Benedetto XVI incoraggia l’unità fra le Chiese armene divise

Nel ricevere in udienza i Membri del Sinodo Patriarcale Armeno

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CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 20 marzo 2006 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha rivolto questo lunedì un incoraggiamento alle Chiese divise dell’Armenia a proseguire sul cammino della “fraternità e collaborazione”, in vista della “piena unità”.

Sono state queste le parole pronunciate a fine mattinata dal Santo Padre nel ricevere in udienza i Membri del Sinodo Patriarcale Armeno guidati da Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni (Libano), ed accompagnati da un folto gruppo di pellegrini.

L’incontro con il Papa si colloca al termine delle riunioni, tenutesi a Roma nei giorni scorsi, nel Collegio armeno presso la Chiesa di San Nicola da Tolentino, prima del Consiglio Permanente del Sinodo della Chiesa Armena Cattolica, e poi dell’intero Sinodo Patriarcale Armeno.

La storia della Chiesa armena affonda le proprie radici agli inizi del II secolo. La tradizione fa risalire, infatti, il primo annuncio del Vangelo in Armenia agli apostoli Taddeo e Bartolomeo. Tuttavia è solo a seguito dell’apostolato di san Gregorio l’ Illuminatore che nel 301 battezzò il re Tiridate III e la sua corte, che il cristianesimo divenne – per la prima volta nella storia – religione di Stato.

San Gregorio – più tardi ordinato Vescovo in Cesarea di Cappadocia – dedicò le proprie forze a debellare il paganesimo dando alla sua Chiesa un’organizzazione gerarchica, con a capo il Catholicos (Katholikos).

Successivamente, in seguito al quarto Concilio Ecumenico di Calcedonia del 465 ci fu la separazione della Chiesa armena da quella di Bisanzio e di Roma, poiché Papa Leone I rifiutò di accettare il 28.mo canone che sanciva l’uguaglianza fra la Sede apostolica di Roma e il Patriarca di Costantinopoli, assegnando a quest’ultimo il Primato.

In seguito vi fu, tuttavia, una corrente assai importante di Vescovi, sacerdoti e popolo rimasti fedeli alla dottrina calcedonese, soprattutto nell’Armenia Minore. Persino dopo lo scisma del 608-609, alcuni Catholicos e Vescovi abbracciarono la dottrina calcedonese e scrissero ai Papi lettere di piena comunione nella fede.

Le diverse persecuzioni cui furono sottoposti nei secoli i sostenitori della fede calcedonese li spinsero in seguito al tentativo di costituire una gerarchia indipendente per la loro comunità. Così si giungerà ad eleggere come Catholicos calcedonese, monsignor Abraham Arzivian, Vescovo di Aleppo, che fu ufficialmente confermato dal Papa Benedetto XIV nel 1742.

Monsigor Arzivian, divenne così Patriarca di Cilicia per gli Armeni, con sede a Beirut (Libano) e con la giurisdizione della parte meridionale dell’Impero Ottomano. Successivamente, a causa di complicazioni politiche nell’impero, la sede venne però spostata a Constantinopoli (Istanbul).

Da allora la Chiesa Armena Cattolica si separò dalla Chiesa Armena Apostolica con centro nella sede di Etchmiadzin (nei pressi di Erevan, la capitale dell’Armenia), fondata nel 1441 da alcuni Vescovi e monaci anticalcedonesi e che è guidata attualmente da Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catolicos di tutti gli Armeni.

Nel corso dell’udienza, il Papa ha manifestato da subito la propria “profonda riconoscenza” per “il forte attaccamento, talvolta sino al martirio, che la vostra Comunità ha sempre dimostrato verso la Sede di Pietro in un reciproco e fecondo rapporto di fede e di affetto”.

Nel suo discorso il Pontefice ha quindi messo in risalto le sofferenze patite dal Popolo armeno “in nome della fede cristiana negli anni della terribile persecuzione che resta nella storia col nome tristemente significativo di metz yeghèrn, il grande male”, che ebbe inizio nell’anno 1915.

Il Genocidio del popolo armeno fu perpetrato dai Giovani Turchi, allora ascesi al potere. Su di una popolazione di circa 2 milioni 600 mila Armeni nell’Impero Ottomano ormai agonizzante, quasi un milione e mezzo furono atrocemente massacrati.

Per la Chiesa Armena Cattolica morirono 8 Vescovi, 111 sacerdoti, 53 religiose e un numero considerevole di fedeli, circa 80.000. La maggior parte dei vescovadi, delle chiese, dei presbiterii, dei conventi, delle scuole fu saccheggiata, profanata e derubata. Numerose furono le vittime anche fra gli Armeni apostolici e quelli protestanti.

In seguito, in considerazione del suo fulgido esempio di dedizione e testimonianza della fede in Cristo, il 7 ottobre 2001, Giovanni Paolo II ha voluto beatificare un presule armeno martirizzato: monsignor Ignazio Maloyan, Arcivescovo di Mardin.

Il Genocidio segnò anche l’inizio della diaspora dei cristiani armeni in tutto il mondo che oggi sono più di sette milioni e sono presenti oltre che in Armenia, anche in Russia, in Georgia, nel Medio Oriente, in America Settentrionale, in America meridionale, in Europa ed in altri Paesi della diaspora.

Nel 1991, dopo la caduta del comunismo, fu instaurato dalla Santa Sede l’Ordinariato dell’Europa Orientale per gli Armeni cattolici degli ex Paesi sovietici, dove furono erette parrocchie, conventi e centri culturali in Armenia, Georgia e Russia.

In questi territori oggi si trova la stragrande maggioranza degli Armeni cattolici circa 400.000 su 600.000 fedeli totali. Mentre nel territorio patriarcale risiedono qualcosa come il 9% del numero complessivo dei fedeli.

“In Medio Oriente, in Cilicia e, successivamente, in Libano, la Provvidenza ha collocato il Patriarcato degli armeno-cattolici: ad esso, tutti i fedeli armeno-cattolici guardano come a saldo punto di riferimento spirituale per la loro secolare tradizione culturale e liturgica”, ha poi continuato il Vescovo di Roma.

Il Papa ha quindi osservato come le diverse Chiese, che riconoscono in San Gregorio l’Illuminatore, “il comune padre fondatore, sono fra loro divise, anche se negli ultimi decenni tutte hanno ripreso un dialogo cordiale e fruttuoso, al fine di riscoprire le comuni radici”.

A questo proposito, come “segno confortante” di questa “auspicata unità”, Benedetto XVI ha ricordato la celebrazione nel 2001 del 1700º anniversario del Battesimo della nazione armena, quando la Chiesa Armena Cattolica aveva conosciuto un ravvicinamento alla Chiesa Apostolica di Etchmiadzin e l’inizio di un periodo nuovo di relazioni fraterne.

Per quella ricorrenza, Giovanni Paolo II aveva pubblicato una Lettera Apostolica (2 febbraio 2001), per far meglio conoscere al mondo cattolico la storia della conversione e le vicende del popolo armeno.

“Incoraggio questa ritrovata fraternità e collaborazione, auspicando che da essa scaturiscano nuove iniziative per un percorso comune verso la piena unità”, ha poi detto loro Benedetto XVI.

“Se gli avvenimenti storici hanno visto la frammentazione della Chiesa armena, la Divina Provvidenza farà sì che un giorno essa torni ad essere unita con una sua Gerarchia in fraterna sintonia interna e in piena comunione con il Vescovo di Roma”, ha aggiunto.

“Vogliamo essere tutti strumenti a disposizione di Cristo; Egli, che è Via, Verità e Vita, ci conceda di perseverare con ogni nostra forza, perché vi sia quanto prima un solo gregge sotto un solo Pastore”, ha infine concluso.

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ZENIT Staff

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