Avvento: Dio viene a portare Dio

Vangelo della IV Domenica d’Avvento

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 15 dicembre 2011 (ZENIT.org).-Lc 1,26-38

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei disse: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te!”.

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.

Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei.”.

L’annunciazione e la nascita del Signore hanno annullato le distanze fra il Cielo e la terra. Appena l’angelo Gabriele si allontanò da Maria, lo Spirito Santo scese su di lei coprendola con la sua ombra (Lc 1,35), soffiò su di lei come un vento che investe le radici, la rivestì di Sé, impregnò il suo essere come l’acqua la terra. In tal modo fu colmato l’abisso ontologico che separava il Creatore dalla creatura, la natura divina dalla natura umana, lo Spirito dalla carne, l’Onnipotenza dalla debolezza, l’Eternità dal conto dei giorni.

Le pareti della casa di Maria furono estese sino ai confini della terra e della storia: da quel momento ogni uomo ebbe Dio come Compagno di vita, al punto da poterlo chiamare Padre, fratello, maestro, amico, sposo, e poter dialogare con Lui in qualunque momento, “faccia a faccia” (Dt 34,10).

In quest’ultima Domenica d’Avvento, sembra quasi di trovarci appostati nella casa di Nazaret al momento dell’arrivo dell’angelo Gabriele, mentre continuiamo a puntare lo sguardo sull’evento sempre più vicino di Betlemme.

Contemporaneità cronologicamente impossibile ma giustificata, poiché il Bambino che Maria sta per mostrare ai pastori nella Santa Notte, da quasi nove mesi è apparso sulla terra, nascosto nel suo grembo.

Sempre più, così, risvegliamo la consapevolezza che il “mistero avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede” (Rm 16, 25b-26) è finalmente sotto i nostri occhi, nelle nostre orecchie, nelle nostre mani: come un bambino appena partorito che vagisce.

Tutte le nostre preoccupazioni economiche, tutti i timori del futuro, la sorte del mondo intero e la felicità di ogni uomo, possono davvero non fare i conti con questa realtà, centro e verità del cosmo e della storia?

L’Annunciazione ci ricorda che non siamo stati noi a rompere il silenzio dei secoli eterni. Non siamo stati noi, ma è stato grazie al di Maria che il Mistero si è compiuto. Ciò significa che prima della creazione del mondo, un Amore immenso e personale già faceva il primo passo verso la nostra casa, alla cui porta ora sta per giungere e bussare (Ap 3,20).

Ecco la serva del Signore” (Lc 1,38), dice Maria all’angelo Gabriele; “ecco il Signore degli uomini”, annunciano gli angeli ai pastori: nel bambino di Betlemme, Dio si è mostrato come è; il Dio degli eserciti è un Bambino.

Nella notte di Natale, donandoci un bimbo, Dio dona Se stesso: ”e così l’attesa di Dio ottiene una nuova certezza. E’ attesa delle cose future a partire da un presente già donato. E’ attesa, alla presenza di Cristo, col Cristo presente, del completarsi del suo Corpo, in vista della sua venuta definitiva.” (Benedetto XVI, Enciclica Spe salvi, n. 9).

E mentre Lo attendiamo con quella fede che già ci unisce a Lui, preghiamo con perseveranza che ci sostenga, come ci esorta a fare il beato Giovanni Paolo II: “La Chiesa raccomanda di tornare tre volte al giorno alla preghiera dell’Angelus Domini. Infatti occorre che noi perseveriamo incessantemente nel cuore stesso del mistero che ci ha svelato fino in fondo che Dio è Amore. Occorre che noi perseveriamo in questo Amore”.

Perseverare nella preghiera e nell’Amore diventa allora intercessione accorata: perché sia salva la vita di ogni bambino concepito, perché sia salva ogni famiglia della famiglia umana, perché sia salvo il mondo intero minacciato dalla cultura della morte.

Intercessione in particolare anche per i Sacerdoti, ministri dei sacramenti della salvezza e testimoni privilegiati dell’Incarnazione, quasi cittadini onorari di Nazaret e Betlemme, affinché si compia nella loro vita la Parola che celebrano e annunciano, siano testimoni santi della Verità e veri adoratori del Padre, capaci di trascinare a Cristo il mondo intero perché trasformati dal fuoco dell’Eucaristia e dell’amore per la Madre di Gesù.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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