Romano Guardini

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APRA: grande successo per il convegno su Romano Guardini

Alla due giorni promossa dalla facoltà di Filosofia, hanno partecipato importanti studiosi del filosofo come Alfonso López Quintás, Silvano Zucal, Massimo Borghesi e Rafael Fayos Febrer

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Grande successo in termini di pubblico per convegno internazionale: Romano  Guardini e il pensiero esistenziale, che si è concluso ieri, 5 novembre presso  l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e organizzato dalla facoltà di Filosofia.

Gli uditori hanno potuto ascoltare gli interventi di massimi esperti sul pensiero di Romano Guardini come il prof. d. Alfonso López Quintás, massimo commentatore e traduttore in lingua spagnola e amico del teologo; il prof. Silvano Zucal, il prof. Massimo Borghesi. Tra i “nuovi” studiosi ed estimatori di Guardini, si pone invece il prof. Rafael Fayos Febrer il quale, inoltre, ha dedicato un blog al pensiero dello studioso.

Se si può parlare di “esistenzialismo” in Guardini questo va letto come un’attenzione in lui sempre radicale per una filosofia che guardi davvero all’esistenza e che dall’esistenza si diparta con i suoi interrogativi, ha dichiarato, il prof. Zucal nel suo intervento.

Guardini, ha proseguito, rigettava ogni forma di filosofia meramente speculativa. E il suo “esistenzialismo filosofico” si qualifica in modo originale proprio perché ha il suo focus in una concezione della persona aperta all’Altro, in primis all’alterità divina e – su questa base – anche all’alterità umana.

Un’altra tematica trattata è stato il tema della libertà spirituale in Guardini. Questo aspetto è stato sviscerato, nel corso del convegno dal prof. Giuseppe D’Acunto, riassunto nel passaggio chiave: “Sorge, allora, il problema se l’uomo possa dirsi naturalmente libero. No, deve diventarlo, nel senso che la libertà spirituale è un qualcosa che deve essere, essenzialmente, conquistato. E com’è che si perviene ad essa? Attraverso tre vie: la conoscenza, la disciplina e l’unione. La prima via ci deve condurre non solo a sapere, ma anche, servendoci dell’esame di coscienza, a vedere chiaramente in noi stessi. Ed è a questo livello che noi facciamo esperienza della massima evangelica per cui la verità è ciò che ci rende liberi. La seconda via, che passa anche per il sacrificio, coincide con la nostra lotta quotidiana per vincere tutti i vincoli esterni e, soprattutto, interni. Qui, è proprio la disciplina quel che ci consente di «realizzare la libertà di ciò che è in noi di più veramente nostro». La terza via, infine, nel rapporto con i nostri simili, ci aiuta, in particolare, a sviluppare il principio della vera amicizia e dell’autentica comunanza”.

 

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ZENIT Staff

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