Bernardito Auza

Holy See Mission

Auza: "Diritto alla vita e libertà religiosa ancora calpestati nel mondo"

L’osservatore vaticano presso l’Onu interviene alla 71.ma Assemblea generale su promozione e protezione dei diritti umani

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Tutte le persone nascono con pari dignità e con il fondamentale diritto alla vita. Un diritto che dovrebbe essere accolto e tutelato in tutte le sue fasi, dal concepimento fino alla morte naturale, e che invece continua ad essere ignorato o sminuito. Questo il cuore dell’intervento di mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, durante la 71.ma sessione dell’Assemblea generale dell’Onu incentrata sul tema della promozione e della protezione dei diritti umani.
Il diritto alla vita dei nascituri, dei migranti, delle vittime di conflitti, dei poveri degli anziani e di quanti rischiano la pena di morte continua ad essere ignorato, ha denunciato il presule, e nonostante i continui dibattiti, non viene considerato una priorità. Gli Stati – ha incitato – affrontino “la sistemica privazione del diritto alla vita” garantendo alloggi e standard adeguati a quanti, a causa della povertà, vivono in condizioni di indigenza.
Un passo in avanti per la protezione della vita – ha poi ricordato mons. Auza nel suo intervento, riportato dalla Radio Vaticana – è legato al crescente consenso, a livello globale, per l’eliminazione della pena di morte. Tale condanna “contraddice il piano di Dio” ed è un’offesa all’inviolabilità della vita e alla dignità della persona umana, alimentando il senso di vendetta.
La comprensione integrale dei diritti e della dignità umana richiede anche il riconoscimento dei diritti sociali, culturali, politici e spirituali di tutte le persone, ha poi aggiunto il delegato vaticano. E ha ricordato che un elemento costitutivo di questo diritto consiste nella libertà di pensiero, di coscienza e di religione come sancito dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Anche – ha detto – deve essere garantita “la libertà di cambiare religione o credo”, perché le persone continuano ad essere perseguitate, imprigionate e a volte uccise esclusivamente per il loro credo religioso. Le stesse comunità religiose non sono immuni alla tentazione di violare la libertà di religione e di credo degli altri, ha sottolineato l’arcivescovo. E ha concluso affermando che la religione diventa una “fonte di discriminazione” quando viene usata e abusata per definire l’identità e l’unità nazionale.
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ZENIT Staff

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