Architettura moderna nel cuore della Roma antica

La Basilica di S. Antonio da Padova all’Esquilino

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

La millenaria storia di Roma ci ha spesso portati ad analizzare i monumenti che ne rappresentano la parte più antica. Infatti abbiamo finora esaminato maggiormente edifici di culto cristiani che si riferissero a periodi storici particolari, in cui la storia del Cristianesimo si fondeva con quella dell’impero romano, a sottolineare il graduale passaggio dal paganesimo al monoteismo. L’arte e l’architettura paleocristiana spesso ci porta a vivere sensazioni più vicine a quella che era l’essenza dei primi cristiani, alle sofferenze dei martiri e alle espressioni artistiche più pure e dirette.

Con il passare dei secoli Roma ha probabilmente imbarbarito, attraverso una continua evoluzione, quelli che erano i concetti artistici primordiali, sviluppando forme ed idee nuove non sempre rispondenti ai ‘tematismi’ che erano in voga all’epoca della diffusione del Cristianesimo.

Esempio tangibile di quanto finora affermato lo riscontriamo nella Basilica di Sant’Antonio da Padova sull’Esquilino. Il Santo a cui venne dedicato quest’edificio è praticamente sconosciuto nel culto della Capitale. Sono poche infatti gli edifici a Lui dedicati nonostante la tradizione sia quasi millenaria. Sant’Antonio (al secolo Fernando Martins de Bulhões) nacque a Lisbona nel 1195, ma viene comunemente definito il ‘Santo’ di Padova perché fu proprio in questa città che realizzò gran parte delle sue attività religiose e vi morì nel 1231 senza aver neanche compiuto 36 anni. La sua vita fu dominata da molti viaggi che lo portarono a vivere molteplici esperienze. Tra le più importanti per la sua vita di predicazione fu senz’altro l’incontro con San Francesco d’Assisi nel 1221 durante il Capitolo Generale ad Assisi, nonostante la sua adesione al Francescanesimo fosse avvenuta già qualche tempo prima. Lui, monaco agostiniano di Coimbra, decise di avvicinarsi al Francescanesimo e di aderirvi in seguito alla drammatica spedizione di cinque francescani nella terra musulmana del Marocco per evangelizzare le genti. In transito proprio a Coimbra, conobbero il futuro Antonio, rimasto dapprima colpito dalla loro iniziativa e poi particolarmente scosso dalla loro uccisione avvenuta poco dopo la loro partenza. Ben presto prese la decisione di cambiare il suo nome da Fernando in Antonio, in onore del monaco orientale a cui era dedicato il romitorio di Olivais di Coimbra, luogo in cui vivevano e predicavano i francescani portoghesi e dove vi si trasferì. Il contatto diretto con Francesco d’Assisi gli diede la possibilità di unirsi ai confratelli dell’eremo di Montepaolo, piccola località situata nei pressi di Forlì. Nonostante vi rimase soltanto un anno il suo soggiorno gli valse l’appellativo di Antonio da Forlì, fino a quando si trasferì a Padova ed acquisì la definitiva consacrazione di Antonio da Padova.

Venne fin da subito accreditato di numerosi miracoli e venne canonizzato dal pontefice Gregorio IX a meno di un anno dalla sua morte, rendendolo, fin da allora, il Santo più venerato al mondo.

Nonostante Sant’Antonio rappresenti una delle figure più eminenti del panorama cristiano, sono poche le testimonianze nel contesto capitolino. Una di queste, senz’altro degna di valore, è la Basilicaa Lui dedicata sul colle Esquilino, ma costruita in epoca moderna dall’architetto Luca Carimini tra il 1884 e il 1888 su incarico dei Frati Minori Conventuali. Questa iniziativa venne attuata in seguito all’esproprio del convento francescano per la costruzione presso l’Aracoeli del monumento commemorativo a Vittorio Emanuele II. L’edificio di culto (a cui si accompagna il convento) si affaccia sul lato sinistro di via Merulana e, nonostante sia una costruzione di moderna edificazione, presenta degli elementi chiaramente di riferimento arcaizzante. La facciata è scandita da una doppia scalinata che conduce ad un vestibolo d’accesso porticato decorato da pilastri e colonne ad essi addossate. A differenza delle chiese paleocristiane e medievali, la trabeazione non presenta iscrizioni monumentali ma soltanto elementi decorativi. La parte superiore della facciata è scandita da una fila di cinque finestre con ‘clipei’ di immagini sacre, un secondo piano con rosone centrale e due finestre laterali e il culmine della navata, più alta delle due laterali. Sotto il portico è presente una statua di Sant’Antonio con il Bambino, ormai simbolo dell’intero edificio. L’interno, seppur semplice e di gusto moderno, testimonia la capacità di realizzare alla fine dell’800 edifici in grado di suscitare un certo interesse artistico, richiamando chiaramente i concetti tradizionali. La triplice navata è scandita da un doppio colonnato in granito rosa, che enfatizza la navata centrale culminante con il coro absidale decorato da un affresco nella parte inferiore e dall’organo in quello superiore, fiancheggiato da due affreschi. Seppur di estrema semplicità, l’edificio può essere annoverato tra i più interessanti luoghi di culto ottocenteschi realizzati a Roma.    

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo. 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Paolo Lorizzo

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione