Benedettini: vivere insieme, per vivere in Cristo

Intervista all’Abate di San Paolo fuori le Mura, dom Edmund Power

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di Marco Cardinali

ROMA, venerdì, 26 settembre 2008 (ZENIT.org).- Si conclude sabato mattina a Roma, il Congresso mondiale dei circa 300 Abati della Confederazione benedettina che dal 18 settembre sono riuniti a confronto nella sede primaziale di Sant’Anselmo sull’Aventino.

Una delle peculiarità di questo Congresso, che si tiene ogni quattro anni, è la sua celebrazione nell’Anno paolino e l’elezione del nuovo Abate Primate. Gli Abati in congresso hanno rieletto giovedì pomeriggio dom Notker Wolf, che, dunque, continua il suo servizio alla Chiesa e alla Confederazione benedettina, come Abate Primate.

All’inizio del Congresso gli Abati hanno incontrato il Santo Padre Benedetto XVI in una udienza a loro riservata nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo e il giorno seguente con la celebrazione solenne dei Vespri insieme alla comunità monastica benedettina di San Paolo fuori le Mura hanno affidato i loro lavori a San Paolo, nella basilica a lui dedicata.

Per i lettori di ZENIT abbiamo raccolto alcune considerazioni sul Congresso e sull’Anno paolino, in una intervista all’Abate di San Paolo fuori le Mura il benedettino dom Edmund Power.

Padre Abate, di cosa avete parlato in questi giorni di Congresso?

Power: Durante lo scorso Congresso del 2004 abbiamo parlato della globalizzazione come sfida e opportunità per i benedettini del nostro tempo. Quest’anno non è stato scelto un tema specifico. Abbiamo voluto incontrarci per poter meglio conoscere le varie problematiche e ricchezze delle comunità monastiche in tutto il mondo. Abbiamo avuto resoconti, ad esempio, sulle attività dei circa 257 monasteri indipendenti che fanno parte della Confederazione benedettina, con una rappresentanza delle monache e suore benedettine. Abbiamo cercato insieme soluzioni di aiuto per i monasteri più poveri o che si trovano in zone critiche del pianeta, ma abbiamo parlato anche di dialogo ecumenico e interreligioso con rappresentanti di altre confessioni cristiane. Un altro tema privilegiato è stato quello dell’educazione e testimonianza benedettina, cioè, quello che nel mondo di oggi il monachesimo può ancora dire anche tramite le sue strutture educative. La nostra vita monastica, infatti, seppure con attività apostoliche, ha un fondo e una sorgente: la spiritualità contemplativa che ogni monaco e monaca esprime nel modo proprio alla sua comunità. Potrei dire che il nostro carisma è “essere” invece che “fare”, anche se questo essere si esplicita poi nel fare e tutto ciò si deve esprimere nel vivere in maniera intensa in Cristo.

Quindi se questo è il carisma è anche una grande sfida nel nostro mondo contemporaneo.

Power: Ultimamente si sente dire che alcune congregazioni religiose hanno perso il senso della vita comunitaria, perché troppo coinvolte nell’attività apostolica. Quest’ultima è certamente buona, ma c’è il rischio di esserne totalmente assorbiti. Basti guardare la preghiera comune, ridotta al minimo o ai pasti che si consumano da soli a causa degli impegni, che si sono moltiplicati, oggi anche a causa della diminuzione di sacerdoti e religiosi. Per noi benedettini vivere insieme, con tutte le sue implicazioni, è un modo fondamentale di vivere in Cristo. Vivere insieme non è facile, anzi direi che in qualche modo diventa un perdere se stessi, nella consapevolezza, però, di abbracciare la croce al servizio degli altri. Non siamo certamente migliori degli altri per questo, ma è proprio questo il carisma monastico benedettino.

Quanto sono utili, Padre Abate, questi congressi che vi vedono impegnati ogni quattro anni?

Power: Sono due settimane di confronto che per alcuni potrebbe apparire un periodo troppo lungo, o per altri troppo breve, ma è importante che ogni quattro anni ci si incontri per conoscerci meglio e confrontarci su alcune tematiche comuni. Il nostro sistema benedettino non è come avviene per altri Ordini dipendenti, cioè, da una organismo o gerarchia centralizzata. Ogni monastero benedettino, infatti, è indipendente e il fatto di incontrarci, a scadenze regolari, aiuta tutti noi a sottolineare l’universalità della vita benedettina. Ci incontriamo, ci confrontiamo e veniamo a conoscenza delle difficoltà che altri monasteri lontani incontrano. Questo è importante anche per conoscere i diversi usi o tradizioni. Un monastero in Germania, infatti, è certamente diverso da uno in Argentina o in Vietnam. Diventa anche per noi un modo tangibile di vedere realizzato ciò che dice San Paolo, che Cristo è di tutti, che in Lui non esiste più né greco, né giudeo. C’è da ricordare anche che, al di là di questi incontri, abbiamo una base a Roma, che è il Collegio e l’Ateneo di Sant’Anselmo gestito dalla Confederazione benedettina, che per tutto il resto del tempo diventa un’attualizzare la comunione seppure nella diversità di nazioni o tradizioni.

Ieri avete eletto l’Abate Primate, che è un po’ colui che coordina la Confederazione benedettina, e avete riconfermato l’Abate Notker Wolf, al suo secondo mandato. Una scelta in favore della continuità?

Power: L’Abate Notker Wolf fu eletto nel 2000 durante il Grande Giubileo ed è stato riconfermato per altri quattro anni nell’anno del bimillenario paolino! La continuità è una cosa buona quando è possibile e in questo caso lo è stato. Tutto il congresso è, infatti, soddisfatto del lavoro svolto dall’Abate Notker Wolf, che racchiude in sé tante qualità: parla tante lingue, ha una spiccata capacità di comunicare e poi è un grande viaggiatore, un po’ come San Paolo e lo fa con gioia ed impegno. Siamo contenti, dunque di aver riconfermato lui in questo servizio che implica anche un grande dispendio di energie.

Padre Abate i monaci benedettini da circa 1300 anni custodiscono il luogo della sepoltura dell’Apostolo Paolo e ne curano la liturgia. Cosa state facendo di particolare in questo anno bimillenario paolino?

Power: E’ una domanda che mi viene posta più volte da tante parti, specie all’estero. Tutti immaginano grandi celebrazioni ogni giorno ma il nostro stile monastico è un po’ diverso. Come benedettini diamo molta importanza alla fedeltà nella quotidianità. Certamente c’è un grande afflusso di pellegrini in basilica e il nostro servizio di penitenzieri nella confessioni assorbe ancora più tempo. Ci sono certamente celebrazioni specifiche solenni e particolari, quali ad esempio il Vespro Ecumenico che si celebra ogni venerdì alle ore 18.00, in cui c’è anche la partecipazione di fedeli di varie denominazioni cristiane che vivono a Roma, durante il quale i monaci tengono una riflessione su San Paolo. E’ un momento di preghiera che possiamo vivere al termine della giornata, un momento tranquillo per meditare su quanto l’apostolo Paolo ci dice ancora oggi tramite il suo messaggio così profondo ed attuale e la lettura specifica paolina scelta per quel giorno. Vogliamo vivere questo anno non come un grande momento o una serie di eventi straordinari, ma come un tempo di crescita spirituale. Credo, infatti che la vita spirituale sia un processo. Ci sono momenti che sono importanti, ma lo è ancora di più l’incarnare il mistero nella quotidianità e nella fedeltà. E’ questo lo stile monastico che proponiamo anche ai pellegrini in basilica.

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ZENIT Staff

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