“Aspettare insieme”, storia di un’amicizia tra un cattolico e un ebreo

Un libro su come l’amicizia può vincere la morte e realizzare la pace

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di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 13 giugno 2008 (ZENIT.org).- L’amicizia tra gli uomini, tanto più se riflessa dall’amore di Dio, può vincere la morte e consolidare la pace.

Questo il messaggio chiaro che emerge dal libro “Aspettare insieme” (Marietti, 157 pagine, 14 euro), che narra il cammino di conoscenza di Dio di due giovani amici, l’uno americano di origini irlandesi, Jonah Lynch, e l’altro francese con radici ebraiche, David Gritz.

I due si incontrano alla McGill Università di Montréal, suonando la chitarra e il violino. Nella ricerca di verità discutono di tutto, amore, donne, letteratura, musica, vita, giustizia, bellezza.

In una lettera che David scrive da Parigi a Jonah nelle primavera del 98 chiede: “ma le stelle si possono raggiungere?”.

Dal punto di vista religioso Jonah aveva perso la fede trasmessagli dai genitori e David figlio di un ebreo e di una cattolica non praticanti, era agnostico. Tuttavia, i due attaverso l’amicizia si avvicinano al Signore.

Grazie alla comunità di Comunione e Liberazione Jonah è entrato in seminario e David aveva trovato nell’etica della Torah, letta con gli occhi di Lévinas, un pensiero universale.

Per questo motivo, finiti gli studi in Scienze Politiche nel 2002, David scelse di andare a Gerusalemme per fare una tesi sulla Torre di Babele e il pluralismo politico.

In quell’estate Jonah era andato negli Stati Uniti a lavorare con alcuni preti missionari della Fraternità di San Carlo Borromeo, aveva portato un gruppo di ragazzi a Toronto per la Giornata Mondiale della Gioventù, e ripassando a Montréal fu raggiunto dalla telefonata dei genitori di David: era rimasto ucciso, dilaniato da una bomba terrorista nella caffetteria dell’Università a Gerusalemme.

Scrive David nell’introduzione al libro, “il mio primissimo pensiero, irriflesso, era: adesso lui vede. Adesso vede la verità. Poi le lacrime mi hanno inondato, mentre ripassavo nella mente sei anni di amicizia”.

E’ per dare senso al dolore inconsolabile per la perdita di un amico caro e per trovare speranza nella consapevolezza dettata dalla fede, che Jonah Lynch ha scelto di pubblicare questo libro.

Secondo Jonah Lynch, che dopo essersi laureato in Astrofisica è diventato sacerdote nel 2006 ed ora è Vicerettore del seminario della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, “quell’amicizia, mai interrotta, può diventare motivo di speranza per un intero popolo”.

E don Massimo Camisasca, Superiore della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, aggiunge nella pstfazione al libro: “La morte di David non può lasciare indifferenti”.

“La divisione che è nata intorno a Gerusalemme – continua – rimane come una spada nel nostro animo e diventa supplica perché gli occhi di tutti si aprano”.

Con questo libro, Jonah intende dare ragioni alla speranza, perché “in una terra contesa e dilaniata dalle divisioni, l’amicizia tra un cattolico e un ebreo, è la semplice testimonianza che una via alla pace c’è”.

A questo proposito il sacerdote americano scrive nella prefazione: “Voglio descrivere un’amicizia” per “rendere un poco ragione della mia grande speranza”.

“Il fatto che ci siano fratelli, per quanto amati, non elimina la necessità dell’amico. Per vivere tra i fratelli bisogna avere un amico, anche lontano”. Così ha scritto il teologo russo Pavel Florenskij, morto martire nel lager sovietico delle isole Solovki.

“Avere un amico permette di vivere il dramma di questa vita senza riduzioni o fughe – conclude Jonah –. E’ un compagno di viaggio, persino quando non è fisicamente presente. E’ una presenza che vince ogni lontananza”.

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ZENIT Staff

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