Applausi e infiorate: a San Rufino è festa per l'arrivo di Bergoglio

Bagno di folla nella Chiesa in cui furono battezzati San Francesco e Santa Chiara, dove il Papa incontra clero, consacrati e membri dei Consigli Pastorali dioceani

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Fila dritta la tabella di marcia della visita di Papa Bergoglio ad Assisi. Il Santo Padre alle 15.20 era già sul sagrato del Duomo di San Rufino, con soli 5 minuti di ritardo rispetto al programma. Poco prima si era recato in visita privata all’Eremo delle carceri per pregare nella cella di San Francesco. Anche qui uno strappo al protocollo. I gruppi di fedeli appostati nelle infinite salite e discese di Assisi per immortalare il saluto del Papa, hanno riso di gusto nel vedere il Pontefice dirigersi verso l’Eremo in una normalissima Fiat Panda blu, seduto tra due uomini della scorta.
Il Papa si muove disinvolto: entra ed esce come e dove vuole, con la stessa libertà con cui parla, a dispetto delle convenzioni e delle norme di sicurezza. E i fedeli lo seguono, ovunque. Sembrano moltiplicarsi in ogni zona della città. Ad Assisi però regna sempre la calma, anche quando si vive un evento di questa portata. Nessun incidente, nessuna protesta, nessuna lamentela, nessun caos.
L’unico “splendido casino” l’hanno fatto i 12.000 giovani riuniti dall’alba sul piazzale di Santa Maria degli Angeli. A Roma, si può assistere ad un numero così impressionante e ad una vivacità tale solo fuori dallo Stadio Olimpico in occasione di un concerto o del derby. È curioso quindi pensare che questo mare di gioventù che inquadrano spesso i maxi schermi si agiti così tanto per l’arrivo di un uomo anziano vestito di bianco. Ma l’effetto Bergoglio è questo e anche di più.
A San Rufino si sprecano le urla e gli applausi per l’arrivo del Pontefice in papamobile. Francesco si è recato nella Cattedrale per incontrare il clero, le persone di vita consacrata e i membri dei Consigli pastorali della diocesi e per visitare il fonte Battesimale che “ha fatto nascere a vita cristiana” Francesco e Chiara.
In onore del Papa era stata allestita una lunghissima “infiorata”, un tappeto floreale come quelli creati tradizionalmente per la festa del Corpus Domini. La composizione è stata curata in questa occasione dalle “Infiorate di Spello” e ritraeva la scena della Leggenda Major in cui il Poverello sostiene sulle spalle la Basilica Lateranense in procinto di crollare. Bergoglio si è soffermato a lungo a guardare l’opera, senza però calpestarla, nonostante gli Infioratori lo incoraggiassero a farlo come tradizione.
Intanto nella Chiesa l’attesa era alimentata da rosari, musiche, intenzioni di preghiera lette dai bambini e le battute del segretario di mons. Sorrentino, don Federico Claure, giovane sacerdote argentino trapiantato ad Assisi da 11 anni. Per lui, oggi una doppia emozione: “Il cuore mi batte forte – ha raccontato a ZENIT – l’ho detto anche al Santo Padre quando ho avuto modo di incontrarlo questa mattina”.
Emozionata tanto da avere le lacrime agli occhi è anche Suor Maria Rosaria, insegnante delle Francescane Immacolatine. Alla domanda su cosa l’abbia maggiormente colpita dei discorsi del Papa di oggi, la religiosa ha risposto: “L’invito del Santo Padre, rivolto soprattutto a noi consacrati, ad essere meno mondani possibile, a ridimensionare la spiritualità per renderla più evangelica, più itinerante”. “Come insegnante – ha aggiunto – spero che le parole del Papa incitino la Chiesa a lavorare per i giovani, non solo per ‘strumentalizzarli’ per i grandi eventi, ma per ‘mettere le mani in pasta’ in favore del loro futuro”.
La francescana si è poi entusiasmata sentendo la “fortezza” dell’esortazione di Bergoglio di questa mattina al Serafico, a “dare visibilità ai ragazzi malati invisibili per la società”. Una visibilità che, come ha chiarito il Papa, nasce dalla personale presa di coscienza che bisogna andare incontro a questi fratelli sofferenti. “Queste parole – ha affermato Suor Maria Rosaria – hanno ‘sfasato’ tutte le nostre beneficenze, le nostre iniziative… È proprio uno stile di vita che deve cambiare, il ridimensionamento non deve essere solo istituzionale, ma personale. Come accadde a Francesco che, convertendosi lui solo, rivoluzionò la Chiesa e il mondo”.
A San Rufino, la tensione cresceva man mano che sul pavimento marmoreo sfilava il seguito del Papa: gli otto porporati del Consiglio dei Cardinali, i vescovi della CEU, i gendarmi, mons. George Ganswein. Poi lo scroscio di applausi: il Santo Padre appare sul portone. Entra e si dirige subito a destra verso il Fonte Battesimale. I fedeli gridano “Francesco, Francesco”, i bambini vengono messi in prima fila, le suorine, armate di tablet e videocamere, si arrampicano sulle panche o l’una sull’altra per avere una buona visibilità. Infine Bergoglio percorre il corridoio: si concede al suo Popolo, stringe le mani, benedice i bambini, accetta i vari doni che gli vengono consegnati, si lascia fotografare. Si ferma poi a benedire un anziano sacerdote sulla sedia a rotelle, con cui scambia alcune parole.
Dopo l’introduzione di mons. Sorrentino, tocca al Papa leggere il suo discorso. Ma lui preferisce metterlo da parte e conversare a braccio con il suo uditori. Quindi si lascia andare a domande come: “Chi di voi sa il giorno del suo battesimo? Pochi eh pochi”, oppure, puntando il dito: “Adesso i compiti per casa, mamma, papà, dimmi quando sono stato battezzato. È importante perché è il giorno della nascita come figlio di Dio”.
Il Pontefice simula poi due schiaffetti sulla guancia per dire alle coppie sposate che anche quello può essere un pretesto per fare pace dopo una discussione. Perché – ha sottolineato a braccio – “molti matrimoni finiscono dopo anni proprio per l’incapacità di chiedere scusa o accettare il perdono”. “Ai novelli sposi – prosegue – lo dico sempre: litigate pure, arrivate anche a tirarvi i piatti addosso. Ma alla fine della giornata, chiedetevi scusa e fate la pace!”.
Subito dopo, ‘bacchetta’ tutti: catechisti, parroci, comunità diocesane, genitori. “Ai vostri figli cosa insegnate la parola di Dio o la parola del telegiornale?”. Queste, come tante altre espressioni originali usate nel discorso, sono accolte da fragorosi applausi, dai soliti “W il Papa” e anche da qualche “Bravo!”. Il Papa riceve infine alcuni speciali doni dai fedeli di San Rufino, ripercorre poi il corridoio e di nuovo abbraccia tutti, si ferma a scambiare due parole o solo un sorriso, fino a quando non raggiunge la papamobile. Se è vero che “la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione” – come ha ripetuto oggi –Bergoglio sta facendo il suo lavoro benissimo.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione