Arriverà la primavera dopo le elezioni americane?

Un’esperta sottolinea molti segni di speranza

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di Elizabeth Lev

ROMA, domenica, 23 novembre 2008 (ZENIT.org).- Una piovosa mattinata di novembre sembrava un momento paradossale per iniziare a parlare di primavera, ma il fine settimana passato la Fondazione Springtime for Faith ha celebrato il suo terzo summit annuale a Roma.

Ispirata dalle parole di Giovanni Paolo II, per il quale lo Spirito avrebbe portato una nuova primavera nella fede se il cuore dei cristiani si fosse riempito di nuovi atteggiamenti di umiltà, generosità e apertura alla sua grazia purificatrice, la Springtime Foundation cerca di esortare i leader laici a testimoniare la propria fede non solo nelle loro case, ma in ogni aspetto della vita.

Nonostante il freddo, le giornate più corte e gli alberi spogli di Villa Borghese, in genere lussureggiante, uomini d’affari, autori e celebrità televisive si sono riuniti per ascoltare una serie di letture sui segni di una nuova primavera nel mondo cattolico.

Il gruppo di oratori era brillante e variegato come le foglie d’autunno: il Cardinale Francis Arinze; il frate cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia; il sacerdote dei Legionari di Cristo padre Thomas Williams, autore e analista della CBS News; Joan Lewis, responsabile di dipartimento di Eternal Word Television Network (EWTN). Tutti hanno sottolineato vari segni primaverili in quello che sembra essere un freddo inverno nel mondo cattolico.

Gli oratori, il meglio presente a Roma, facevano sì che valesse la pena di sfidare gli scioperi tipici dell’autunno italiano, ma un partecipante, un nuovo arrivato sulla scena degli oratori della Città Eterna, ha portato dei caldi raggi da un punto di vista nuovo e sorprendente.

Kellyanne Conway, fondatrice di “The Polling Company“, ha pronunciato uno splendido discorso cercando i segni di una primavera della fede sull’onda delle elezioni americane. Con una schiacciante vittoria a favore del candidato presidenziale più favorevole all’aborto nella storia degli Stati Uniti, e con il Freedom of Choice Act che si profila all’orizzonte, chi penserebbe di cercare segni di speranza in quello che sembra un gelo profondo?

La Conway ha condotto il pubblico attraverso il mondo tortuoso di sondaggi e statistiche, illustrando i tranelli e i fraintendimenti usati per manipolare l’opinione pubblica, soprattutto su questioni come l’aborto, il matrimonio omosessuale e il “voto cattolico”.

In primo luogo, ha avvertito dei pericoli della “fraseologia amica”. “Pro-choice” suona positivo, opposto ad esempio a “pro-massacro infantile”. I sostenitori della vita, d’altro canto, sono stati così diffamati da una stampa ostile che nella migliore delle ipotesi sono accusati di rigida intransigenza, e nella peggiore sono associati al jihadismo come se bombardassero regolarmente le cliniche abortiste.

“La gente ama sentirsi bene con se stessa, per questo definire la questione in un modo che rende le idee accettabili provocherà un certo tipo di risposta”, ha sottolineato la Conway.

Il risultato è che quando viene chiesto se le persone sono pro-life o pro-choice, il 42% degli Americani si riconosce nella prima categoria e il 48% sostiene di appartenere alla seconda, ma a un’analisi più dettagliata l’esperta ha dimostrato che la situazione cambia.

Il resto della storia

Dividendo le limitazioni all’aborto in sei categorie, la Conway ha spiegato che il 9% sostiene un completo bando dell’aborto per qualunque ragione, mentre il 12% pensa che dovrebbe essere bandito tranne nel caso di salvare la vita della madre. Il 32% pensa che le uniche eccezioni al bando dell’aborto dovrebbero essere la violenza sessuale, l’incesto o la vita della madre (che l’esperta ha affermato riguarda lo 0,3% degli aborti).

Nelle categorie più permissive, il 28% afferma che l’aborto dovrebbe essere permesso nel primo trimestre, il 7% fino al sesto mese e il 6% pensa che dovrebbe poter avvenire in ogni momento per qualsiasi ragione.

Alla luce di questo, la gente che ha una visione più restrittiva dell’aborto costituisce il 53% della popolazione, mentre il gruppo più permissivo il 41%. La Conway si è chiesta perché se “l’economia è in pieno tracollo e le tensioni internazionali sono al massimo la priorità numero 1 del Presidente è una legge sostenuta dalla minoranza”.

L’esperta ha raccontato una storia illuminante di come le statistiche vengano usate per veicolare l’opinione pubblica. Credendo che la maggior parte delle persone non pensi che abortire un feto sia un omicidio, il Los Angeles Times ha commissionato un sondaggio chiedendo alle persone se considerano l’aborto un omicidio. Il 54% degli intervistati ha risposto di sì.

Questi dati, anziché diventare titoli di giornale, sono stati tuttavia relegati sul sito web del quotidiano.

La Conway ha sottolineato che questi segnali primaverili devono essere protetti e promossi, sostenendo che i cristiani devono lodare i loro eroi.

Ad esempio, l’infermiera professionista Jill Stanek, la donna coraggiosa che ha testimoniato sulla terribile morte dei bambini nati viti dopo aborti effettuati senza attenzione, è stata relegata nell’oscurità anziché essere considerata un’eroina.

La Conway ha ricordato la battaglia per bandire il matrimonio omosessuale come esempio di una comunicazione di successo. Senza parlare di legge o scienza, i Vescovi hanno spiegato semplicemente cos’è un matrimonio omosessuale, ciò che implica e che effetti avrebbe sulla vita delle persone, e nonostante l’enorme quantità di denaro e i volti celebri usati contro il bando questo è passato.

Riecheggiando il Concilio di Trento, di 400 anni fa, Kellyanne Conway ha parlato del bisogno di chiarezza sulle questioni, dell’intelligibilità di capire ciò di cui trattano e dello stimolo alla compassione. La nuova primavera porterà frutti facendo appello a ciò che c’è di meglio nelle persone e al loro desiderio innato di fare la cosa giusta.

[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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