Benedetto XVI: che cosa vuol dire avere “un cuore docile”?

Angelus domenicale a Castel Gandolfo

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CASTEL GANDOLFO, domenica, 24 luglio 2011 (ZENIT.org).- Nelle parole che ha rivolto ai fedeli e ai pellegrini giunti questa domenica a Castel Gandolfo per recitare insieme a lui la preghiera mariana dell’Angelus, Benedetto XVI ha proposto di interrogarsi su cosa significhi avere “un cuore docile”.

A questo proposito, ha tratto spunto dalla liturgia del giorno, la cui prima lettura presentava la figura del re Salomone, figlio e successore di Davide, all’inizio del suo regno.

“Per prima cosa egli offrì a Dio un solenne sacrificio – ‘mille olocausti’, dice la Bibbia”, ha spiegato il Papa. “Allora il Signore gli apparve in visione notturna e promise di concedergli ciò che avrebbe domandato nella preghiera”.

“Qui si vede la grandezza d’animo di Salomone: egli non domanda una lunga vita, né ricchezze, né l’eliminazione dei nemici; dice invece al Signore: ‘Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male’. E il Signore lo esaudì, così che Salomone divenne celebre in tutto il mondo per la sua saggezza e i suoi retti giudizi”.

Salomone pregò dunque Dio di concedergli “un cuore docile”. “Che cosa significa questa espressione?”, ha chiesto il Pontefice.

Visto che “il ‘cuore’ nella Bibbia non indica solo una parte del corpo, ma il centro della persona, la sede delle sue intenzioni e dei suoi giudizi”, si potrebbe dire che la risposta è “la coscienza”.

“’Cuore docile’ allora significa una coscienza che sa ascoltare, che è sensibile alla voce della verità, e per questo è capace di discernere il bene dal male”, ha osservato il Vescovo di Roma.

“Ognuno di noi ha una coscienza per essere in un certo senso ‘re’, cioè per esercitare la grande dignità umana di agire secondo la retta coscienza operando il bene ed evitando il male”, ha avvertito, constatando che “la coscienza morale presuppone la capacità di ascoltare la voce della verità, di essere docili alle sue indicazioni”.

“Le persone chiamate a compiti di governo hanno naturalmente una responsabilità ulteriore, e quindi – come insegna Salomone – hanno ancora più bisogno dell’aiuto di Dio”, “ma ciascuno ha la propria parte da fare, nella concreta situazione in cui si trova”.

Il Pontefice ha quindi sottolineato che “una mentalità sbagliata ci suggerisce di chiedere a Dio cose o condizioni di favore”.

In realtà, ha commentato, “la vera qualità della nostra vita e della vita sociale dipende dalla retta coscienza di ognuno, dalla capacità di ciascuno e di tutti di riconoscere il bene, separandolo dal male, e di cercare pazientemente di attuarlo”.

Per questo, ha esortato a chiedere l’aiuto della Vergine Maria, il cui cuore “è perfettamente ‘docile’ alla volontà del Signore”.

“Pur essendo una persona umile e semplice, Maria è una regina agli occhi di Dio, e come tale noi la veneriamo – ha concluso –. La Vergine Santa aiuti anche noi a formarci, con la grazia di Dio, una coscienza sempre aperta alla verità e sensibile alla giustizia, per servire il Regno di Dio”.

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ZENIT Staff

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