Approvato un miracolo attribuito all'intercessione del giornalista Lolo

Paralitico e cieco, fu un esempio di fede

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Di Miriam Díez i Bosch

ROMA, venerdì, 18 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Questo giovedì mattina, una commissione di cinque medici, su incarico della Congregazione per le Cause dei Santi, ha riconosciuto come “scientificamente inspiegabile” quello che viene ritenuto un miracolo attribuito all’intercessione del laico Manuel Lozano Garrido, noto come Lolo.

Il giudizio medico rappresenta un passo decisivo verso la beatificazione. Infatti Benedetto XVI ha già approvato, il 17 dicembre 2007, la pubblicazione del decreto che riconosce le virtù eroiche di questo spagnolo.

Nonostante abbia vissuto buona parte della sua vita (1920-1971) su una sedia a rotelle e negli ultimi anni fosse diventato anche cieco, Lolo partecipò attivamente all’Azione Cattolica e creò gruppi di preghiera nei monasteri per accompagnare il lavoro dei comunicatori.

Visibilmente emozionato, il postulatore, don Rafael Higueras, che ha visto morire tra le sue braccia il laico di Linares (Jaén), ha detto a ZENIT che “è prassi della Chiesa che non si studi mai un miracolo se prima non si sono riconosciute la vita e le virtù della persona”.

Dopo la riunione e il parere positivo del comitato medico, ha ricordato, ora la commissione dei teologi deve “analizzare se questo fatto scientificamente inspiegabile sia accaduto per invocazione a Dio attraverso l’intercessione di Lolo” e verificare che “non ci siano altre ragioni per l’inspiegabilità della guarigione”.

In seguito a questo i Cardinali torneranno a studiare il caso, e solo allora il Papa potrà dare il suo assenso al riconoscimento del miracolo.

La guarigione inspiegabile in questione è quella di Rogelio de Haro Sagra, nato nel 1972. Nel 1974, quando aveva un anno e mezzo – Lolo morì nel 1971 –, venne colpito da appendicite e peritonite. Fu operato, ma la situazione si complicò e i medici dovettero estrargli un metro e mezzo di intestino.

Il nonno aveva portato il sudario per seppellire il nipote nel villaggio natale. Gli misero il crocifisso di Lolo e dopo pochissimi giorni il bambino fu di nuovo a casa.

“Non è un miracolo momentaneo”, ha affermato il postulatore, ma un caso in cui “la terapia applicata non è sufficiente a operare il risultato”.

Oggi Rogelio “è un bel giovanotto e un arbitro di tennis, e ha testimoniato”, ha aggiunto.

Don Rafael ha raccontato anche dell’incontro, avvenuto poco dopo il Concilio Vaticano II, tra Lolo e frère Roger di Taizé che “nel vedere la sua figura scheletrica, senza alcun movimento, cieco e tuttavia assai produttivo in scritti e attività apostolica, non ebbe altro da dire se non che era ‘un sacramento del dolore’”.

La vicenda di Lolo è altamente significativa in un momento in cui si riaffacciano le proposte di eutanasia. Il giornalista spagnolo è un’eccellente dimostrazione del fatto che la vita, in qualunque condizione, ha pieno valore ed è degna di ogni cura.

“Lolo era innamorato della vita – ha detto a questo proposito il postulatore della sua causa di beatificazione –, così innamorato che parlava di qualsiasi cosa”.

“Era un difensore della vita – ha concluso –. Sapeva di poter morire in qualsiasi momento, ma sapeva anche di dover sempre fare ciò che poteva per servire nel dolore, indipendentemente dal tempo che gli restava ancora da vivere”.

Per ulteriori informazioni: http://www.amigosdelolo.com.

[Traduzione dallo spagnolo e adattamento di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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