Benedetto XVI: contemplazione e azione, requisiti inseparabili per il cristiano

Presenta nell’udienza generale Sant’Isidoro di Siviglia

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 18 giugno 2008 (ZENIT.org).- La contemplazione e l’azione sono i due elementi indispensabili e inseparabili della vita cristiana, ha affermato questo mercoledì Benedetto XVI presentando durante l’udienza generale Sant’Isidoro di Siviglia, ritenuto l’ultimo dei Padri cristiani dell’antichità.

Il Santo, ha ricordato il Papa, era fratello minore di Leandro, Vescovo di Siviglia e grande amico di Papa Gregorio Magno.

Per il Pontefice, questa parentela è importante perché “permette di tenere presente un accostamento culturale e spirituale indispensabile alla comprensione della personalità di Isidoro”, intorno al quale Leandro, “persona molto esigente, studiosa e austera”, aveva creato “un contesto familiare caratterizzato dalle esigenze ascetiche proprie di un monaco e dai ritmi di lavoro richiesti da una seria dedizione allo studio”. 

“Uomo dalle contrapposizioni dialettiche accentuate”, Isidoro sperimentò anche nella vita personale un “permanente conflitto interiore”, “fra desiderio di solitudine, per dedicarsi unicamente alla meditazione della Parola di Dio, ed esigenze della carità verso i fratelli della cui salvezza si sentiva, come Vescovo, incaricato”.

Tra i suoi insegnamenti, figura l’esortazione a chi vuole “raggiungere il riposo della contemplazione” di “allenarsi prima nello stadio della vita attiva”, per poter poi, “liberati dalle scorie dei peccati”, “esibire quel cuore puro che, unico, permette di vedere Dio”. 

Riconoscendo il rischio di ridursi a un’unica dimensione, tuttavia, il Santo esortava a imitare Cristo dedicandosi “alla contemplazione senza negarsi alla vita attiva”.

“Comportarsi diversamente non sarebbe giusto – affermava -. Infatti come si deve amare Dio con la contemplazione, così si deve amare il prossimo con l’azione. E’ impossibile dunque vivere senza la compresenza dell’una e dell’altra forma di vita, né è possibile amare se non si fa esperienza sia dell’una che dell’altra”. 

“Ritengo che questa sia la sintesi di una vita che cerca la contemplazione di Dio, il dialogo con Dio nella preghiera e nella lettura della Sacra Scrittura, come pure l’azione a servizio della comunità umana e del prossimo”, ha osservato il Papa.

“Questa sintesi è la lezione che il grande Vescovo di Siviglia lascia a noi, cristiani di oggi, chiamati a testimoniare Cristo all’inizio di un nuovo millennio”, ha aggiunto. 

Allo stesso modo, il Pontefice ha ricordato l’attualità del Santo per “l’enorme difficoltà di affrontare in modo adeguato problemi assai gravi come quelli dei rapporti con gli eretici e con gli Ebrei”.

Questa situazione, ha concluso, è concreta anche al giorno d’oggi, “soprattutto se si considera ciò che avviene in certe regioni nelle quali sembra quasi di assistere al riproporsi di situazioni assai simili a quelle presenti nella penisola iberica in quel sesto secolo”.

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ZENIT Staff

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