Benedetto XVI: in Gesù si trova la forza per aprirsi agli altri

Celebra la Messa nel Parco San Giuliano di Mestre

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MESTRE, domenica, 8 maggio 2011 (ZENIT.org).- In Gesù si trova la forza per aprirsi agli altri, e le basi della “scuola di Cristo”, comunione, solidarietà e condivisione, sono le chiavi da opporre a una mentalità dilagante che rischia di diluire il cristianesimo trasformandolo in qualcosa che non ha alcuna conseguenza sulle azioni quotidiane.

Di fronte a 300.000 persone riunite questa domenica mattina per la celebrazione della Messa nel Parco San Giuliano di Mestre, Papa Benedetto XVI ha esortato a porsi alla scuola di Gesù prendendo spunto dal Vangelo del giorno, che presentava l’episodio dei discepoli di Emmaus, “un racconto che non finisce mai di stupirci e di commuoverci” e “mostra le conseguenze che Gesù risorto opera nei due discepoli: conversione dalla disperazione alla speranza; conversione dalla tristezza alla gioia; e anche conversione alla vita comunitaria”.

“Talvolta, quando si parla di conversione, si pensa unicamente al suo aspetto faticoso, di distacco e di rinuncia”, ha osservato il Pontefice, indicando che la conversione cristiana è invece “anche e soprattutto fonte di gioia, di speranza e di amore”.

“Essa è sempre opera di Cristo risorto, Signore della vita, che ci ha ottenuto questa grazia per mezzo della sua passione e ce la comunica in forza della sua risurrezione”, ha indicato.

Nel contesto odierno, ha riconosciuto il Papa, l’“essere di Cristo” rischia di “svuotarsi della sua verità e dei suoi contenuti più profondi”, “di diventare un orizzonte che solo superficialmente – e negli aspetti piuttosto sociali e culturali -, abbraccia la vita”, “di ridursi ad un cristianesimo nel quale l’esperienza di fede in Gesù crocifisso e risorto non illumina il cammino dell’esistenza”.

“Il problema del male, del dolore e della sofferenza, il problema dell’ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall’ingiustizia”.

“Anche un popolo tradizionalmente cattolico”, ha aggiunto, può “avvertire in senso negativo, o assimilare quasi inconsciamente, i contraccolpi di una cultura che finisce per insinuare un modo di pensare nel quale viene apertamente rifiutato, o nascostamente ostacolato, il messaggio evangelico”.

“È necessario, allora, per ciascuno di noi, come è avvenuto ai due discepoli di Emmaus, lasciarsi istruire da Gesù”, ha spiegato Benedetto XVI: “innanzitutto, ascoltando e amando la Parola di Dio, letta nella luce del Mistero Pasquale, perché riscaldi il nostro cuore e illumini la nostra mente, e ci aiuti ad interpretare gli avvenimenti della vita e dare loro un senso”.

Occorre poi “sedersi a tavola con il Signore, diventare suoi commensali, affinché la sua presenza umile nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue ci restituisca lo sguardo della fede, per guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio, nella luce del suo amore”.

Bisogna dunque “rimanere con Gesù che è rimasto con noi, assimilare il suo stile di vita donata, scegliere con lui la logica della comunione tra di noi, della solidarietà e della condivisione”, e ciò avviene soprattutto accostandosi all’Eucaristia, che è “la massima espressione del dono che Gesù fa di se stesso” e “un invito costante a vivere la nostra esistenza nella logica eucaristica, come un dono a Dio e agli altri”.

I discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto Gesù nello spezzare il pane, “partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”, dice il Vangelo di Luca. “Sentono il bisogno di ritornare a Gerusalemme e raccontare la straordinaria esperienza vissuta: l’incontro con il Signore risorto”, ha commentato il Pontefice.

“C’è un grande sforzo da compiere perché ogni cristiano, qui nel Nord-est come in ogni altra parte del mondo, si trasformi in testimone, pronto ad annunciare con vigore e con gioia l’evento della morte e della risurrezione di Cristo”, ha sottolineato.

“Ponete al centro della vostra vita Cristo! Costruite su di Lui l’edificio della vostra esistenza”, ha chiesto il Papa ai presenti. “In Gesù troverete la forza per aprirvi agli altri e per fare di voi stessi, sul suo esempio, un dono per l’intera umanità”.

Attorno ad Aquileia, ha proseguito il Pontefice, “si ritrovarono uniti popoli di lingue e culture diverse, fatti convergere non solo da esigenze politiche ma, soprattutto, dalla fede in Cristo e dalla civiltà ispirata dall’insegnamento evangelico, la Civiltà dell’Amore”.

“Le Chiese generate da Aquileia sono chiamate oggi a rinsaldare quell’antica unità spirituale, in particolare alla luce del fenomeno dell’immigrazione e delle nuove circostanze geopolitiche in atto. La fede cristiana può sicuramente contribuire alla concretezza di un tale programma, che interessa l’armonico ed integrale sviluppo dell’uomo e della società in cui egli vive”.

“La mia presenza tra voi vuole essere, perciò, anche un vivo sostegno agli sforzi che vengono dispiegati per favorire la solidarietà fra le vostre Diocesi del Nord-est – ha concluso –. Vuole essere, inoltre, un incoraggiamento per ogni iniziativa tendente al superamento di quelle divisioni che potrebbero vanificare le concrete aspirazioni alla giustizia e alla pace”.

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ZENIT Staff

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