Antropologia cristiana e salvezza del mondo (Terza parte)

Relazione di monsignor Crepaldi al convegno ”Il rinnovamento della Chiesa”

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Riprendiamo oggi la terza parte della relazione tenuta il 15 marzo scorso da monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, presso lo Studium Generale Marcianum di Venezia nell’ambito del convegno ”Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti”.

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Salvare l’antropologia cristiana

L’antropologia cristiana non potrà salvare alcunché se prima non accetta di essere salvata e se non si presenta come tale, come salvata. L’antropologia cristiana non è semplice antropologia, è l’antropologia dell’uomo salvato. La fede cristiana vissuta nella Chiesa presenta l’uomo non in quanto tale, ma l’uomo salvato da nostro Signore Gesù Cristo. L’antropologia cristiana non è prima antropologia e poi cristiana, ma l’aggettivo “cristiana” la sostanzia, in quanto la presenta come la visione dell’uomo salvato. In questo caso l’aggettivo è più importante del sostantivo.

C’è oggi una tendenza, anche pastorale oltre che teologica, a presentare il cristianesimo in chiave quasi esclusivamente antropologica: “Cristo, uno di noi”. Come se la sua pertinenza con l’uomo fosse la sua principale caratteristica di verità. Ma quale uomo? L’uomo caduto o l’uomo redento? L’uomo come peccatore o l’uomo come risorsa? Il cristianesimo punta sull’uomo come risorsa, ma non cessa realisticamente di vedere anche l’uomo come peccatore1. E nel mentre ci si illudeva che il cristianesimo potesse collimare con un uomo astratto, né caduto né redento, e si riduceva il cristianesimo a misura d’uomo, era proprio l’uomo a venire meno sotto i colpi del nichilismo. Oggi la pastorale si accorge che manca l’umano ed è difficile annunciare Cristo perché manca l’attesa umana, i presupposti umani di desiderio di verità e di libertà. Per questo non è più possibile partire dalla semplice antropologia, bisogna piuttosto ricostruire l’umano non partendo da esso ma da Cristo, alla cui luce l’uomo capisce chi era, chi è e chi sarà.

La Chiesa non ama il mondo per lasciarlo così come è, ma per salvarlo. Per fare questo essa mostra al mondo il mondo salvato. Così è strumento di salvezza. Mostra il mondo salvato mostrando il Salvatore e il Volto della salvezza. Solo dei cristiani veramente rinati ad una nuova antropologia potranno portare salvezza nel mondo. Non si creda che il cristianesimo debba ridursi ad antropologia per salvare il mondo. Deve piuttosto mostrare all’antropologia la nuova creazione, ossia una rinnovata antropologia. L’uomo nuovo, la nuova creatura è l’uomo vecchio salvato. Salvato da se stesso prima di tutto, dalla chiusura nei propri superbi limiti, e salvato dalla propria presunzione di salvarsi da solo.

Ho così un po’ rovesciato il titolo della relazione: antropologia cristiana e salvezza del mondo. La prima a dover essere salvata è l’antropologia, affinché possa essere salvifica per il mondo. Infatti solo se l’antropologia rivela altro e non se stessa è veramente cristiana e può veicolare una salvezza. L’uomo è la via della Chiesa, diceva la Redemptor hominis, ma perché Cristo è la via della Chiesa.

L’antropologia cristiana viene salvata se viene ribadita la centralità di Dio e se la promozione dell’uomo serve ad aprire un posto per Dio nel mondo. Il Magistero di Benedetto XVI, in continuità con i precedenti pontefici, non ha concesso niente ad un cristianesimo inteso come generico umanesimo. Vorrei fare a questo proposito una osservazione sul Concilio Vaticano II. E’ stato detto che il Concilio avrebbe attuato una “svolta antropologica”. Credo però che la lettura corretta del Concilio sia quella proposta dal Cardinale Ratzinger nel 2000, quando ebbe a dire che, secondo lui, il tema centrale che i Padri conciliari si erano proposti era la “centralità di Dio”2. Quella della centralità dell’uomo appartiene alle letture non sempre corrette del post Concilio.

(La seconda parte è stata pubblicata ieri, mercoledì 20 marzo. La quarta puntata segue domani, venerdì 22 marzo)

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NOTE

1 «L’uomo tende verso il bene ma è pure capace di male, può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere ad esso legato (Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 25).

2 J. Card. Ratzinger, Intervento sull’ecclesiologia della Costituzione “Lumen Gentium” al convegno internazionale sull’attuazione del Concilio ecumenico Vaticano II promosso dal comitato del Grande Giubileo dell’anno 2000, 27 febbraio 2000.

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ZENIT Staff

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