ottobre, il prof. Giorgio Feliciani, del Centro studi sugli Enti ecclesiastici dell’Università cattolica di Milano, ha presentato una relazione sui risultati dell’indagine europea su Chiesa e Stato promossa dal CCEE presso le Conferenze Episcopali d’Europa.

Circa lo status giuridico della Chiesa Cattolica nei diversi paesi europei, nella ricerca si legge che “pressoché unanimemente le risposte pervenute segnalano l’esistenza di forme di relazione tra la Conferenza episcopale e le autorità dello Stato”, anche se “le modalità risultano ovviamente molto diversificate”.

“In linea di massima si può […] affermare che, sia pure in varie forme e con diverse fortune, le Conferenze episcopali svolgono un ruolo di tutto rilievo nei rapporti della Chiesa con gli Stati” e anzi “da diversi parti si segnala poi che le relazioni con gli enti locali sono migliori di quelle a livello nazionale”.

Circa gli interventi della Chiesa in materie socialmente rilevanti, continua la ricerca, “dal complesso delle risposte si può dedurre che essi in alcuni Paesi vengono apprezzati o comunque tenuti in considerazione, come in Germania, Francia, Lituania, ma anche in Albania e Grecia”.

“Peraltro gli episcopati dell’Inghilterra, della Moldavia, della Polonia, del Portogallo avvertono, molto giustamente, che occorre distinguere – prosegue lo studio –. Infatti, mentre le dichiarazioni in tema di sessualità, famiglia, bioetica, quando non vengono del tutto ignorate, suscitano reazioni negative, quelle riguardanti problemi sociali come i diritti umani, la solidarietà, lo sviluppo, sono apprezzate e valorizzate”.

“Accade persino che, quanti sono del tutto contrari alle prime considerandole un’indebita ingerenza, vorrebbero un maggior impegno della Chiesa nelle seconde. Questa è, per diretta conoscenza, la situazione italiana”, afferma ancora la ricerca.

“In ogni caso va tenuto presente la constatazione che le pubbliche prese di posizione assunte insieme ad altre chiese, o anche unitamente a comunità ebraiche e islamiche, e a persone prive di convinzione religiose, ottengono maggior ascolto”, si avverte poi.

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ZENIT Staff

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